Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Le vie della Provvidenza
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Le vie della provvidenza (1913-1914)

Articolo XIV. Pianello Lario

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Articolo XIV.
Pianello Lario
[131] Il pio sacerdote Carlo Coppini consolava morente nel 1881 le sue congregate nell’Ospizio del sacro Cuore dicendo: « Verrà un altro dopo di me il quale farà molto più di me ». Si dice che al 87 don Guanella conferendo col nucleo di quelle pie donne siano sfuggite di bocca queste parole: « Confortatevi che verrà tempo, e non sarà lontano, nel quale voi abiterete - 764 -­cameroni lunghi ». Si direbbe che quelle voci alludessero al grandioso stabilimento di Santa Maria sopra Como.
Non so se prima o dopo questo, scoppiava il colera a ­Napoli 88.
Il piccolo gregge 89 venuto in mano a don Guanella fremeva di desiderio e dissero: « Andiamo fra i colerosi di Napoli per lavorare o morire ». Ma fu risposto a don Guanella: « Non occorre aiuto vostro. Ringrazio » e si firmava: [132] « Arcivescovo cardinale Sanfelice ».
Iniziata la istituzione in Como, che fu detta Piccola Casa della Provvidenza, s’incontrò lo sfavore e le minacce della Piccola Casa di Torino 90, onde la nostra si denominò semplicemente Casa della divina Provvidenza.
Nel cimitero di Pianello Lario si erano innalzate due piramidette al nome venerato di don Carlo Coppini e di altri nomi di suore morte ivi. Non si poteva non ricordare quel caro luogo di origine. Don Guanella vi dimorava da 7 anni.
Nell’ultimo anno dovendo accudire da vicino l’opera di Como aveva lasciato supplente il sacerdote Michele Sala, di cui si è parlato. Questi, non per mala volontà ma per mancanza di indirizzo, aveva disposta la parrocchia perché il don Guanella fosse allontanato ed esso riceverne l’eredità. Don Guanella, salutati i suoi, si partì a mezzogiorno domenicale [133] del ... 91; ne era entrato a mezzanotte, come si è detto, e ne - 765 -uscì a mezzodì non scomodando veruno. Questo a titolo di semplice storia.
E per ricordo storico si nota semplicemente che monsignor Giacomo Merizzi, vicario capitolare, mise alla porta il don Guanella adducendo non so quale irregolarità di atto. Ma il don Guanella, franco in cuore proprio, disse a se stesso: « Tu sei in Como e vi rimarrai ».
Il don Michele Sala, rimasto in Pianello benché provvisoriamente, non faceva buoni uffici nemmeno a quell’avanzo di ricoverati d’ospizio che stavano in casa del cappellano. Quando la signora Domenica Mazzucchi per una somma non grave offrì la sua casa Mazzucchi già Bernucca, prese stanza definitiva l’ospizio, ricordando quello del Cottolengo che diceva: « Le verze trapiantate ingrossano ».
E veramente fu così, perché [134] alla casa Bernucca-Mazzucchi si aggiunsero due case Mazzucchi e Bosatta, casa paterna quest’ultima di suor Marcellina. Indi si alzò una casa a tre piani con vasti dormitori. Dopo qualche anno si comperò altra casa di Luigi Mazzucchi, detto san Luigi, e dallo stesso altra dipendenza di casa e rustici. E finalmente i fratelli cedevano a buone condizioni alla sorella Marcellina il fabbricato-incannatoio con diritto di acqua, dove le orfanelle lavorano quotidianamente.
Da un locale giardino di fiori si trasferì la chiesa dove troneggia, quasi regina adorna, e prospetta il paese e benedice ai viaggiatori sulle acque del massimo Lario.
Il don Guanella da parecchio faceva sogni di fantasia sulla così detta Acqua Rossa minerale ferruginosa, che scaturiva in alto monte. Il sogno divenne realtà quando monsignor Barge col signor Rodolfo Ferrari, col [135] capitano Luigi Zerbo 92 - 766 -­realizzarono azioni per lo più a fondo perduto e così l’ospizio ed anche il paese fu dotato di un’acqua relativamente ricca di ferro che serve tuttodì a comodo e salubrità comune. Se ne valse l’ospizio per attirare nell’estate fanciulle milanesi anemiche che si scambiavano a spesa di particolare comitato, ma il disegno tornò a vuoto, le azioni furono tacitate ed ora la conduttura da oltre mille metri è tutta a vantaggio e peso dell’ospizio.
