Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Deposizione C. Guanella
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Deposizione sulla serva di Dio Caterina Guanella (1910)

Fortezza

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Fortezza
CV. So che la Serva di Dio era di carattere mitissimo ma di eguale fortezza. Osservava al padre, benché tanto autoritario, che non si lasciasse trasportare dalla furia, non trascorresse a veruna parola lombarda (alludo a parola di strapazzo), avesse pazienza, perdonasse le inciviltà e si guardasse dal toccare i preti, che sono la pupilla degli occhi di Dio. Ai fratelli ed alle sorelle non avrebbe perdonato un neo qualsiasi e si faceva aiutare dalla madre per evitare qualunque minima offesa di Dio. In far questo era sempre senza amarezza di sorta.
CVI. So che la Serva di Dio mi scriveva a Como e mi faceva scrivere: « Non averne a male se io non vengo con te o col fratello Lorenzo. Sarei d’incommodo più che altro. Non sono più persona da stare colla gente del mondo: io mi sento chiamata a passare sola i pochi giorni di vita che mi rimangono. Sono anche sempre [XVII-4] malorata. Se dovessi uscire dalle mie abitudini di mangiare alla casalinga (polenta, minestra e latte) io non potrei andare avanti. Scrivilo anche tu a don Lorenzo e alla Margherita, che io ringrazio e mi scusino ». Noi, come si è detto, eravamo convinti che il Signore la chiamasse così ad una vita di contemplazione e che ella vi si applicasse con tanto utile dell’anima sua. In questo sentimento rimase sino alla fine e non so che neanche per un momento siasene pentita.
CVII. So che la Serva di Dio, come ho già detto, sostenne tentazioni di vario genere. La tormentavano anche assai. Se ne doleva colle amiche e persone confidenti. Dominavano resti di rigorismo: ella tremava per la sua eterna salvezza. In tempo di missioni a Campodolcino, scrisse supplichevole ai missionari che pregassero per lei. Ma diceva poi anche a me, soggiornante a Savogno: « Le pene di questo mondo sono niente; mi du­rassero anche per tutta la vita, sarebbe niente. Spero che queste pene mi aiuteranno a salvarmi, forse mi abbrevieranno anche le pene del purgatorio ». A tutto mio parere, tutto ciò non era che effetto di delicatezza di coscienza e veri segni e pegni di alta perfezione cristiana. Queste pene spirituali erano in - 564 -lei continue: crescevano col crescere degli anni e della virtù in lei e durarono sino alla morte.
CVIII. [XVII-5]So che le pene di spirito della Serva di Dio la incoraggiavano di più anziché avvilirla. Stando a Savogno, notava in lei segno di sollievo spirituale molto sensibile quando tornava dall’essersi confessata a Prosto, da quell’arciprete consumato in esperienza e virtù, come si è detto.
CIX. So che la Serva di Dio, discorrendo di capitaletti, di sommette della Cassa dei morti e della Chiesa che si levavano a prestito e che a stento si retrocedevano, se ne contristava dicendo: « Pare impossibile che si possa recar danno alla Chiesa ed ai morti ». A Savogno diceva: « Aiutate tutti con la preghiera i passi del fratello per difendere i beni della Chiesa. Poveretti anche voi se non si potessero ricuperare le vostre locazioni (livelli) ». E quando fu vinta la causa da me sostenuta, diceva: « Ringraziamo il Signore senza misura, che i beni della Chiesa e dei poveri sono ritornati ».
CX. Oltre al già detto, so che nei dolori e nei lavori della vita la Serva di Dio la durò continuamente in una specie di lento martirio, per quanto anche già si è detto, senza pregare di esserne liberata, perché diceva: « Nelle cose temporali bisogna rimettersi interamente a Dio ».
CXI. So che la Serva di Dio in casi sinistri (casa paterna bruciata, disastri nel bestiame, malattie [XVII-6] e morti in famiglia, calamità pubbliche di piogge, di siccità), diceva: « Che fare? Lasciamo fare al Signore. Lui sa meglio di noi ». E soggiungeva: « Non è che anch’io non senta profondamente il peso della calamità, ma siamo cristiani ».

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