Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Deposizione Bosatta
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Deposizione sulla serva di Dio suor Chiara Bosatta (1912)

‹Vita religiosa›

Sessione VI - 16 agosto 1912

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Sessione VI - 16 agosto 1912
XXII. [108v]So che la Serva di Dio per tutto quanto io [109r] l’ebbi in osservazione e ammirazione, all’intento pure di riconoscerne le qualità, mi si presentò sempre con tali e tante particolarità di vita esemplare di perfezione che io non avrei - 654 -­saputo quale altro miglior modello ravvisare in argomento di vita eccezionalmente virtuosa.
Quanto allo spirito di orazione, posso dichiarare che per tutto il tempo ch’io l’ebbi in pratica ne la riconobbi sempre così provvista da vederla quasi sempre in atto di preghiera; ho pure rilevato da particolari miei scandagli e da quel che seppi anche da altre persone che essa godeva d’uno spirito di contemplazione abituale, virtuale e attuale, e ciò fino dalla sua fanciullezza.
Quanto alla penitenza, so che ella faceva pascolo della medesima nel suo spirito sempre più aspirando a ricopiare in se medesima la mortificazione di Gesù Cristo e dei santi, qualche volta ritraendosi anche con qualche compagna a compiere atti di penitenza afflittiva particolare, quali tenersi ginocchioni a lungo, flagellarsi e simili, manifestando [109v] ognora più il desiderio insaziabile di queste penitenze, tanto che le compagne ne rimanevano profondamente ammirate ed i superiori dovevano alle volte far uso della propria autorità per frenarne gli impeti. Parimenti in occasione di qualche solennità essa osava domandarmi la licenza di vegliare la notte in preghiera, ed io so che qualche volta avendole risposto: « Ma sì, pregate un poco ma andate anche al letto », ella interpretando alla lettera la licenza secondo il suo spirito di mortificazione e di preghiera, si poneva sul letto e vi restava inginocchiata pregando tutta quanta la notte. Della Regola fu sempre mai osservantissima anche nelle più minute particolarità; peraltro una volta fu sorpresa la sua buona fede da un merciaio ambulante che le fece comperare della tela in qualche abbondanza, facendole credere che ciò sarebbe tornato di grande vantaggio alla casa, raddoppiando il capitale da 200 a 400 lire. Essa credendo fermamente di giovare alla casa senza punto mancare nei riguardi della Regola e della povertà, [110r] si fece prestare da benevola persona il danaro col quale ne fece l’acquisto, che risultò in realtà dannoso. Essa per questo fatto tanto pianse e se ne rammaricò da esclamare: « Chissà cosa diranno i superiori; don Luigi dirà poco, ma la superiora chissà che cosa dirà », manifestando in quale conto ella tenesse il carattere di superiora in colei che le era sorella. Questo suo sentimento dichiaro che si riferiva specialmente non alla paura di castigo ma al timore dell’offesa di Dio e dello scandalo dato alle - 655 -compagne. Dispense poi dall’osservanza della Regola mai ne ebbe a domandare, per quanto anche si trovasse in bisogno, dissimulando ad arte i mali da cui era afflitta o le circostanze in cui era d’averne la dispensa.
XXIII. So che la Serva di Dio insieme alla sorella Marcellina e ad una Buzzetti, ora defunta ma di grande virtù, furono da me inviate ad Ardenno per istanza di quel prevosto, mio fratello, a fondarvi una casa di ricovero e di educazione per quei poveri contadini. Disgraziatamente quella [110v] fondazione non ebbe buon successo e la casa si trascinò a stento per poco più di un anno, avendo la magra rendita di 50 lire all’anno e per vitto il ricavo d’una specie di latte, derivato dalla confezione del burro, con polenta; eppure in tanta penuria di nutrimento quelle suore e Dina, Serva di Dio, specialmente non rifinivano di chiamarsi contente e beate. Senza dire del poco favore che la popolazione concedeva alla casa per ignoranza, sempre però la Serva di Dio conservandosi serena e felice di compiere così la volontà di Dio, fino a quando per giuste ragioni, segnatamente per non perdere la propria autonomia e ragione di religiose, le dovetti richiamare a Pianello. Per tutto il tempo che rimasero ad Ardenno esse disimpegnarono lodevolmente varii officii di carità: attendevano ad istruire negli elementi della religione le ragazze ed i ragazzi del paese, riparavano la lingeria della chiesa, tenevano una scuola serale quotidiana per le fanciulle nonché un po’ di oratorio festivo a norma delle circostanze. Fuori di queste occupazioni la Serva di Dio non faceva altro che passare il [111r] suo tempo in chiesa o in camera a pregare. La durarono le buone suore nel restare all’assistenza del paese che poco le ricambiava di favore; ma io credo di poter dire che gli stenti e le preghiere, in particolare della Serva di Dio, valsero a ottenere l’insperato successo di vedere, mediante le contribuzioni generose di più che L. 6000 da parte del fratello prevosto locale, constabilite in paese due case per i semideficienti di ambo i sessi, le quali tuttora vi prosperano con segni visibili del favore del cielo.
