Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il pane dell'anima (I corso)
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IL PANE DELL'ANIMA PRIMO CORSO DI OMELIE DOMENICALI ESPOSTE IN UNA MASSIMA SCRITTURALE

Evangelio della domenica ottava dopo Pentecoste Speranza e timore

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Evangelio della domenica ottava

dopo Pentecoste

Speranza e timore

  1. [269]Osserviamo il fanciul<l>etto che tiene dietro ai passi della contadina madre, su pei sentieri del monte. Il giovinetto si sente fiacco nelle membra, vacillante nei passi ed ha paura di ogni viso nuovo di persona che incontra. Si trae in disparte ad ogni incontro di cane ovvero di animale che bene non conosce. Meschinello, egli è in un timore continuo! Ma ha dinanzi una figura che lo rianima. Quest'è l'immagine della bontà di sua madre. Della pia genitrice egli ne sente la voce, ne riceve incoraggiamento e talvolta ne ha il sostegno della

- 319 -mano. Questo aggiunge animo al suo cuore e gli fa sperar che giungerà salvo al vertice del monte che l'attende.

  La storia di quel bambino è l'esempio di quello che avviene a me, di quello stesso [270]che accade sicuramente a ciascuno di voi. È vero, è vero, noi dobbiamo camminare con speranza e con timore. La speranza nostra è l'aiuto di Dio, il timore nostro è la fragilità nostra e la iniquità del nostro cuore. Ascoltiamo il testo del santo Evangelo.

  "Gesù disse a' suoi discepoli: Era un uomo ricco che aveva un fattore, il quale fu accusato dinnanzi a lui come se avesse dissipato i suoi beni. E chiamatolo a sé, gli disse: Che è quello che io sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, imperciocché non potrai più essere fattore. Allora disse il fattore dentro di sé: Che farò mentre il padrone mi leva la fattoria? Non sono buono a zappare, mi vergogno di chiedere la elemosina. So ben io quel che farò, affinché quando mi sarà levata la fattoria vi sia chi mi ricetti in casa sua.

  Chiamati pertanto ad uno ad uno i debitori del suo padrone, disse al primo: Di quanto vai tu debitore al mio padrone? E quegli disse: Di centro barili d'olio. Ed egli aggiunse: Prendi il tuo chirografo, mettiti a sedere e scrivi tosto cinquanta. Di poi disse ad un altro: E tu di quanto sei debitore? E quegli rispose: Di [271]cento staia di grano. Ed egli disse: Prendi il tuo chirografo e scrivi ottanta. Ed il padrone lodò il fattore infedele perché prudentemente aveva operato, imperocché i figliuoli di questo secolo sono nel loro genere più prudenti dei figliuoli della luce. Ed io dico a voi: fatevi degli amici per mezzo delle inique ricchezze, affinché quando veniate a mancare vi diano ricetto nei tabernacoli eterni" (San Luca c<apitolo> 16)76.

  Ecco in questo santo Evangelio delineato il sentiero dell'uomo cristiano quaggiù. Quel ricco padrone è Dio ottimo e potente. Quel fattore iniquo è il servo maligno delle nostre

- 320 -concupiscenze. Che speranza dobbiamo avere in Dio e che timore per noi medesimi? Vediamolo subito.

  2. Prendiamo ancora qui esempio da un padre terreno. Il genitore con i suoi figliuoli usa in generale tratti di molta bontà. La bontà è propria del cuore di un padre. Però in usare questi modi di buon animo non è senza qualche timore. Subito teme che il figlio se ne abusi. Teme il prudente genitore che il giovinetto possa credere di essere qualche tesoro di pregio e così invanirsene e muovere poi le cose di suo capriccio. Per questo il padre al suo [272]discorrere mite e soave aggiunge sempre qualche parola di severità e qualche minaccia di castigo. Così un padre terreno.

  Il nostro celeste Padre adopera egualmente con noi. L'apostolo san Paolo scrivendo a' suoi di Roma li esortava a guardar pure a Dio, ma a considerare in lui la bontà e la severità insieme: la severità in quelli che caddero, la bontà poi in quelli che furono perseveranti nel bene. Così, conchiude l'Apostolo, convien che faccia ciascuno se non vuole egli medesimo cadere77. Uno sguardo in alto adunque verso a Dio, ed altro al basso per riconoscere intorno a noi i pericoli e le fragilità che ne circondano.

  Il demonio, che è avversario assai avveduto, talora ci dice: "Sallo ben Dio che voi siete meschinelli, ma non temete: Iddio è buono, or potete ben dare libertà alle passioni perché il Signore perdona". A ribattere queste insinuazioni tristi noi ricordiamo che Dio è buono, ma verso a quelli che lo temono. Verso agli altri che dicono: "Iddio è buono" e poi che prendono animo a fargli ogni pessima ingiuria, con questi egli è inesorabile.

