Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
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Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1914

7. Lettera da Roma.acapo. Anno XXI, n. 9, settembre 1914, pp. 132-134

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Lettera da Roma
Anno XXI, n. 9, settembre 1914, pp. 132-134.
La morte del padre! - Da Roveredo a Roma - Celebrando attorno alla salma - Dolce speranza - Presentimenti nel pontefice per la sua morte - La grande vittima! - Il pianto dei famigliari - « È morto un santo! » - Il testamento - Nella tomba e nella gloria - I nostri di San Giuseppe - Il ricordo indelebile di Pio X - I suoi prodigi - Il pontefice, le nostre opere, la parrocchia di san Giuseppe - Pensiero ed augurio - Pontefice caro e santo, ci benedici dal cielo!
Lo amavamo come padre! Ogni volta che si recava da Roma ai nostri istituti la sua benedizione, vi era ricevuta con effusione di cuore e cresceva in noi l’amore e la venerazione verso il pontefice santo e buono.
La notizia del transito del Santo Padre mi fu telefonata da Roveredo ad Arvigo in val Calanca. Corsi tosto a Roma per assistere - 882 -ai funerali e per cura dei nostri sacerdoti di San Giuseppe potei quello stesso giorno 22, a mezzodì, celebrare attorno alla salma del Santo Padre e starvi poi dalle 4 alle 8 di sera, godendo nell’intimo del cuore perché mi pareva di veder ancora la mano del santo Vicario di Cristo levata per benedire alle umili opere nostre, per benedire alle nazioni belligeranti per cui si era offerto vittima al Signore. E mi adagiava nella speranza che l’offerta d’una vittima preziosa, con quella di milioni di altre vittime salite su generose dalla Chiesa dei buoni in terra a immolarsi sul Calvario, potesse disarmare in tutto od almeno in parte l’ira giusta del Signore, e che i popoli ne intendessero i terribili ammonimenti.
Povero e grande pontefice! Si racconta che con sua ecc‹ellenza› mons‹ignor› La Fontaine dicesse: « Si parla d’un mio viaggio; il mio viaggio sarà da qui in San Pietro e non muterò questo abito bianco che il Signore mi ha dato ».
Diceva ancora a mons‹ignor› De Bisogno: « E avete poi pensato al mio sepolcro? ».
« Che mi dice, Santo Padre? ».
« Sì, sì, vi confermo che facciate tosto, perché io faccio di botto », volendo accennare alla morte quasi improvvisa che l’avrebbe sorpreso.
« Santo Padre, non parli così, perché io me ne vado ».
[133] « Ed io confermo che presto provvediate al mio sepolcro ».
Il santo pontefice nascondeva più che gli fosse possibile, per non amareggiare, le angosce della sua anima, che erano atroci. Passeggiando l’ultima volta nei giardini, diceva: « Pregate, pregate tutti per la guerra », e faceva intendere che egli si era offerto vittima per attenuarne i gravissimi mali. Si sanno le sue grandi pene nel vedere i numerosissimi chierici e sacerdoti chiamati sotto le armi. Si lasciò sfuggire questa espressione: « Oh, quanto è buono il Signore che mi toglie di quaggiù prima che io veda tutti gli orrori della guerra! ».
Il 16 corrente, domenica, si sentì alquanto male, ma non riposò dalle fatiche ordinarie. Il 17 gli si consigliò di adagiarsi a letto almeno per qualche ora. Il martedì 18 volle tornare alle sue occupazioni, poi riposo a letto. Il 19 i dottori Marchiafava ed Amici non lo abbandonarono vedendo in lui crescere l’affanno, - 883 -quantunque notassero un semplice raffreddore. I monsignori Pescini e Bressan sentironsi chiamare con ansia: « Accorrete che il Santo Padre se ne muore ». Gli fu amministrato il santo Viatico, che ricevette con grande fervore, e poi la Estrema Unzione. Si cercò di risvegliarne le forze, ma poi ricadde. Teneva fisso lo sguardo sul cardinal Segretario di Stato, l’em‹inentissimo› Merry del Val, e gli metteva la mano sul braccio come se volesse dirgli cose gravi, ma non poteva esprimersi. I famigliari, i medici, i prelati presenti non potevano frenare i singhiozzi. Erano accorse anche le due sorelle. Dopo due ore di tale stato, poco dopo l’una del giorno 20 spirò soavemente l’anima benedetta.
Si guardò da tutti alla salma benedetta di Pio X come a quella di un santo. Si diceva comunemente: « È morto un santo! »... Taluno soggiungeva: « Ne faremo presto gli atti di venerazione e avrà l’onor degli altari ancor prima di Pio IX ».
Aveva lasciato per testamento: « Sono nato povero, sono vissuto povero, voglio morire povero... Non voglio essere imbalsamato. Prego la carità del mio successore di passare alle mie sorelle un mensile non superiore a 300 lire ». Una pia persona gli avea donato per i suoi famigliari 100.000 lire ed egli lasciò scritto: « Se questa somma si può dire mia e non piuttosto della Chiesa santa, ne lascio decisione al mio successore ».