Da anni parecchi l’ospizio tiene aperto sala e giardino per l’asilo a favore dei fanciulli del paese. Inclina per ricevere a mitissime condizioni i poveri del paese e dei vicini. Le suore, quando possono, assistono gli infermi a domicilio, dirigono per quanto si può l’oratorio femminile e si fanno catechiste ai fanciulli [136] della prima Comunione e della tenera età in generale.
Da anni parecchi la direzione dell’ospizio invia suore per direzione di asilo e di scuola serale a Musso. Per donazione degli egregi coniugi Carolina Annoni in Bosisio Luciano si aprì altra casa nella Villa Annoni a Genico di Musso, dove si conserva carissimo il busto del signor Annoni Antonio il quale ne fece già da amico fedele, da perito coscienzioso, e da capomastro esperto costruì 93 la Pia Casa dei Poveri in Milano. Diresse l’acquisto di Santa Maria di Como, di Fratta Polesine e di San Gaetano in Milano, e pose con don Guanella disegno e fondazione della chiesa della stazione cattolica di Splügen. Scelta la mente e carissimo il cuore del signor Antonio. A don Guanella assente, allora a Roma, dolse per sempre di non aver ricevuto lo spirito [137] ultimo dell’ottimo signor Antonio, caduto nel rientrare a casa all’ultimo gradino di quella scala, colpito da paralisi che troppo presto lo condusse a morte. Gode all’animo di don Guanella di poter supplire a quella mancanza con assistere altresì con privilegio pontificio colla celebrazione di santa Messa più di una volta per settimana in stanza attigua alla ­camera della figlia Carolina Annoni in Bosisio, dove con tormento e con pazienza pari, colpita da cancro che non risparmia, guarda al paradiso e sospira di entrarvi.
- 767 - A Roma abbiamo il massimo tempio di san Pietro, santuario di preghiere universale, e abbiamo anche il Colosseo, teatro massimo dei patimenti e dei trionfi dei martiri cristiani. Sarà troppo il confronto che sono per dire? Divenga la nuova casa Annoni, da noi altresì riattata ed ingrandita, [138] un piccolo santuario di preghiera e di , dove si prospetta il panorama grandioso del lago e della Valtellina, le anime fervide spicchino il volo alto di aquila, quasi in atto di salvare se stesse, da una rupe di contemplazione e porgano 94 esempio e aiuto per ottenere benedizioni ai benefattori propri, alle istituzioni della Casa della Provvidenza in Europa ed in America ed a moltissime anime quante ne possono capire in un cuore che vorrebbe liquefarsi per amore a Gesù Cristo ed alle anime redente dal suo sangue.
Un giorno fu nel quale scherzoso o serio don Guanella rivolse al nobile don Giovanni Manzi questa domanda: « Perché non abbellisce il grandioso giardino-parco di una casa, magari per le nobili decadute, ché l’ospizio di Pianello ne potrebbe prendere cura e direzione? Io ne farei una descrizione mora­le del rinomato [139] giardino-parco ». Rispose don Giovanni: « Bei sogni del curato di Pianello ». Ora la descrizione vide la luce in tanti articoli sull’Ordine e fu riprodotta coi tipi della Casa divina Provvidenza del corrente anno in un opuscolo 95 e dedicato all’unica erede donna Giuseppina Manzi, la quale si sa che vede di buon occhio la istituzione di Genico e che le aprirebbe passaggio al giardino-parco per rinfrancare lo spirito al ben fare. Lo zio, nobile don Giovanni Manzi, che diede l’ultimo spirito sul punto primo in cui cominciò a convertire in giardino la rupe scoscesa del Giangiacomo dei Medici, non può accadere che inspiri alla pia nipote di realizzare nella prima parte i sogni del già curato di Pianello?
Anche in questo si avrebbe una prova per dire che la Provvidenza giuoca in quest’orbe [140] terracqueo 96 e che noi non - 768 -siamo che i fantocci ovvero i burattini in mano di questa Provvidenza ammirabile.