  Altra volta il demonio ci dice: "Che serve [273]che tu ti sforzi a far il bene? Le iniquità che hai commesse hanno già compiuta la misura, tu sei condannato omai". Allora noi guardiamo a Dio come a padre amante che riceve i suoi. Ricorriamo noi stessi con replicare: "Il Signore è il salvator mio. Possibile che Gesù, il quale ha dato per gli uomini la vita sul

- 321 -Calvario, non voglia ora avere pietà di me?". In questo modo, cioè con un'ala di speranza che ci solleva in alto, con altra di timore che regola l'ascensione, noi compiamo il viaggio nostro da questa terra al paradiso.

  3. Questo mondo che abitiamo è come il piano di Mesopotamia. Lassù è il monte della felicità, dal vertice del quale Elia spiccò il volo quando ascese entro al carro di fuoco che lo trasportò in alto. Noi ci incamminiamo tutti su per sentieri al dosso della celebre montagna.

  Però, oh che timore! Personaggi illustrissimi percorrono innanzi a tutti, promettono di toccare presto al vertice, e intanto con uno sguardo che tutto penetra guardano fin , con un cuore che tutto si espande gridano agli altri che s'affrettino. Quando d'improvviso danno un passo addietro o rotolano [274]giù a precipizio, ridestano nel cadere una compassione viva e poi nel precipitare uno spavento, e poi con il peso del proprio corpo staccano massi e smuovono terra, e giù una valanga di macerie a seppellire entro altri miserabili, che non parvero credere a quel che gli occhi metteva<no> loro innanzi. Che è questo?...

  Non è dubbio. Come Lucifero cadde in precipizio per un peccato di superbia, così questi. Salomone e Saulle e Sansone parevano già toccare il cielo mentre apparvero forti come la potenza di Dio, sapienti come la intelligenza dello Altissimo, e più come colui che è dal Signore scelto dalla massa di un popolo per reggere i destini della gente santa. Pure precipitarono, e in questa caduta oh quanti avvolsero miseramente ancor del popolo israelitico! Oh come abbiamo ragione di sclamare come il sacerdote Filippo: "Signore, tenetemi la vostra santa mano in capo, perché se mi abbandonate un istante io posso farmi un turco"!

  4. Ma Iddio pietoso ci ha fin qui assistiti con tanta bontà. Quante volte noi forse ci eravamo precipitati giù per gli abissi della colpa e Dio buono ci ha risollevati![275] Eccovi un esempio. Un pellegrinello smarrito in una foresta gridava aiuto con quanta forza poteva. Allora venne un pietoso contadino, ed esperto come era dei sentieri, lo condusse di notte tempo su per l'orlo di un precipizio, in salvo nella sua capanna. Pervenuto- 322 - , tutti fecero festa all'avventuroso capitato. Venuta la mattina e rischiaratosi il cielo, il pastorello additò al viaggiatore i sentieri per cui era stato condotto e i pericoli dai quali l'aveva salvato. Intenerissi l'altro e caduto ai piedi del pastore disse: "Voi mi avete salvata la vita".

  Quel dabben salvatore è l'angelo che Dio mandò a liberarci dai precipizii del mondo; quel viaggiatore smarrito sono io stesso, lo è ciascun di voi. Ah, quando si farà giorno per noi nel paradiso e che Dio ci farà scorgere i pericoli dai quali ci ha liberati, allora cadremo ai piedi del Signore e sclameremo: "Se voi non foste accorso noi saremmo periti omai!". In dirlo ci uniremo al giubilo degli angeli per lodare e benedire la pietà immensa dello Altissimo.

  5. Ma guardiamo ai passi nostri. Una vigna già bene avviata può essere rovinata dal <freddo> gelido <in> una notte; un campo già [276]biondeggiante per la messe può essere guastato in un'ora di tempesta.

  E il nostro cuore, se fosse avviato al bene come quella vigna e disposto ad esser ricevuto in cielo come quel grano maturo nel granaio del padrone, il nostro cuore in un momento può concepire un atto rovinoso di superbia e in <un> momento può essere precipitato nello abisso di colpa. Che ci vuole a cadere?

  Un peso ha bisogno di essere sollevato in alto da mano poderosa; se si lascia a sé, esso tende a precipitare giù per la china. Noi siamo quel peso. Ah, se Dio non ci sorregge di continuo con la sua grazia, noi siamo perduti omai. Sicché in alto i cuori nostri, o fratelli! E non stacchiamo lo sguardo nemmen da noi. Speranza e timore son come l'ali che fanno sollevare in alto l'augello dell'aria. La speranza ed il timore son le due ali che sollevano in alto fino a Dio l'anima del cristiano.

Riflessi

  1. Speranza e timore.

  2. Bontà e severità d'un padre.

- 323 -3. [277]Quanti che sebben illustri, pure perché insuperbirono, precipitarono.

  4. Iddio buono, lo speriamo, avrà salvati noi.

  5. Ma attendiamo a non invanircene per non cadere noi medesimi più rovinosamente.





p. 319
76 Lc 16, 1-9.



p. 320
77 Cfr. Rm 11, 22.



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