Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
Lettura del testo

Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1913

6. Ritornando dall'America del nord - Memorie ed ammonimenti.acapo. Anno XX, n. 5, maggio 1913, pp. 72-77

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Ritornando dall’America del nord
Memorie ed ammonimenti
Anno XX, n. 5, maggio 1913, pp. 72-77.
Autografo, Archivio Storico Guanelliano, Como (V, 10) trasmesso con lettera a Leonardo Mazzucchi, dalla nave
Mendoza, 18 febbraio 1913 (E 1861).
IV
Grido di riscossa dei perseguitati - « Tutti per uno ed uno per tutti » - Eroismo di combattenti - Beniamino Franklin e le benemerenze patriottiche di mons‹ignor› Carroll e del Cattolicismo - La costituzione americana - Giorgio Washington - Il risorgimento economico degli Stati Uniti - I grandi scopritori - Origine della grandezza americana - Una schiera di forti e grandi conquistatori attorno alla storia dell’America - Guerra civile di abolizione della schiavitù - Uccisione di A‹bramo› Lincoln.
« Salviamoci! Liberiamoci dalla patria matrigna! ». Con questo grido gli abitanti d’America si sollevarono. Fecero il seguente discorso: « È diritto di natura che noi viviamo. Dio vuole che noi ci difendiamo contro chi minaccia la vita del nostro corpo, la rovina dell’anima nostra ».
E dalla folla dei perseguitati si levarono dei prodi che tennero pure questo discorso chiaro e toccante: « I nostri Stati devono godere libertà di culto, perché ognuno lodi il Signore secondo le proprie credenze in Dio creatore ed in G‹esù› Cristo salvatore. Si presenta l’immagine di lunghi e gravi patimenti? Ma chi non sa che nella fatica e nella sofferenza il vigore si accresce29 Verrà per alcuni la morte. Ma è glorioso morire per Iddio e per la patria! E la moneta per far la guerra? Più che la moneta, è il sangue dei forti che ci vuole, è il valor dei prodi. E dover combattere contro la patria? Ma la patria si è fatta matrigna! Dio lo vuole! Avanti, alla riscossa! ».
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Questi discorsi penetrarono nelle intelligenze, riscaldarono i cuori meno ardenti; gli Stati principali si congiunsero, gridarono unanimi: « Tutti per uno ed uno per tutti », e s’inaugurò la guerra di redenzione.
Le prove di valore si moltiplicavano ogni giorno. Persino le donne divenivano battagliere. A New York certa donna, la cattolica Maria Pitcher 30, recava acqua nel fervor della mischia al proprio marito, quando lo vide cadere morto per un colpo nemico. Si stava per levare il pezzo d’artiglieria lasciato ma ella gridò: « Non v’è altri che prenda questo posto? », e lo prese ella medesima. Il generale in capo Giorgio Washington il dopo le presentò gli onori che si danno agli eroi di guerra. Incredibili furono le sofferenze e gli stenti di freddo, di caldo, di fame, ma al grido: « Dio e patria! » duravano perseveranti.
Beniamino Franklin settantenne corse a Parigi per invocare l’aiuto del re, ma invano. Durante il corso delle trattative, il pontefice Pio VI incaricò di moto proprio il suo delegato in Parigi, mons‹ignor› Carroll, a indurre il re a prender le difese dei poveri americani. I francesi corsero tosto ad aiutare con denaro e con armi. L’esempio della Francia fu seguito dalla Spagna e allora i popoli americani s’avviarono trionfalmente alla vittoria. Gli inglesi si dolevano del Carroll e protestavano contro il « Richelieu di Washington ». Così lo chiamava il re Giorgio d’Inghilterra, e diceva: « Fu egli (mons‹ignor› Carroll) che distaccò l’America dal mio dominio con l’aiuto dell’armata e della flotta francese e delle forze cattoliche irlandesi ».
Il negoziante italiano Francesco Vigo che, sfuggito agli inglesi, svelò la debolezza della guarnigione di Vincennes e insegnò il modo di impossessarsene; il sacerdote P‹ierre› Gibault, che persuase i francesi e i cattolici indiani ad unirsi ed aiutare gli americani, hanno un posto d’onore nella storia degli Stati Uniti.
