Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
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2. Monsignor Andrea Ferrari - Cenni biografici.acapo.In: A sua eccellenza monsignor Andrea Ferrari novello vescovo di Como. Omaggio della Piccola Casa della divina Provvidenza (in copertina: Ricordo dell’ingresso solenne di sua eccellenza monsignor Andrea Ferrari nella sede di Como), Como, Tipografia della Piccola Casa della divina Provvidenza, 1891, pp. 8-14

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Monsignor Andrea Ferrari
Cenni biografici
In: A sua eccellenza monsignor Andrea Ferrari novello vescovo di Como. Omaggio della Piccola Casa della divina Provvidenza (in copertina: Ricordo dell’ingresso solenne di sua eccellenza monsignor Andrea Ferrari nella sede di Como), Como, Tipografia della Piccola Casa della divina Provvidenza, 1891, pp. 8-14.
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Benedictus qui venit in nomine Domini 1.
O colui benedetto che sen viene in nome del Signor (Salmo CXVII, 26).
Questo cantico di preghiera e di giubilo scritto già dalla penna ispirata del reale Salmista, uscito le cento e cento volte dalla bocca del popolo eletto, allorché questi incontrava i messi dell’Altissimo, e ripetuto dalle festanti turbe di Solima nel trionfale ingresso di Cristo redentore in quella città, oggi armonico risuona dal nevoso Stelvio all’ameno Lario e da questo al severo Verbano; monti e piani, colli e piaggie in festa ripetono: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor »; imperoché in questo giorno, designato dal buon Dio, solennemente viene ad assidersi sulla sede dei Felici, degli Abondi, dei Caraffini, dei Mugiasca e dei Rovelli sua eccellenza mons‹ignor› Andrea Ferrari, il vescovo fatto secondo il Cuore di Gesù inviatoci da Leone XIII; perciò giuliva la Chiesa di Como coi suoi cinquecentomila figliuoli canta con dolce melode: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
Mons‹ignor› Andrea Ferrari, sortiti i natali da religiosissima famiglia il 13 agosto del 1850 in Pratopiano di Parma 2, addimostrò fanciullo ancora rara pietà e grande apertezza di mente assieme a dolcezza ed amabilità di cuore, cosicché addivenne la gioia de’ suoi cari e dei concittadini i quali, tutti [9] ravvisando in lui un vero dono del cielo ed additandolo modello del fanciullo cristiano, ne prenunciavano grandi cose e quasi dall’alto ispirati andavano con letizia ripetendogli: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
Giovinetto, dati segni di sicura vocazione, vestì presto l’abito ecclesiastico e passò nel seminario di Parma ove, attendendo con ferrea volontà agli studii, si addimostrò di subito ricco di belle e straordinarie virtù come altresì di non comune capacità - 915 -e di prestante ingegno cosicché elevossi quale aquila al disopra de’ suoi compagni, mentre seppe pur meritarsi per santità, sapienza ed affabilità l’affetto e la stima dei condiscepoli e dei maestri che, edificati ammirando il levita inviato da Dio, concordi armonicamente gli cantavano: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
Terminati luminosamente gli studi sacri ed ottenuto con applauso universale il dottorato di scienze teologiche, nelle ordinazioni delle tempora estive dell’anno 1874 veniva consacrato sacerdote 3; il giorno dopo, con l’animo ripieno di celestiale gioia, in patria ascendeva la prima volta al santo altare in mezzo ad un popolo esultante che, circondando con affetto e riverenza l’unto del Signore, unanime in suon festoso ripeteagli: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
L’angelo della Chiesa di Parma destinò tantosto il novello sacerdote alla cura delle anime ed inviollo coadiutore prima a Mariano, poi a Fornovo. Belle furono le prime prove date dal sacerdote Ferrari nella vigna del Signore e grande fu [10] il bene che giovane operò a vantaggio di quelle anime da Cristo redente! Quei popoli, attratti dall’esemplare carità, dal molteplice sapere, dall’apostolico zelo e più ancora dall’insinuante affabilità del sacerdote Ferrari, ne erano entusiasmati e lo colmavano di venerazione e d’amore, ed acclamandolo ottimo ministro di Dio, lodando e ringraziando il cielo, cantavano di lui: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
A più alti destini l’Onnipotente chiamava il sacerdote Ferrari il quale, sebbene di soli cinque lustri d’età, perché ricco di sacerdotali virtù, di versatile ingegno, di molteplice dottrina letteraria-scientifica, di avveduto e posato consiglio e di - 916 -ammirabile amore alla fatica, era destinato prima vicerettore, poi rettore del seminario di Parma. Ed è appunto all’ombra del santuario, fra le care speranze della Chiesa, che il Ferrari apparve e brillò stella splendidissima. Esso, davvero pio e dotto, consacrossi tutto al bene dei carissimi suoi chierici e tutto operò per giovare alla santificazione ed all’istruzione del loro cuore e della loro mente, onde formarli quali Iddio li vuole e i tempi li richiedono, sacerdoti ben adorni di santità e di sapere. Perciò edificandoli coi continui suoi buoni esempi ed animandoli col fatto e colla parola ad una pietà soda e virile, si diede a tutt’uomo ad istruirli in letteratura, in scienze fisiche e matematiche e in storia ecclesiastica ed in teologia dogmatica e morale; anzi per perpetuare il suo insegnamento, da dotto publicista in divinità scrisse un trattato di teologia dogmatica, Summula theologiae dogmaticae generalis ad usum alumnorum seminarii parmensis, lodato dai periodici nostrali e forastieri per sodezza e precisione di dottrina, per ordine e chiarezza di esposizione, trattato che meritossi già la seconda edizione 4. Addimostravasi pertanto il Ferrari, col potente ed efficace suo lavoro, padre [11] tenerissimo nella disciplina e sapientissimo maestro nei variatissimi studi. A ragione quindi, e superiori e chierici del seminario parmense, amando immensamente il sapientissimo loro rettore, con slancio spontaneo di lui cantavano: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
