Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Fiore di virtù
Lettura del testo

Un fiore di virtù da terra trapiantato nel paradiso (1887-1888)

49. Le mie poche penitenze

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49.
Le mie poche penitenze
[II-10] « Le mie poche penitenze sono la vita mia. Oh se posso acquistare un poco di vigore e poi dare addosso a questo 124 corpo, che è il tiranno dell’anima mia ed il mio perpetuo avversario! Mi ha già illuso le tante volte, e tante e tante mi ha tradito. Non ci credo più. Il mio gusto lo vo’ disgustare in tutto che possa, e il mio udito lo vo’ reprimere e ai miei occhi vo’ porre riparo ché non guardino sregolatamente a destra od a sinistra. E le mie mani ed i miei piedi li vo’ incatenare, e poi cingoli di catene alle mie braccia e cingoli di catene al mio fianco e poi una sferza di ferro che mi sproni al cammino. Suvvia incamminati, asinello del mio corpo: un poco di paglia ti basta al sostentamento, un peso alle spalle è il dover tuo, e delle bastonate ti si convengono 125. Chissà che il Signore Iddio mio abbia ad aver pietà di me e ad esaudirmi ».
Con questo discorso suor Chiara regolava se medesima e con questo discorso [II-11] trattava se stessa. Studiava tutti i modi per rimaner disagiata in sedere, in camminare, in stare in piedi, in coricarsi. Fortunata quando essendo certa di non esser veduta da veruna poteva nel suo letto nascondere qualche pezzo di legno od altro che la disagiasse nel sonno. Più fortunata quando svegliandosi poteva balzar di letto e porgere a Dio qualche supplicazione.
Alla sera si coricava ad ora assai tarda: era l’ultima in riposa­re, la prima in sorgere da letto al mattino. In coricarsi sentiva un’amarezza al cuore e in levarsene dava una sferzata al suo ­asinello che invero non poco dolevasi. Talvolta era costretta a ­ricoricarsi che proprio più non valeva a reggersi in piedi. Tal fiata doveva uscir dall’oratorio o dalla chiesa, ché le prendeva fastidio; ma ella aspettava un istante e poi si faceva daccapo nelle sferza­te al giumento suo, com’ella chiamava il somarello del suo corpo.
- 183 -Altresì suor Chiara ricorreva a questa pia industria: pregava al mattino l’angelo custode della sua persona perché a certe [II-12] ore della 126 notte la risvegliasse ed al mattino che le facesse 127 intendere il suono di campana dell’Angelus per la levata sollecita.
San Pietro d’Alcantara insegna che il sonno a vincersi è di tutte la maggior difficoltà, ed egli per superarsene si ap­prendeva colle mani ad un legno infisso e stando in piedi s’adagiava per dormire un’ora. Suor Chiara avrebbe voluto imitarlo e per tanto poneva in atto tutte le industrie sue.
Scriveva: *** 128.




p. 182
124
Originale: questo /che/.


125
Cfr. Sir 33, 25.


p. 183
126
Originale: della /giornata/.


127
Originale: la risvegliassero e al mattino che le facessero.


128
Prima dell’appunto che chiude la pagina (cfr. p. >191), nell’originale seguono un segno di fine capitolo fatto con due tratti di penna centrati sulla riga successiva e uno spazio bianco corrispondente circa a tre righe.


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