Lord North, dopo la resa di Cornwallis, gridò: « Tutto è perduto! ». Feste religiose si fecero a Philadelphia, dove un - 832 -padre francescano, Serafino Baudal, recitò un commovente discorso a provare che la mano di Dio avea operato al buon esito della guerra. Il vecchio portinaio del Congresso ad udir la notizia della vittoria morì tosto di gioia. Anche a Parigi le case furono illuminate e si fecero feste di ringraziamento a Notre-Dame.
Era il 15 aprile 1783. Washington si presentò a’ suoi capitani e soldati e li ringraziò, disciolse l’esercito de’ suoi eroi ed egli si ritirò a vita privata nella Virginia. Avea consumato del suo 65.000 dollari per la guerra e rifiutò qualunque compenso.
Allora s’inaugurò dall’Assemblea, sotto la direzione di Giorgio Washington, il governo [73] costituzionale. Gladstone chiamò quella costituzione un’opera stupenda del genio umano. Il governo degli StatiUnitiera federale, come quello della Svizzera. A capo era il presidente e fu eletto per primo Giorgio Washington e scelta la città di Washington per capitale. La Camera, o Dipartimento legislativo, avea il potere di far le leggi; ‹è› conosciuta sotto il nome di Congresso, composto di due corpi, il Parlamento e il Senato. Il Parlamento, o Camera dei Rappresentanti, ‹eraeletto dal popolo, i senatori eletti dai corpi legislativi dei varii Stati. Ogni Stato avea diritto a due senatori, ‹mentre erano› eletti i deputati in ragione della popolazione di ciascun Stato; durava sei anni la carica dei senatori, due quella dei deputati. Il presidente, o capo della nazione, durava in carica quattro anni col compito di dare esecuzione alle leggi, assistito da un gabinetto di otto membri, scelti con l’approvazione del Senato. Ogni Stato dei quarantasei che ora formano la grande federazione 31 è a guisa di vera repubblica, con sue costituzioni, Senato, Parlamento, corte suprema, governatore, ecc‹etera›.
Sorsero subito due tendenze: Hamilton voleva un governo centrale forte, Jefferson amava dare il più grande potere possibile ai singoli Stati. La popolazione della confederazione, - 833 -che ora quasi tocca i cento milioni, era allora di tre milioni. Washington, vero padre della patria, senza parteggiare, accolto trionfalmente e festeggiato dalla Virginia a New York, ebbe a primo suo pensiero di consolidare la posizione e di dar assetto alla finanza dello Stato. Trovò gli Stati impoveriti estremamente dalla guerra. La carta monetata non avea corso. I debiti ammontavano a 75 milioni di dollari. V’erano a temere ribellioni, perché s’avanzavano di pari passo la fame e la miseria. Si stabilì su basi solide il credito nazionale. Si impose una forte tariffa sulle merci straniere che erano importate. Una tassa fu pure imposta sul whisky ed altri liquori. Un complesso di questi ed altri provvedimenti, atti a favorire il commercio degli Stati, fece rialzare le finanze e l’economia del paese si avviò ad uno stato di crescente floridezza.
E s’iniziò un grande e continuo progresso nell’economia, nei lavori, nelle invenzioni. Roberto Fulton nel 1807 fece meravigliare tutta New York facendo camminare la prima nave a vapore. Clinton dopo otto anni di arduo e tenace lavoro termina un canale che per 360 miglia, tra foreste, monti e fiumi, congiunge il lago Erie con l’Hudson. Whitney ideò una macchina provvidenziale per la coltura e il lavoro industriale del cotone. Stephenson iniziò gli esperimenti delle locomotive. Nel 1844 Samuele Morse scopre il telegrafo e il primo messaggio inviato fu questo (24 maggio 1844): « Che ha compiuto Iddio! » 32. Dieci anni dopo per 1640 miglia si distese un cavo elettrico dall’America all’Europa e ‹a› traverso gli abissi si corrisposero in un momento i due mondi. Del telegrafo senza fili Marconi oggi stesso mi dava cortesi lezioni l’egregio e gentile capitano del Mendoza, che ogni mattino, in grazia di esso, mi porgeva notizie freschissime della notte e del giorno innanzi.