Da Pianello molte volte, e da Musso ripassando, don Guanella guardava al Pian di Spagna con certa attrattiva. Presentimento o non presentimento, un giorno che da Bene Vagienna veniva con lunga passeggiata cogli scolari del collegio dei salesiani di Trinità, di cui era rettore, aveva in mente il Pian di Spagna fisso fisso, e chiaro chiaro come un giorno si sarebbe fatta una fondazione, ed i poveri iniziatori che si sarebbero valsi delle cannuccie secche di granoturco per accendere nella loro povertà un po’ di fuoco. Il nipote parroco Pietro Buzzetti, facile a progettare, mi ricordava talvolta il profitto religioso e sociale che ne sarebbe venuto dalla fondazione di una colonia-villaggio dove un giorno sorgeva la borgata-città di Olonio, [141] e mi confortava anche con ricordarmi il sepolcro a ristorarsi di san Fedele martire di fronte ad Olonio e al di del lago di Mezzola.
Or quanto al sepolcro-monumento romano vi pose mano, ma nella sua esecuzione di restauro rientrò poi lo stesso nipote che trovò guida artistica ed aiuto economico nel conte signor Cavagna che villeggiava in sua parrocchia di Carate Lario.
Noto il seguente caso. Ai primi d’anno 1880 97 don Guanella disse alla vecchia domestica Martina: « Preparatemi abbondante cena perché domattina a piedi devo uscire alla Castella per certo credito che tengo e poi proseguire fino ad Ardenno in visita al fratello prevosto ». Tirava vento impetuoso e freddo. La Martina preparò un caldaretto di castagne secche cotte in guscio e disse al signor curato: « Mangi quanto vuole », e non portò altro e con questo pasto e poco meno giunse ad Ardenno. Il creditore di 400 lire era certo Gaudenzio [142] Tavasci proprietario della così detta casa Castella, dove ai miei tempi il fiume Adda entrava nel lago di Mezzola. Il buon uomo si meravigliò che richiamassi un debito di tarda data e così ci - 769 -lasciammo freddamente, ma l’amicizia si riaccese quando in luglio 1900 98 don Guanella si trovava a Colico con un bel fascetto di mille lire e le dava in acquisto della Castella con terreno erbivo annesso e con altre steppe della famiglia Oreggioni e dei signori Balatti, e dei cosidetti bergamaschini, mediante contratto rogito Bettiga del giorno 28 luglio 1900 99.
Il don Guanella aveva raccolto a conferenza persone spettabili laiche ed ecclesiastiche in Colico che conchiusero così: « Don Guanella cominci l’opera, che riconosciamo non solo patriottica ma sociale, e noi gli verremo in soccorso in seguito ». Certo è che il Guanella apriva un’opera di comune vantaggio ai grassi ed ai magri [143] proprietari del Piano del raggio di circa 7 chilometri, ma da cavarne un soldo sia dai grassi che dai magri proprietari non fu possibile. Il Ministero mandò due volte il commendator Desideri per incoraggiare l’opera e promettere sussidi, ma il don Guanella non ebbe in aiuto che 5 lire, il valore approssimativo di una medaglia con diploma di benemerenza.
Dell’opera del Guanella piace riprodurre qui le pagine che ne scrisse il signor ingegnere Giussani nella sua opera storica del Pian di Spagna:
« L’unica opera veramente utile a cui siasi di recente dato mano in pro di quello sgraziato territorio, fu nel 1900 ideata da quel meraviglioso apostolo di carità che è don Luigi Guanella, e portata in questi ultimi mesi a compimento. Alla Vedescia, a poca distanza dalla stazione ferroviaria di Dubino, scorrevano anticamente le acque dell’Adda, e quando nel 1858 si diede ad esse un nuovo corso, squallido e abbandonato ne rimase l’alveo, e le acque ristagnandovi accrebbero la desolazione del territorio: lungo il letto, da una parte e dall’altra si stendevano lunghi cumuli di sabbia e di ghiaia, depositati dal torrente nelle - 770 -sue piene, formando sterili dune. Il Guanella pensò che i deficienti ch’egli raccoglie, istruisce e mantiene in gran numero, potevano trovare lassù pane e lavoro, compiendo al tempo stesso un’opera civile, sommamente proficua a quella popolazione. All’idea seguì tosto l’attuazione, e fatto rapido acquisto di quelle terre incolte, ecco il Guanella nell’ottobre del 1900 salpare da Como a quella