XXIV. So di mia scienza, ed anche perché lo sentii dire dagli altri, che la Serva di Dio era ognora la più pronta ed alacre nel disimpegno di tutti i suoi uffici nelle tre case di Ardenno, Pianello e Como; essa allegramente scopava le camere e i corridoi,
- 656 - così come puliva le teste delle orfanelle dalle immundizie ed insetti; attendeva con allegrezza di spirito al servizio delle ammalate anche più ripugnanti, sempre tranquilla anche allora che aveva a che fare con caratteri straordinariamente scontrosi e di suprema difficoltà. Del che non [111v] è a dire quanto le consorelle e le ricoverate la tenessero in ammirazione e quasi venerazione. Ed il concetto di esemplarità della sua vita eraprofondo ed universale nella casa, che alla sua morte ho udita la sorella Marcellina superiora esclamare: « Non piango la perdita della ­sorella, sibbene la perdita di un modello di virtù per la casa ».
XXV. So che a Como io stesso ebbi a fondare una casa che fosse una figliale dell’ospizio di Pianello, e trovai nella Serva di Dio tanta attitudine da volerla assegnata quale superiora. Essa accettò con grave sacrificio ritenendosi inadatta al compito assegnatole e che riteneva superiore alle sue forze, ma si dispose, con soggezione virtuosa alla volontà di Dio e dei suoi superiori, a sostenere, dietro l’aiuto di Dio in cui fidava, il grave compito. Ed una sera insieme a certa suor Chiara Silvetti, già orfanella della casa e donna di esemplare virtù, con due orfanelle nane di Chiavenna, si imbarcò con poche masserizie in una gondola e da Pianello se ne venne con quel mezzo a Como, per minor dispendio di viaggio, giungendovi [112r] il mattino seguente 10.
XXVI. Qui debbo dichiarare che la mercé delle preghiere e dei sacrificii della Serva di Dio, in cui io facevo tanto asse­gnamento, ho potuto con visibile aiuto della Provvidenza conseguire l’intento di veder costruita e solidificata la fondazione di questa Casa della divina Provvidenza, non avendo a mio mate­riale sostegno altro che la penuria, la contrarietà e l’opposizione più viva delle istesse autorità anche ecclesiastiche, anche sotto il dileggio di confratelli di ministero. Non dico quindi delle pri­vazioni e degli stenti a cui dovevano andar soggette le stesse religiose. - 657 -Ma fu tanto il soccorso della divina provvidenza ottenutomi da questi stenti e dalle preghiere della Serva di Dio, la quale ebbe a fare anche il sacrificio, per voto, della sua vita (sacrificio che pare sia stato accettato da Dio, essendo morta la sua Serva ­poco dopo un anno) ad ottenere lo sviluppo dell’opera appe­na fondata, che in poco tempo qui in Como la casa prese pro­porzioni superiori all’aspettativa: vi potei fondare un’altra casa che ora [112v] raccoglie circa 350 persone, e fuori altre case più o meno grandi, a Milano e in varie province e finalmente a Roma.
XXVII. Mi risulta che in occasione della tosse felina delle due sorelle nane sopra nominate, la Serva di Dio tanto si adoperasse per la loro guarigione da spropriarsi delle proprie coltri per ricoprirne le ammalate, alle quali somministrava per divozione delle cartine benedette sulle quali era scritto: « Madonna di Lourdes guariteci », e fu in quella circostanza che per aver essa sofferto il freddo nella rigida stagione per ricoprire le orfanelle queste guarirono, e lei invece si procurò un grave incommodo di tosse che degenerò prima in pleurite poi in tisi. Alla cura dell’ammalata io destinai in particolare la sua stessa sorella e superiora Marcellina, e per sollievo spirituale le veniva recata con non troppa frequenza, ossia due o tre volte al mese soltanto, la santa Comunione. Di questa infrequenza si rammaricava la Serva di Dio, manifestando con tutta la soggezione più virtuosa ai divini voleri l’acceso desiderio di ricevere più di spesso [113r] la santissima Eucaristia. Ad assecondare le sue malcelate e sante brame della santa Comu­nione, la sorella superiora dispose con me perché la Serva di Dio, che pure non s’era permesso di fare alcun accenno in proposito, fosse trasportata alla casa parrocchiale di Pianello dove io ­come economo spirituale dimorava, onde così assecondare più comodamente le sue brame della Comunione quotidiana e di ascoltare in qualche modo la santa Messa e le funzioni di Chiesa.




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La prima spedizione di suore da Pianello del Lario a Como, della quale facevano parte suor Martina (o Chiara) Silvetti e le orfanelle, avvenne il 5 aprile 1886, mentre suor Chiara Bosatta vi si recò il 12 o 13 maggio; cfr. Piero Pellegrini, Primi anni della Casa divina Provvidenza in Como (1886-1895), ne I tempi e la vita di Don Guanella. Ricerche biografiche, Roma 1990, pp. 273-275.


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