L’America si è fatta grande per mezzo del lavoro e del patimento. A Washington un artista americano eresse un grandioso monumento a Cristoforo Colombo, che porta la scritta: « Gl’italiani d’America a Cristoforo Colombo ». Lo scopritore - 834 -compì quattro viaggi e fu sempre povero e perseguitato. Morendo lasciò il seguente testamento: « Seppellite con me le catene che mi hanno avvinto in carcere », e chiuse gli occhi nel 1506. Seguirono il genio e la fermezza di Colombo nello scoprimento di altre terre i seguenti: Bartolomeo Diaz, Vasco di Gama, i veneziani Giovanni e Sebastiano Cabotto, il nostro fiorentino Amerigo Vespucci, Giovanni Ponce de León, Vasco Nuñez Balboa, Ferdinando Magellano, Ferdinando Cortez, Francesco Pizarro, Ferdinando de Soto, il fiorentino Giovanni da Verrazzano, Francesco Drake, Giovanni Smith, Enrico Hudson ed altri. Ciascuno d’essi acquistò ai diversi regnanti d’Europa estensioni di terreno ben più vasti degli Stati stessi conquistatori. Ciascuno di quei nomi rappresenta un volume di storia gloriosa e di patimenti continuati, esempio a studiarsi ed imitarsi da tutti quelli che per brama lodevole di bene si accingono ad egregie imprese domestiche o d’oltremare.
Giorgio Washington era morto il 14 dicembre 1799, lasciando nel lutto la nazione che lo proclamò padre della patria. Gli successe John Adams, che governò con saggezza.
Ma scoppiò non molto dopo una guerra civile fra gli Stati del nord e quelli del sud. Gli Stati del nord proclamarono la libertà degli schiavi: « Non sono essi figli di Dio e fratelli nostri? ». E quelli del sud replicavano: « Essi ci servono bene e son di vantaggio per la nostra economia ». Linguaggio egoistico e punto cristiano! Per [74] questi ed altri motivi si accese una guerra furiosa, che terminò con la liberazione dalla schiavitù dei negri-indiani, sì che i fortunati ebbero a sentirne gioia grande. A Lincoln, ch’era stato felice capo di quell’impresa, si fecero feste grandi in tutti gli Stati. Venuto la sera d’un ad un onesto divertimento teatrale, un vile cospiratore gli si accostò facendogli tre spari di rivoltella. Lincoln fu trasportato in casa sua, dove l’indomani morì. Il cospiratore, sparando l’arma micidiale, avea gridato: « Sic semper tyrannis! » 33. Fu un lutto universale e la convinzione che gli assassini non hanno patria e bisogna confinarli tra le belve delle foreste.
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V
Vita americana - L’accordo del lavoro e del capitale - Condizione del lavoro - Organizzazione dell’uno e dell’altro per la produzione della ricchezza e del benessere - I trusts - Necessità dell’onestà commerciale e del buon credito - Confidenze d’un commerciante genovese - Si possono far guadagni in America? - Gli affari uniscono, la politica divide - Gli scioperi e gli arbitrati - È meglio in città o in campagna? - Promesse della campagna.
Da uno sguardo alle vicende storiche dell’America del passato, passiamo ad alcune brevi osservazioni sull’America del presente, perché come quella esempii ammirabili di fortezza e di fede, così questa norme ed indirizzi specialmente ai nostri connazionali che vi vanno a portare il lavoro della loro intelligenza e delle loro braccia.
Nella formazione della fiorente ricchezza americana sono due elementi essenziali: il capitale e il lavoro. si è fatto e si fa il seguente discorso: « L’America è grande, è ricca... ma i suoi tesori sono nascosti nelle viscere della terra. Per trarneli fuori occorrono braccia che lavorino e capitali ». I braccianti così prestano il loro lavoro, i ricchi aprono le borse per dare a chi lavora il suo. Lo stipendio è equo: da 2 a 3 dollari il giorno, con un lavoro pure equo di otto ore giornaliere di lavoro ordinario. Per i lavori più faticosi e pericolosi il lavoro è di quattro ore e lo stipendio cresce fino a 4 e a 6 dollari. Molti lavori, come nelle miniere, si fanno a contratto e allora il guadagno è d’ordinario più alto, raramente minore.
