Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Deposizione Bosatta
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Deposizione sulla serva di Dio suor Chiara Bosatta (1912)

Obbedienza

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Obbedienza
LXVI. [158v] Oltre il già detto, depongo che la Serva di Dio si teneva così stretta allo spirito d’obbedienza da chiederla a me anche per le più minute cose, e quando io sulle prime rispondeva in modo generico per lasciarle una certa libertà, ella tanto prudentemente si adoperava finché avesse da me conseguito una parola d’ordine più concreto, qualche volta bellamente dicendomi: « Mi spezzi il pane, io di mio non vorrei metterci niente ». Questo suo spirito di obbedienza la Serva di Dio procurava di assimilarlo anche alle consorelle e soleva, al proposito della scelta delle incaricate ai varii ufficii della casa e per la buona riuscita in essi, esclamare: « Bisogna che siano come colte nella casa, penetrate dal suo spirito, che ci siano dentro anima e corpo; prima e poi queste saranno buone per - 691 -l’intento ». E insisteva perché questo spirito di obbedienza compenetrasse tutte quante le suore e le stesse ricoverate dicendo: « In questa casa noi siamo come pulcini allevati dalla Provvidenza madre, bisogna che noi ad essa ci affidiamo e ne [159r] seguiamo completamente gli ordini e le disposizioni che essa ci per mezzo dei superiori ».
LXVII. A tutto quanto ho già deposto devo aggiungere che la Serva di Dio la povertà la doveva esercitare non solamente per Regola ma anche per necessità di condizione, trovandosi allora la casa in formazione; a mo’ d’esempio, quando di notte si doveva usare del lume io ammirai più volte la cura speciale che la Serva di Dio ed anche le altre usavano in servirsi per lume di quel tanto che appena bastasse per un passo, non volendosi impiegare una stilla d’olio di più. E più volte ebbe a dire la Serva di Dio: « Io non ho mai provato tanta felicità come quando a Pianello dovevo usare del lumicino a petrolio, e ad Ardenno adoperare il sesino (due centesimi) per la provvista del siero per companatico della polenta ». Anche nell’ultima malattia, l’amor della povertà la portava a rammaricarsi quando le fosse stato arrecato qualche vivanda o intingolo speciale, e pregava che la casa non si sobbarcasse a spese per medicine costose per lei. [159v] Per tutto il resto mi riferisco al già deposto; solo aggiungo d’averla sentita, la Serva di Dio, in applicarsi all’assistenza ed aiuto dei poveri e delle ricoverate, dichiarare: « I poveri sono i nostri padroni, nei poveri abbiamo la persona di Gesù Cristo ». E per questo voleva che alle ricoverate si usassero tutti i riguardi possibili.

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