Quasicché le innumerabili occupazioni che il sacerdote Ferrari aveva in seminario non bastassero ad esaurirne l’ammirabile operosità, lo si volle carico di pesi ancora più gravi giacché lo si chiamò esaminatore del clero, membro di molte ecclesiastiche commissioni, canonico della cattedrale ed anco provicario della diocesi. Pure egli dilatandosi e moltiplicandosi, giusta l’espressione dell’Apostolo, si faceva tutto a tutti 5 e a tutto arrivava. Instancabile adempiva ogni suo dovere sempre bene e - 917 -sempre con lode, perciò e clero e popolo parmense, applaudendolo per le distintissime sue doti di mente e di cuore, per l’infaticabile sua attività e per la paterna sua bontà, gli professavano grandissima stima ed illimitata benevolenza, ed a lui che colla luce di santo esempio illuminava le menti, col calore di parola sapiente ed amorosa riscaldava i cuori e collo zelo prudente santificava le anime, in dolce melodia grati e gioienti ripetevano: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
S‹ua› e‹ccellenza› mons‹ignor› Andrea Miotti, gloria nostra creato nove anni ora sono vescovo di Parma, con quel tatto che lo contradistingue s’accorse bentosto di possedere nel sacerdote Ferrari un prezioso tesoro ed apprezzandone altamente le doti ed i meriti lo pose, come ben meritava, sul candelabro e lo additò al Vicario di Cristo come degno dell’episcopato. Leone XIII, - 918 -che sempre vuole le sentinelle in Israele e sante e sapienti, ne giubilò e proclamò [12] il Ferrari vescovo di Guastalla, e costui prendeva possesso della sua sede il giorno 10 novembre 1890 6. con energica volontà consacrossi intimamente al bene della diocesi e lavorando indefesso a gloria di Dio ed a salute delle anime mostrossi emulo dei suoi antecessori, riproducendo in sé l’apostolico zelo e l’esemplare carità dei Neuschel, l’edificante virtù e la paterna affabilità dei Zanardi, la dottrina e la fortezza dei Rota temperata dalla più dolce prudenza. Ond’è che vi operava molto bene e già si era accapar‹r›ato straordinariamente l’amore del clero e popolo di Guastalla, i quali acclamando e benedicendo il loro padre e pastore, quasi fossero un sol uomo, con santa esultanza ognora dicevangli: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
Guastalla non doveva possedere a lungo il pastore che ne formava il vanto e la consolazione. Esso dalla sapienza e dalla bontà di Dio era destinato alla nostra diletta Como. Leone XIII, conoscendo per bene l’importanza ed i bisogni di questa illustre e vastissima diocesi, dopo la morte di monsignor Carsana vi aveva destinato un vescovo di prestantissimo ingegno, di cuore fervente e di tempra eroica in monsignor Luigi Nicora. L’inferno ne fremette, dichiarò guerra la più misleale al nuovo unto del Signore temendo l’amplissimo bene che questi avrebbe fra noi operato, quindi lo tenne ognora lontano dalla sua sede e con lento martirio, durato quasi tre anni, ne volle e conseguì la morte il giorno 27 del novembre 1890. Nella sua universale sollecitudine il Santo Padre cercò a lungo chi potesse degnamente surrogare mons‹ignor› Nicora ed alfine posò l’occhio sagace su mons‹ignor› Andrea Ferrari. Lo vide in Guastalla in un campo troppo ristretto e lo riputò il vescovo fatto proprio per Como, e nel giorno primo del passato giugno tale lo proclamò. La notizia si sparse rapidamente sull’ali del vento ed elet‹t›rizzò i figli d’Abondio che, attratti quasi da [13] legge di simpatia pel novello pastore, benedicendo a Dio proruppero tripudianti nel davidico canto: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
Era la mattina del 10 settembre testé passato; una schiera di pii comensi trovavasi in divoto pellegrinaggio laggiù nella città natale dell’angelico Luigi, a Castiglione; vi arriva corteggiato da una turba immensa di buoni guastallesi mons‹ignor› Ferrari; esso trovandosi tra i figli amatissimi che deve abbandonare ed i buoni figli che Iddio gli dava, commosso nell’intimo del cuore, pianse e parlò. La melodiosa sua parola piegò a rassegnazione i poveri guastallesi e s’acquistò intero il cuore dei fortunati comaschi i quali, ritornati in patria, con cento bocche accrebbero nei fratelli l’entusiasmo per mons‹ignor› Ferrari predicandone l’umiltà, l’amabilità, la sapienza, la prudenza e la santità. Più fervidi allora salirono al cielo dalle quattrocento parrocchie della diocesi le supliche ed i voti, onde affrettare il giorno della venuta fra noi del sospirato pastore.
Il 25 ottobre 1891 era il segnato dall’Eterno per appagare i giusti e santi desideri del popolo comense. Esultiamo: eccolo alfin sorto apportatore di gioia la più pura questo faustissimo giorno, del quale oh!, cantiam pure che ne abbiamo ragione: « Haec est dies quam fecit Dominus: exultemus et laetemur - 919 -in ea » 7. Giorno de’ più felici / che Dio stesso compose, / su via, destate amici, / le cetre armoniose / ché di maggior gioir tempo non fu 8 ». Di più: « Constituite diem solemnem in condensis usque ad cornu altaris 9. Questo festivo e grande / solenne si onori, / di serti e di ghirlande / tutto s’orni, e di fiori / [14] l’atrio, l’altare, i trivii, il monte e il pian 10 ». E col cuore nel gaudio assorto, ricordevoli « che in Dio sperando non si spera invan », salmeggiamo e applaudiamo 11 al nuovo antistite ripetendo ai quattro venti: « Benedictus qui venit in nomine Domini. O colui benedetto che sen viene in nome del Signor ».
Grati e riconoscenti per un tale fattoci dono, in tanta ed universale esultanza prostrati dinanzi a colui « che affanna e che consola » 12, giuriamo al cospetto del cielo e della terra che lavoreremo concordi per renderci mai sempre degni figli di chi benedetto viene in nome del Signore ad operare fra noi la salvezza delle anime nostre, il maggior bene e la maggior gloria della Chiesa e della patria. Sì, con profondo rispetto ed intera obbedienza e con amore figliale oggi e sempre circonderemo e seguiremo s‹ua› e‹ccellenza› monsignor Andrea Ferrari, amatissimo nostro padre e pastore, e a lui consacrando mente, cuore e mano vogliamo ognora esultanti poter ripetere: « Benedictus qui venit in nomine Domini. Gloria a chi viene in nome del Signor ».
S‹acerdote› L‹uigi› G‹uanella› 13