Nelle imprese il capitale è fornito da più azionisti riuniti in società, oppure da un solo milionario o miliardario. L’America è il paese dell’associazione e dell’organizzazione e, per assicurare la fermezza e i diritti di ciascuno, tanto il capitale quanto il lavoro sono saldamente organizzati. Trusts grandiosi accentrano ogni forma di commercio e d’industria, dalla fabbrica degli spilli e degli zolfanelli alla costruzione delle grandi navi ed alla provvisione di viveri per città e Stati interi. Il trust delle carni di Chicago manda la sua merce a tutti gli Stati Uniti ed a molte parti dell’Europa.
Un altro segreto di riuscita negli affari e nella formazione delle ricchezze è il credito, la buona fede. Mi raccontava un - 836 -genovese, negoziante di verdure: « Da ventidue anni pratico il commercio di New York; ci vollero anni per farmi un credito presso i farmaioli dei diversi Stati (farmaioli sono i padroni delle cosidette farms, o nostri fittavoli). Cominciai ad aver credito per 100 dollari al giorno, poi anche per 1000 ogni . Il farmaiolo mi spedisce la merce, io mi affretto al bisniss cominciando da un’ora dopo mezzanotte in estate e in inverno, e in quel stesso mando con uno chéque il ricavato, ritenendomi il 25 per cento per mio guadagno e di esso la metà per riserva in caso di fallimenti non infrequenti. Ma bisogna essere vigili, perché l’americano sta attento. Ei non beve vinoliquori per conservar fresca la mente ai bisniss. Il farmaiolo, se si avvede che non si manda tosto quanto è convenuto, rompe ogni contratto. La fama di commerciante onesto ed avveduto è difficile formarsela ed è altrettanto facile perderla ». E conchiudeva il buon genovese: « Questa vita, così attiva e tesa negli affari, fa ammalare, ed or fanno tre anni dovetti rimpatriare per rifarmi in salute ed affidare il negozio a quello de’ miei aiutanti che credeva il più destro, ma nel corso di dodici mesi mi cagionò il danno di 15.000 dollari e dovetti riprendere io l’azienda. Ma il medico mi assicura che non vivrò molto se non ritorno ai miei monti di Chiavari ». In America si possono adunare dei soldi, ma bisogna essere disposti a fare gravi sacrifici e a morire anzi tempo.
E quelli che falliscono? I loro nomi sono pubblicati in tutti gli Stati e per essi tutto è finito, nessuno più si fida. E allora? Molti cambiano poi nome e si recano in altre città o Stati e cominciano daccapo la carovana di fatiche e di rischi. Perché da noi [75] italiani non si imitano gli esempii di buona fede e di onesta e forte associazione offertici dall’America?
Buona base per la prosperità del lavoro e dell’associazione è spiegata da questo ragionamento: si parli e si tratti di negozii ma non mai di politica, perché questa distrae e discioglie. Nemmen si parli di religione, perché in America le sette religiose sono troppe e troppo disparate. Nelle società commerciali non è permesso assumere persone sospette o ascritte notoriamente ad associazioni pericolose. E i massoni? Non avrebbero a farne parte, ma... Almeno le leggi americane non li proteggono manifestamente!
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Malgrado questa buona organizzazione del capitale e del lavoro, si sa che anche in America gli scioperi sono all’ordine del giorno. Ma non frequenti come altrove e poi si fanno degli arbitrati. Recentemente il vescovo Spalding ed il card‹inale› Gibbons di Baltimora cooperarono molto per far cessare e comporre gli scioperi scoppiati nelle vaste miniere di carbone.
I nostri italiani prendano da queste consuetudini di vita americana quegl’indirizzi di serietà, di onestà, di attività che loro possono giovare, lasciando ciò che vi possa pur essere di deplorevole.
Una domanda. È meglio che gli italiani si fermino nelle città o cerchino la campagna? Per la salute fisica è molto migliore la campagna. Migliore ancora la campagna, se a dei guadagni molto vistosi si preferisce una vita più morale e tranquilla. Nelle città vi è da impazzire fra quella vita vertiginosa e piena di pericoli e di misteri.
Vi sono Stati remoti e regioni fredde che non danno altro che fieno e patate. si radunano qua e quindici o venti famiglie a viver insieme una vita sobria e tranquilla, come nelle montagne nostre e della vicina Svizzera. Attendono quietamente al loro bestiame ed alle loro galline e ripongono nell’affetto di famiglia la loro felicità. Vi sono luoghi feraci nella Virginia, nel Colorado e altrove, dove con qualche migliaio di dollari hanno cominciato una farm e hanno man mano prosperato sino a diventar padroni di vasti terreni, aggiungendo capitali a capitali.