volta, alla testa d’un drappello de’ suoi beneficati, e porsi coraggiosamente alla difficile impresa. Tutto mancava lassù, le abitazioni, l’acqua, la scuola, la chiesa; non v’erano che tristi dune e pestifere paludi: ed ecco il Guanella restaurare un fabbricato cadente ed ampliarlo, riparare le strade, condurre l’acqua, impiantare una scuola, ed erigere una chiesa in legno, alla quale sostituì poscia una in muratura, su disegno del nob. ing. arch. Giovanni Sartirana da Giussano. In pari tempo egli abbassa le dune, riempie le paludi e, con un lavoro parallelo di colmatura e scolmatura, diretto dall’agronomo Pozzi, sull’indirizzo dato dal comm. Cerletti, riduce quella sterile landa ad una uguale distesa di verdi prati e di campi ubertosi. Ce ne assicurano ufficialmente i commissari governativi, comm. ing. Cesare Desideri, ispettore superiore per le bonifiche presso il Ministero d’Agricoltura Industria e Commercio, e dottor Cesare Forti, direttore della Cattedra ambulante di Agricoltura della Provincia di Como, i quali visitarono la colonia in due riprese, ai 22 agosto 1902 e 1904. Le risultanze della loro ispezione sono consacrate nei due rapporti che in data 26 agosto 1902 e 12 novembre 1904 essi presentavano al Ministero, dall’ultimo dei quali rileviamo quanto segue: il tenimento è della superficie di 25 ettari, di cui 2 1½ già completamente bonificati; la spesa complessiva dell’acquisto e del lavoro è stata di L. 100.000 in cifra tonda, con un esito così soddisfacente, che, mentre il reddito netto del terreno incolto era prima solo di L. 350, alla data della 2a relazione ammontava già a L. 3.156, e se ne prevedeva l’aumento a L. 4.720 dopo un triennio; nella colonia vivono complessivamente 42 persone e 31 capi di ­bestiame, e l’esito della bonifica è felicissimo anche dal lato igienico, perché, quantunque l’anofele infesti ancora il Piano di Spagna, e vi produca febbri palustri, i casi verificatisi in quel tenimento furono pochissimi, e questi pure benigni. I due - 771 -­commissari, dopo aver notato che l’opera del Guanella comincia già a servire di stimolo e di esempio ai proprietari vicini, concludono la loro relazione testualmente in questo modo: Dal punto di vista dei fatti che riguardano l’esistenza di paludi malariche e pressoché improduttive, all’epoca dell’acquisto fatto dei terreni in concorso, e della notevolissima produzione raggiunta in tempo relativamente breve coi lavori descritti, come pure riguardo al forte incremento igienico, ritengono i sottoscritti che il concorrente meriti di essere considerato come un benefico innovatore, e che egli si trovi nelle condizioni previste dal citato R. Decreto 18 giugno 1901, per aspirare ad uno dei premi assegnati alle opere comprese nell’articolo 1, lettera b . Ed il governo infatti accoglieva la proposta de’ suoi commissari, ed assegnava a don Luigi Guanella un premio, purtroppo inferiore a’ suoi meriti. Nella colonia il Guanella volle opportunamente far rivivere la storica borgata di Olonio, da quattro secoli caduta in rovina, per modo che la chiamò Olonio S. Salvatore, dal nome della chiesa, ora eretta in parrocchia, che per comodo delle sue terre egli vi volle erigere » 100.
Il don Guanella ne ebbe encomi dalla stampa e incoraggiamenti dai signori Cavalieri del Lavoro, ma denaro da nessuno. Cordiale era l’incoraggiamento che in talune sedute sul luogo porgevano i parroci all’intorno, ma quei del clero erano troppo poveri [144] per aggiungere alle parole anche i fatti. Cara peraltro sempre la loro presenza.
Costruita la chiesa, si teneva nella prima domenica di maggio grandiosa la festa di santa Maria del Lavoro. Venivano in pellegrinaggio ed insieme a divertimento da molte parti, e da Colico alla colonia si stabiliva benanco più corse di carrozzoni Omnibus, ma poi le passività superavano non poco e la festa si vedeva convertire in una scampagnata, e allora si pensò di ­limitarsi ad una pura festa locale e di divozione.