p. 914
1
Sal 118(117), 26; ripetuto nel testo.


2
Andrea Ferrari nacque nella frazione Lalatta del Comune di Palanzano, provincia di Parma; Pratopiano è altra frazione.


p. 915
3
Andrea Ferrari fu ordinato il 13 dicembre 1873, ma rimase in seminario fino ai primi di luglio 1874 per concludere gli studi teologici; cfr. Carlo Snider, L’episcopato del cardinale Andrea C. Ferrari, I, Gli ultimi anni dell’Ottocento 1891-1903, Vicenza 1981, pp. 23, 40.


p. 916
4
Le prime due edizioni uscirono a Parma nel 1885 e nel 1888; una terza edizione venne poi pubblicata a Como nel 1894.


5
Cfr. 1 Cor 9, 22.


p. 918
6
Diversamente in Carlo Snider, L’episcopato del cardinale Andrea C. Ferrari, I, p. 69: « L’ingresso in diocesi del nuovo vescovo avvenne il pomeriggio del 30 ottobre ».


p. 919
7
Sal 118(117), 24.


8
Luigi Pezzoli, Traduzione dei salmi, CXVII, in Prose e poesie edite e inedite, II, Venezia 1835, pp. 235-236.


9
Sal 118(117), 27.


10
Luigi Pezzoli, Traduzione dei salmi, CXVII, p. 236.


11
« A te salmeggia e plaude / il cor nel gaudio absorto. / Tre volte abbiti laude / tu che mi festi accorto; / ché in te sperando non si spera invan » (ivi).


12
Alessandro Manzoni, Il cinque maggio, 106.


13
Lo stile declamatorio e le scelte lessicali del testo risultano alquanto incoerenti rispetto ai toni colloquiali e misurati consueti all’A., cui egli si attiene in altre simili occasioni celebrative; cfr. Al nuovo vescovo, pp. 944-946. Il testo è stato ascritto all’A. sulla base della sigla « S. L. G. » interpretata come firma, presente anche nel testo successivo e in due articoli del 1907 e del 1909, Excelsior, pp. 636-637, e Gatteo di Romagna, pp. 711-712.


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