Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Opere santa Teresa
Lettura del testo

Le opere di Santa Teresa. Studio - Riassunto (1883-1884)

32. Il sentire cristiano

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32.
Il sentire cristiano
[III-7] Fa piacere il buon sentire dell’uomo nella sua scienza di filosofia o nella sua arte di professione; il buon sentire poi dell’uomo cristiano in tutto rallegra il cuore dei giusti, perché nello stesso tempo allegra il cuore santissimo di Gesù Cristo.
Riferisce candidamente Teresa di sé: « Da un anno progredisco sensibilmente mercé un’orazione insegnata da Dio e che mi svelle dalle terrene cose. Sento in me più forti i rapimenti. Bramerei una casa in cui si viva di pura carità... Non provo ­ribrezzo di sorta in avvicinarmi ai cenci dei poveri... La penitenza che io fo è niente e la riverenza che s’ha di me è grandissima... [III-8] Sono resa tetragona alle persecuzioni... queste mi danno più coraggio... Dover poi prender cibo quando sono in orazione mi fa scoppiar di pianto... Veggo il gran bisogno che la Chiesa ha di uomini di profonda dottrina e staccati dal mondo, perché un d’essi fa più frutto che cento ignoranti e tiepidi... Son cosiffatta che se volessi aver qualche po’ di vanità pare che non ne verrei a capo. La vita è un crudel martirio, vedendomi divisa da Dio... Vorrei vita di gran croci e persecuzioni dacché il Signore fecemi scorgere 338 grandissimo - 88 -favore. Vidi presenti al mio intelletto le tre Persone della Santissima Trinità, sì che potevasi parlare distintamente all’una e all’altra... Ma se son tre come sono una? Eppure [III-9] per quel che vidi darei la vita... è bene che la ragione umana rimanga conquisa... Chi ama una Persona deve amare le altre. Quanto meno 339 capisco più vi aderisco. Mi dissero le tre Persone: Da questo giorno in poi, ciascuna di noi 340 facendoti una grazia particolare, tu sentirai crescere tre cose nell’anima tua: la carità, la gioia nel patire e l’accendimento interiore di tal ­carità. Intesi altresì il senso di quelle parole 341 di nostro Signore: Le tre Persone divine abiteranno nell’anima che è in istato di grazia... ».
E soggiungeva: « Fra quelli 342 che vivono agiatamente è ­difficile trovare chi abbraccia la croce di Gesù Cristo, ma quelli che vi s’accingono presto Dio li 343 innonda di felicità. Spiega san Giovan Grisostomo che l’astenersi fedelissimamente da ogni peccato e l’amare con tutta esattezza i divini [III-10] ­Comandamenti è pure martirio come versare il sangue. Intanto è un paradiso anticipato possedere in grado perfetto la carità che consiste nell’unire la nostra volontà con quella di Dio, sì che essa non voglia nulla se non è quello che vuole la sua divina maestà ».
« Il Signore ci sanità o malattia secondo che torna meglio al nostro bene; raro è che ci manchi il necessario. Nel monastero di Medina è entrata cotale con ottomila ducati, ed altra con novemila sta per entrare nella famiglia di Toledo, benché io non abbia chiesto un soldo. I conventi delle monache son tutti somiglianti a quello di San Giuseppe d’Avila, sì che sembrano fra tutti una sola famiglia, e questo mi riempie l’anima di allegrezza vedendo lo slancio di spirito con che ivi [III-11] si loda il Signore, e con quanto candore e purità di - 89 -cuore. Niun conosce la pena che 344 sento io che, dovendo viaggiare, sono esposta agli sguardi del mondo; anche nel praticare il bene devo badare con cent’occhi al come lo fo, ma poiché io non cerco che di piacere a Gesù, spero che egli gradirà quello che io fo per lui e per la sua famiglia. Io non so che mi dire del poco, anzi del nulla di fiducia che si merita il mondo, e del come io non finisca ancora di conoscerlo. Fortunate quelle religiose che sono fuori di sé per la gioia per quel tanto di bene che loro vuole il Signore in chiamarle al suo servizio diletto ».
« Isabella di Gesù canta: Moro perché non moro 345. Cotal sera, trovandomi riunita con tutte le altre in ricreazione, si cantarono [III-12] alcune strofette sul tormento che è il vivere senza Dio; e come già io sentiva un pochetto questo ­tormento, quel canto mi ferì l’animavivamente che le mie mani incominciarono a divenire come istecchite. Voleva frenarmi ma fu indarno. In quella guisa stessa che io era fuori di me per estasi di gioia, così l’anima mia vien rapita fuori di sé per un eccesso di pena... Mi sfogava in acutissime strida. Il mio cuore era passato banda a banda e intesi il ­martirio che sostenne la Vergine santissima. Ma fino a questo giorno non sapea imaginare quel che fosse un’anima trapassata dal dolore. Il mio corpo ne è rimasto così stritolato che a scrivere oggi queste poche linee mi ci vuole uno sforzo immenso; le mani sono ancora come slogate e rotte con dolori acutissimi ».
[III-13] Ecco un saggio del cuore che sente cristianamente. Qual consolazione! Ma in questo di Teresa non è sol 346 linguaggio d’uomo, ma di Dio; qual maggior contento che un ­cristianello possa dal suo labbro proferire cotal discorso!




p. 87
338
Originale: dacché /vidi/ il Signore fecemi scorgere /bellissima grazia/.


p. 88
339
Originale: meno /io ne/.


340
Originale: noi /una/.


341
Originale: parole /che/.


342
Originale: quelle; cfr. Opere, v, Delle lettere, tomo i, 1560-1577, p. 100.


343
Originale: le.


p. 89
344
Originale: che /io/.


345
Diversamente in Opere, v, Delle lettere, tomo i, 1560-1577, p. 127, nota 1: « [Isabella di Gesù] fu quella che un giorno cantò certe strofette in poesia, per cui la santa fu rapita in estasi, e compose quel bellissimo cantico: Muero por que no muero. Moro perché non moro ».


346
Originale: sol /un ragionar/.


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