- 772 - Si domanderà: « Come incominciarono i lavori? Come si proseguirono? ». La risposta è storica. Un giorno don Guanella approda a Colico con una dozzina di ricoverati che chiamava buoni figli e li aiutava a salire sopra un carro preparato, e via fra le risa di quei di Colico che strabiliavano. [145] Ma avevano una buona guida nel servo della Carità sacerdote Luigi Bravi, il quale sapeva farsi amare ed obbedire insieme.
Si trattava di appianare collinette di sabbia per riempire delle paludi e mettere in disparte la terra vegetale (humus), a stendervi sopra quasi concime prezioso. Si chiamarono poi lavoratori veneti abilissimi in tali lavori e così si ridusse a prato, a campo, a vite, a gelsi una spianata di steppe per una estensione di cinquecento pertiche locali. Il locale di abitazione si estese per circa cinquanta persone, e stalle e fienili per oltre trenta bovine. La bellissima chiesa, diretta gratuitamente dal compianto ingegner Sartirana e decorata dal professore Jamucci con bellissime figure bizantine dei santi vissuti e morti nel circuito valtellinese, è costruzione ammirata da tutti ed è quasi zolla di fiori che si [146] erge in quelle terre tuttavia in buona parte bagnate e deserte.
E come si stava poi a denaro per i pagamenti? Denari non se ne aveva mai o quasi, ma i lavoratori venivano a gara e non si trovò alcuno che si lamentasse di non essere stato pagato esattamente. Chi pagava adunque? Non è dubbio. Le migliaia di lire venivano giù da sopra le tegole della casa e chi le mandava era sempre la divina provvidenza.
Mano a mano in ogni anno si fabbricano all’ingiro delle abitazioni. Sono famiglie della vicina borgatella di Verceia, la quale minaccia subbisso per le continue minacciose frane dall’alto dei monti. Sono famiglie della sponda destra dell’Adda sino a Mello, le quali apprendono che è guadagno miserabile discendere da molti chilometri dall’alto per lavorare poche ore in piano impoverendolo sempre con portar [147] via la sera il carico di legna, di strame, di letame che un asinello stecchito può portare.
L’inaugurazione della colonia fu una festa che fra i suoi compagni inaugurò don Guanella, e pose dietro l’altare del­la chiesa a perenne memoria il nome dei suoi diletti compagni - 773 -in numero di otto viventi 101 e in numero di tre passati a miglior vita.
Si aveva in animo di produrre una colonia con buon numero di mucche, di pecore, eccetera, ed a tale scopo conveniva avere un alpeggio di pascoli montanini per la stagione estiva; si comperò allora dai propri parenti l’alpe che si chiama Suretta a Montespluga e per iniziativa di don Guanella si eresse per azioni un locale ad uso di latteria, che tuttora funziona a vantaggio di quegli alpigiani e per un poco anche per quel soave ricovero di [148] suore e di bambini nel quale 102 il pietoso prevosto Lucchinetti conduce in asilo climatico i ricoverati nell’ospizio proprio di Mese presso Chiavenna.
Senonché prevalse il progetto, a principio appena abbozzato, di convertire la colonia in villaggio. Per tal modo e per uso di costruzione, una parte considerevole di terreno fu ceduto e il denaro inviato a Roma per le fondamenta della chiesa di san Giuseppe, la quale è ora parrocchiale in direzione ai Servi della Carità. Nell’ospizio-ricovero di San Salvatore continua la cura di una cinquantina di giovani scarsi di mente. Vi si attende per costruire anche il cimitero e costituire la colonia in parrocchia riconosciuta dalla legge civile, come da anni è stata riconosciuta in vicaria dalla autorità ecclesiastica.
Mi sia lecito qui conchiudere con una [149] osservazione. L’opera caritativa sociale del Pian di Spagna raro è che sia riconosciuta opera di benemerenza: in generale vi si accostano per riceverne e non per darne. Non rare volte avvengono malintesi e disillusioni, come nella costruzione della latteria a Montespluga, ma bisogna non badare e compatire sempre e far del bene a chi ci fa del male e, per non perdere il merito, prendere tutto dalla mano di Dio.