Perché il governo italiano non dispone somme a ciò? Perché non vi cooperano i grossi capitalisti? Quando i nostri italiani fossero provveduti di un modesto e sicuro peculio, la campagna sarebbe ancora la loro sicura fortuna.
VI
Religiosità degli italiani - Come un sacerdote si forma la sua parrocchia tra gli italiani in America - Necessità d’assistenza religiosa e morale - Il pane del corpo per il pane dell’anima - La Dante Alighieri - Patrioti di nome e patrioti di fatto - Preti e religiosi alla custodia della Cattolicità e dell’italianità dei figli d’Italia - Ricordi personali - Le spedizioni del ven‹erabile› d‹on› Bosco - I salesiani a New York - La fondazione di mons‹ignor› - 838 -Scalabrini - Il p‹adre› Formia - L’Opera di san Raffaele e p‹adre› Gambera, sostituito da p‹adre› Moretto - L’invito e l’ospitalità di p‹adre› Gregori - Riconoscenza perenne per i Missionari di san Carlo - All’anima del venerando fondatore.
Noi italiani siamo naturalmente religiosi e non vogliamo per un pugno d’oro dannare l’anima nostra. L’italiano che ha stabilito la sua fortuna sul suolo americano vi chiama la sua famiglia e questa trae con sé le famiglie del parente, del compare, dell’amico, del compaesano. È così che si costituiscono gruppi di siciliani, di calabresi, di napolitani, di genovesi, di lombardi, ecc‹etera›. Il pensiero è tosto alla chiesa ed al sacerdote. Gli immigrati formano allora un comitato e questo pensa a quotare le famiglie per poter costruire un basamento di chiesa prima e poi la chiesa intera.
Tutte le chiese del popolo hanno il medesimo disegno: un basamento ad uso di oratorii, di adunanze religiose, di esercizii religiosi quotidiani, poi la soffitta di legno, sopra altro locale più alto e più ornato per le funzioni festive e per le riunioni maggiori di predicazione, di missioni e simili. Il legno in America costa poco e si adopra di preferenza in tutte le costruzioni. Di pietra viva o di marmo si costruiscono le grandi basiliche e gli edificii pubblici ovvero i palazzi di alcuni milionarii.
Alla chiesa è annessa l’abitazione del missionario cattolico. Il missionario italiano lascia patria e parenti e il bel cielo del suolo natio e va a vivere sotto il cielo oscuro degli StatiUniti›, che pesa sull’anima come cappa di piombo. il ministro del Signore si circonda d’un gruppo di fedeli compatriotti e prega con essi a cielo scoperto, poi in un angolo di casa o in un magazzino di merci, finché costituisce un comitato di volonterosi [76] per edificare un primo basamento di chiesa. Intanto il missionario, per non essere di troppo aggravio personale, lavora esso medesimo, come faceva san Paolo fabbricando stuoie. Ma il popolo comprende poi il detto chiaro dell’apostolo, che anche l’operaio evangelico è degno di sua mercede 34. Il sacerdote come padre di famiglia dice ai suoi: « Voi pensate a me e io penserò ai figli vostri. - 839 -I vostri figli mangiano il pane del corpo, ma chi somministra loro il pane quotidiano della mente e del cuore? ».
Il governo negli Stati Uniti non s’immischia di religione; liberi tutti e ciascuno di praticare quella religione che crede. Le religioni sono molte, come si è detto; vi pensi ciascuno per conto suo. E allora chi provvede all’educazione morale e religiosa dei figli? Se non si affretta il cibo dell’anima, i figli nelle scuole di Stato crescono senza conoscere Dio né i propri doveri religiosi verso Dio, verso i genitori. Dopo i 14 anni escono dalle scuole laiche e si gettano nel gran mondo del bisniss, degli affari, e vi si travolgono come foglie agitate dal turbine e non desistono finché son tratti al mare dell’eternità. Chi dunque pensa ai meschinelli?