Il 21 la salma benedetta fu portata nella sala del piccolo trono. Il 22 i nostri sacerdoti di San Giuseppe poterono interrompere il silenzio della moltitudine accorsa recitando ad alta voce il santo rosario tra la commozione dei presenti. La salma, portata in San Pietro nella cappella del Santissimo Sacramento, era stata chiusa in triplice cassa di larice, di piombo, di castano, con la soprascritta: « Corpus Pii papae X P. M. - Vixit annos LXXIX, menses II, dies XIX - Ecclesiae universae praefuit annos XI, dies XVI - Obiit die XX augusti MCMXIV ».
Come dissi, richiamato dalle montagne svizzere, fui tanto fortunato di poter celebrare a mezzodì del 22 intorno a quella salma venerata. E vegliandovi dalle 4 alle 8 con viva soddisfazione dell’animo, mi pareva di sentire la voce del gran padre, caritatevolissimo benefattore delle Case della divina Provvidenza e di queste di Roma in particolare. Con suo - 884 -breve 5 avea scritto: « Noi amiamo la chiesa di san Giuseppe e le opere che in essa si fanno; abbiamo spese somme considerevoli e ne spenderemo pure altre... ». Talvolta scherzando diceva: « Io sono parrocchiano di San Giuseppe, perché la parrocchia mi sta qui dattorno... Io voglio per il primo essere ascritto alla Pia Unione del Transito di san Giuseppe ».
Alle 8 di sera la grande bara di papa Pio X fu calata nelle così dette Grotte di san Pietro, dove riposa il corpo del principe degli apostoli e quelli di altri pontefici gloriosi e martiri santi. Il corpo santo discese a riposare in seno alla terra, ma a tutti pareva vederne l’anima gloriosa salire al cielo e supplicare per la pace e impetrare il trionfo della santa Chiesa.
I nostri di San Giuseppe per quattro giorni celebrarono, pieni di fede e di speranza, i funerali con molta frequenza di fedeli ai santi Sacramenti. Stassera, ‹giorno› 30, si chiudono i novendiali con discorso funebre di pio oratore. Il nostro amatissimo card‹inale› Andrea Ferrari si degnò di visitarci qui. Noi preghiamo che il conclave, che si apre domani, ci dia un degno successore di Pio X.
Servi della Carità e Figlie di santa Maria della Provvidenza, noi guarderemo sempre alla veneranda figura scomparsa e pregheremo il santo pontefice per avere conforto nelle prove comuni della vita e nelle durissime che ci potrebbero sopravvenire. Faremo voti che vi guardino i popoli in guerra e ascoltino la voce del Vicario di Gesù Cristo, che è voce di salvezza.
Più volte abbiamo sentito raccontare grazie prodigiose che Pio X operava in vita. Un distinto religioso di congregazione illustre prese a noverare e documentare tante di queste grazie. Eccone alcune recentissime, da lui fatteci testé conoscere: una signora meridionale guarita perfettamente, dopo aver ricevuta la benedizione pontificia, da una pazzia [134] di sette anni; guarita pure sull’istante una novizia tisica qui di Roma; una stimatina di Firenze che, tisica e priva affatto dell’uso delle gambe, si alzò tosto a camminare guarita dopo essere stata benedetta dal Santo - 885 -Padre; un console estero, residente in Roma, sanato tosto dalle nere pustole di cui era tutto coperto; la ragazza d’un istituto di Roma che, affetta di sinovite a un ginocchio da molto tempo, guarì istantaneamente applicandovi una calza del Santo Padre.
Il pontefice taumaturgo non farà ora altre grazie ancor maggiori dal cielo? Ottenga la pacificazione del mondo, il presto trionfo della santa Chiesa! Pio X dal cielo ci guardi e ci benedica!
Il sommo pontefice i primi di luglio mi diceva sorridendo: « Ah, voi siete qui per costruire il campanile della chiesa di san Giuseppe, e so che lo farete presto; vorrete anche stendere il pavimento nella nuova chiesa... ». Taluno, di questi giorni, aggiunse il seguente pensiero: « Si sa che nell’animo del piissimo pontefice era l’intenzione manifesta di erigere la torre campanaria a fianco della chiesa commemorativa del suo doppio giubileo. I figli di tanto padre non potrebbero raccoglierne il pensiero e coltivarlo? Essere l’aspirazione di qualche gran personaggio? Di intere nazioni? ».
Sì, certo, se così vuole Dio e il suo Vicario in terra. Appaia così la chiesa di san Giuseppe, sorgente a fianco del Vaticano, baluardo di salute a cui guardino i popoli come a segno della vicina presenza della casa del gran Vicario di Cristo che mai non muore! Il pensiero è forse temerario.
Intanto di nuovo preghiamo: « Pontefice santo e amoroso, prega e ci benedici dal cielo! ».
Roma, 30 agosto 1914.
Sac‹erdote› Luigi Guanella




p. 884
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Riferimento alla lettera apostolica del 12 febbraio 1914; cfr. nota 3 a p. 874.


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