p. 763
87
Originale: il.


p. 764
88
L’epidemia di colera si manifestò nel 1884.


89
Lc 12, 32.


90
È la Piccola Casa della divina Provvidenza, istituto fondato da Giuseppe Benedetto Cottolengo a Torino nel 1828; il cambio di denominazione dell’istituto di Como fu comunicato in Dichiarazione, ne La Divina Providenza, Como, febbraio 1897, p. 17.


91
Indicazione omessa nell’originale. Dalle date topiche e croniche dell’epistolario, risulta che l’A. comincia a scrivere sistematicamente da Como a partire dal 2 giugno 1888 (lettera al canonico Vincenzo Barelli, Como, Archivio Storico Guanelliano); all’inizio dell’anno successivo scrive ancora: « Io che dimoro quasi sempre a Como, mi sarebbe di disagio tornare [a Pianello del Lario] per soscrivere le quitanze » (lettera all’ingegnere Eugenio Frigerio, Pianello del Lario, 26 gennaio 1889, Como, Archivio di Stato).


p. 765
92
Nome omesso nell’originale, sostituito da punti di sospensione. Luigi Zerbo, di Milano, ufficiale dell’esercito, era amico e benefattore dell’A., che il 29 aprile 1912 gli scrive: « Mi hanno minacciata tassa a Pianello sulla nostra Acqua Rossa di cui mai ricavammo un soldo. Per difendermi le piace firmare l’unita carta come fanno pure gli altri consoci, e rimandarmi poi l’incarto a Como? Quanto le sono grato e quanto ella è generoso con noi!  » (Como, Archivio Storico Guanelliano). L’omissione è presumibilmente dovuta ad una incomprensione di una stesura precedente.


p. 766
93
Originale: costrusse.


p. 767
94
Originale: porgere.


95
Luigi Guanella, Memorie passate e presenti intorno alla rocca di Musso. Impressioni del visitatore (1884, 1913), pubblicato nel vol. iii della presente collana.


96
Cfr. Pr 8, 31.


p. 768
97
L’indicazione cronologica è imprecisa; l’episodio che segue va collocato tra l’arrivo dell’A. a Pianello del Lario verso la fine del 1881 e la morte di Martina Galperti nel marzo 1886 (cfr. note >54 e >55). L’episodio è riferito anche in Leonardo Mazzucchi, La vita, lo spirito e le opere di don Luigi Guanella, p. 302, con indicazione dell’anno corretta in « 1882 ».


p. 769
98
Originale: 18...; nell’Archivio Storico Guanelliano di Como è conservato l’atto di compravendita del 28 luglio 1900, cui l’A. fa riferimento alla fine del periodo.


99
Nell’originale al posto della data compare la sola indicazione 18, da riferire alle prime due cifre dell’anno, preceduta e seguita da punti di sospensione; per l’integrazione cfr. nota precedente.


p. 771
100
Antonio Giussani, Il Forte di Fuentes. Episodi e documenti di una lotta secolare per il dominio della Valtellina, Como 1905, pp. 291-294. La lunga citazione è omessa nell’originale, dove è lasciato uno spazio bianco di circa tre righe e mezzo. Il brano è citato anche in Carlo Mariani, Il Piano di Spagna, ne La Divina Provvidenza, Milano, marzo 1906, pp. 38-42.


p. 773
101
Erano dieci i compagni di seminario viventi che il 29 ottobre 1906 insieme all’A. festeggiarono il quarantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale con la solenne inaugurazione della chiesa di Olonio San Salvatore, dove celebrarono sul nuovo altare da loro offerto; cfr. Carlo Mariani, Una festa commovente, ne La Divina Provvidenza, Milano, novembre 1906, pp. 160-162, che riporta anche il testo dell’epigrafe commemorativa.


102
Originale: bambini che.


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