Il sacerdote, che è padre, chiama a sé anime pietose, i figli del La Salle e le figlie di san Vincenzo, e costruisce scuole e le adorna e correda del necessario e vi aduna a centinaia i figli degl’italiani, invitandoli dolcemente: « Pascete le vostre menti della cognizione di Dio buono e provvidente, allietate i vostri piccoli cuori nell’amore di Gesù e dei parenti diletti. Amate Dio e la patria. Pregate il Signore e lodate la patria vostra nel dolce saluto della lingua vostra che è la lingua armoniosa degli angeli ».
Gli americani vorrebbero americanizzare tutti gli immigrati. Ma lo dicano i francesi, i tedeschi, i polacchi come sentono come qualsiasi attentato diretto a sopprimere la lingua ed i costumi patrii sia attentato pericoloso, quasi atto di tradimento a Dio medesimo ed alla patria.
La cosidetta Dante Alighieri è pur corsa in America. Giorni sono, un ricco signore morendo lasciava a questa società 800.000 dollari, non un soldo ai numerosi suoi parenti poveri. Giustizia e carità? La Dante Alighieri però si contenta di gridare: « Patria, patria ». Ma sono i ministri di Dio che esercitano la vera carità e col motto: « Dio e patria » — prima Dio e poi la patria — al soffio della fede compiono un lavoro mirabile di difesa religiosa e di patriottismo, a custodia dell’italianità e del Cattolicismo dei figli d’Italia.
Alcuni italiani vorrebbero che si dicesse ogni bene della patria. Non è antitaliano chi dice la verità a costo di dispiacere. Vi sono di quelli che fanno consistere tutto il patriottismo nel - 840 -gridar questo nome e, poiché i figli della patria son costretti ad esulare dalla fame, li lasciano partire cenciosi e analfabeti, dispersi e non curati nel mondo. E a questa vergogna credono rimediare proclamando che gli italiani sono figli del genio, i figli della nazione più grande e gloriosa, e lanciano così lo scherno più amaro alle spalle dei figli partenti. No, no: non è così che si ama la patria! L’amano i pietosi che asciugano le lagrime dell’esule, le anime angeliche che si mescolano ai figli del popolo per educarli a virtù ed a vera civiltà. Non v’ha ormai ordine o congregazione religiosa che non versi in qualche misura sulle terre degli Stati Uniti i suoi figli per alleviare le miserie dei connazionali piangenti, dei concittadini pericolanti nelle voragini delle grandi città.
Ricordo, come se fosse ieri, il ven‹erabile› d‹on› Bosco quando nel gennaio del 1875 firmava la proposta d’inviare i suoi figli a San Nicolás de los Arroyos. Ricordo i drappelli di sacerdoti e lo stuolo delle Figlie di Maria Ausiliatrice, quand’egli anno per anno fra singhiozzi di tenerezza li benediceva inviandoli alla conquista delle anime nelle regioni sterminate d’oltremare sino al Mato Grosso ed alla Patagonia, avendo dinnanzi le tempeste che le potenze d’inferno avrebbero sollevate per sommergerli.
Oh con quanto piacere i primi di febbraio visitai il padre Coppo, superiore dei salesiani in New York! Ammirai l’ampiezza del collegio salesiano ed ho esclamato: « Qui dentro si educano alla religione ed alla civiltà i figli degli italiani, e di qui i figli degli italiani usciranno per sollevarsi ai seggi del governo americano e alzar la voce dicendo: “Vogliamo essere italiani di religione e di civiltà e proteggere nei figli del Bel Paese questo doppio carattere di italianità” ». Quando avverrà ciò? Preghiamo e speriamo.
Mi par ieri quando il vescovo G‹iovanni› Battista Scalabrini sedeva con me ai medesimi banchi di scuola nel seminario teologico di Como. Ei si affrettava a divenire educatore di leviti e consacratore de’ suoi figli prediletti nell’Istituto Cristoforo Colombo di Piacenza. Scorgeva viva allora anche la presenza di don Francesco Zaboglio, che ora non è più, [77] e invidiava venticinque anni or sono i primi sacerdoti dello Scalabrini che - 841 -inauguravano il loro apostolato con fondazione di chiese e di parrocchie cattoliche a New York e a Boston. Lui medesimo, il grande apostolo in persona, benedisse la pietra fondamentale della chiesa di Utica. Il sacerdote missionario Formia vantavasi di essere stato consacrato dalle mani del venerando Scalabrini e godeva del tripudio di festa che cattolici e protestanti manifestarono al passaggio del vescovo fondatore.
Nel mio viaggio fissai con venerazione lo sguardo nel missionario Giacomo Gambera, uno fra i primi dello Scalabrini, il figlio prediletto a cui fu assegnata la fondazione dell’Opera di san Raffaele. Non era provveduto che di fede nella parola del suo vescovo, e la divina Provvidenza condusse così il Gambera alla costituzione solida dell’Opera di san Raffaele, che è per dare ogni anno pane ed indirizzo a migliaia di quei figli d’Italia che, giunti a New York privi di tutto e fin della lingua a farsi intendere e per giunta infermi ed addolorati, hanno bisogno di un arcangelo Raffaele che faccia ritrovare il padre al figlio, alla sposa il marito, al fratello il fratello sperduto nelle interminabili foreste!
Faccio oggi stesso viaggio con due giovani orfani che per oltre un anno furono alimentati all’Opera e che, non trovando vivo nessuno de’ loro, tornano nel Mezzogiorno d’Italia per esservi adottati da parenti meno prossimi.
Il carissimo p‹adre› Moretto, che succedette al p‹adre› Gambera nella direzione dell’Opera, dimagriva nel lavoro indefesso di ricovero e di provvidenza e ripartiva per l’Italia tempo fa, obbligatovi dall’obbedienza, per rifornirsi di salute a maggiori e più continuate fatiche.
Chi non ammira questi eroi? Come lui, p‹adre› Vittorio Gregori. Il quale, trovandosi alle feste scalabriniane in Roma nel decorso dicembre, mi disse: « Non abbia riguardo alla sua età... venga con me in America per i suoi progetti e propositi pii... Io lo accompagnerò fedele ». Mi confidai ed ho trovato l’anima angelica di un fratello fedele, di un amico-tesoro, di una guida preziosa ed indefessa. Non potrei giammai dimenticare le finezze di cortesia ospitale di p‹adre› Gregori e dei confratelli in Boston nonché dei confratelli delle case di New York, dove sono parroci il p‹adre› Iannuzzi nella chiesa di san - 842 -Gioachino, fondata nel 1888, e il p‹adre› Demo nella chiesa della Madonna di Pompei. I padri della Congregazione di san Carlo a Providence, a Silver Lake, a New Haven, ‹nelle parrocchie› di Sant’Antonio a Buffalo, del sacro Cuore in Cincinnati, del Monte Carmelo a Utica, dell’Angelo custode, della Madonna addolorata, della Madonna di Pompei e dell’Incoronata a Chicago, fecero a me ed al mio ottimo compagno e loro confratello accoglienze festose di tanta cordialità che non saprò mai dimenticarmene all’altare santo del Signore e dinnanzi a tutti i cristiani di fede, che alla Congregazione di san Carlo guardano con riverenza per tanto zelo di carità, con fiducia che i degni figli del venerando mons‹ignor› Scalabrini prosperino a speranza e decoro della Chiesa americana.
La Congregazione di san Carlo nacque or fanno venticinque anni e già è cresciuta vigorosa in trentacinque fondazioni negli Stati delle 35 due Americhe oltreché a Roma dove è la casa generalizia, a Piacenza dove sorge la Casa madre, a Crespano veneto sede della scuola apostolica ‹e› seminario.
L’anima benedetta del grande vescovo Scalabrini, che amò tanto in terra, ama tanto più perfettamente in cielo. Benedica quell’anima grande altresì le opere ed i desideri di chi gli fu compagno ed ammiratore.
(Continua)
Sac‹erdote› Luigi Guanella




p. 830
29
Cfr. 2 Cor 12, 9.


p. 831
30
Riferimento a Molly Pitcher, soprannome attribuito alla patriota Mary Ludwig Hays (1744-1832).


p. 832
31
Per il numero degli Stati federati cfr. nota 21 a p. 821.


p. 833
32
Cfr. Nm 23, 23.


p. 834
33
« Sia sempre così per i tiranni! ».


p. 838
34
Lc 10, 7.


p. 842
35
Originale: Stati Uniti delle; correzione effettuata in base all’autografo.


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