Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il pane dell'anima (I corso)
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IL PANE DELL'ANIMA PRIMO CORSO DI OMELIE DOMENICALI ESPOSTE IN UNA MASSIMA SCRITTURALE

Evangelio della domenica decimaquinta dopo Pentecoste Che è la vita nostra?

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Evangelio della domenica decimaquinta

dopo Pentecoste

Che è la vita nostra?

  1. [334]Che è dunque la vita nostra?... È somigliante a quel fumo che dalla terra si innalza e poi che si disperde. Iddio suscita la vita della persona nostra. La spegne quando gli aggrada. Quando gli aggrada la ritorna viva, perché Iddio è l'onnipotente. Ascoltiamone in proposito quanto si legge nel santo Evangelo.

  "Gesù andava a una città chiamata Naim e andavano con lui i suoi discepoli e molta turba di gente. Ed essendo vicino alla porta della città, ecco che veniva portato alla sepoltura un figliuolo unico di madre vedova, e molte persone della città lo accompagnavano. Il Signore, vedutala, ne fu mosso a compassione e le disse: Non piangere. E avvicinossi alla bara e la toccò, quelli che la portavano si fermarono, e disse: Giovanetto, levati [335]su, io tel comando. E il morto si alzò a sedere e cominciò a parlare, ed egli lo rendette a sua madre. E tutti furono presi da un gran timore e glorificavano Dio dicendo:- 354 - Un gran profeta è apparso in mezzo a noi e Dio ha visitato il suo popolo" (San Luca cap<itolo> 7)104.

  Eccolo il Signore che atterra e che suscita. Umiliamoci sotto alla potente destra dell'Eccelso. Intanto badiamo alla meschinità che ci circonda. "Che è la vita nostra? È -- dice il Signore in san Giacomo apostolo -- è come un vapore che per un momento apparisce e che di poi sarà esterminato"105. Che è dunque la vita nostra? Consideriamola più addentro nel senso delle accennate parole.

  2. Il contadino in giornata di estate esce, dopo una pioggia dirotta, dal suo abituro e mira incantato sulla sponda di levante una colonna di vapore a vaghissimi colori che descrive un vago arcobaleno. L'agricoltore dopo avervi guardato con soddisfazione gli volge le spalle e si incammina su pel monte. Poco stante gli vien voglia di rivedere quella vaghezza. Volge l'occhio , ma l'ammirabile visione è scomparsa omai.

  [336]Noi dopo una tribolazion della vita poniamo il piè fuori casa e ammiriamo bellezza di persona ricca, gloriosa, gaudente. Intanto proseguiamo il cammino invidiando forse a tanta fortuna. Ma ecco un segnale di morte. Che è, che non è? Ripassiamo addietro, eccola la persona incantatrice caduta in cadavere morto. Non giovano i commenti. È morta, è morta, non è più.

  Il principe dei reali di Germania veniva per impalmarsi con la figlia dei reali di Francia. A mezzo il cammino lo sposo alloggia per una notte in un palagio dispostogli con tanta cura. All'indomani il corteggio si dispone per la partenza. Si invita il principe a lasciare il letto. Inutile, egli era morto. Rimase asfissiato durante il sonno dall'odore troppo acuto di pitture disegnate troppo di fresco alle pareti ed al volto di quella camera106.

- 355 -  Avviene spesso che i fanciulli con certe loro cannuccie soffino entro un'acqua infusa di sapone. I visposetti ne cavano con ingegno delle bollicine che al riflesso dei raggi solari danno svariati colori. Gongolano i bambini, ma ecco che un filo d'erba del prato le squarcia, ovvero un legger soffio d'auretta che sempre spira. Ecco [337]sparito anche d'un tratto l'incanto di quell'apparizione. Che diciamo noi dunque? Eccola la vita nostra. È un vapore che apparisce per un istante e poi che tosto dispare. E noi viviamo attaccati alla vita come se fossimo eterni quaggiù.

  3. Anastasio imperatore si vagheggiava quasi un dio su questa terra. Dispiaceva questo al vescovo della città e per ammonirlo disse: "Questo reale paludamento che vi ricopre lo vidi già risplendere nella persona di più che un re che or son morti. Anche l'anello che recate in dito lo vidi rifulgere nella destra di monarchi che or sono morti". Anastasio comprese la lezione.

  Francesco Borgia era cortigiano al palazzo reale di Spagna, quando gli toccò accompagnare fino a Granata il corpo della imperatrice Isabella defunta. Celebratesi le esequie, convenne aprire il feretro per riconoscerne il cadavere. Oh vista! Francesco disse: "Quest'è l'ultimo atto che vo' estendere per un re della terra. Quinc'innanzi vo' tutto adoperarmi per servire al Re del cielo", e si dispose per farsi santo.

  Carlo quinto per un mezzo secolo era [338]apparso nel mondo come una figura di terrore agli inimici, come una stella di salute ai confederati. Tutta una parte di mondo era sossopra per cagion sua. Ma finalmente pensò: "Che faccio con tante guerre e con tanto sangue?". Si ritrasse nel convento di San Giusto. Si confuse con l'ultimo di quei monaci modesti. Volle <che> gli fossero celebrate le esequie ancor vivente, ed egli si distese come morto in un feretro. Poco di poi lo sorprese una febbre che lo condusse in brevi giorni alla sepoltura.

  Non lasciamoci abbagliare dalle umane grandezze. Scopriamo le tombe dei grandi, e che vi troviamo entro? Terra e cenere. Terra e cenere come nei sepolcri degli umili contadinelli. Consoliamoci che almeno la morte pone questa eguaglianza- 356 - che si rifiutò a riconoscere il mondo. Che è dunque la vita nostra? È come un fumo che apparisce e che presto si discioglie.

  4. Bisogna dunque vivere soverchiamente attaccati alla vita? Punto, punto. Vi metto innanzi una similitudine. Ecco un uomo che esce da casa, tenendo per mano un fratellino suo di pochi anni. Si incammina su pel monte passo a passo e poi a [339]certi tratti riposa un istante. Ma il fanciullo vede una farfalla e vuol correrle dietro, scorge un fiore e lo vuol strappare. Si ferma ad osservare un vermiciattolo che striscia per terra, a vedere un sasso di mica che gli pare di argento ovvero d'oro lucente. Quando poi il maggior fratello s'adagia a riposo, subito il giovinetto si pone ad adunar sassi, a scavare fondamenta ed a fabbricare una casetta sua, quasi dovesse stare per sempre su quella via. Che compassione fa quel scioccherello!

  Però assai più viva è la pietà per le vere stoltezze nostre, mentre dovendo dimorare per un momento solo su questa terra, disponiamo le cose come se avessimo a durare qui per una eternità. Una giovin donna passava una notte tetra d'immagini perché il compagno di colpa non ritornava. Spunta il mattino e compare il cane. Questo guaisce e addentando le vesti della padroncina l'invita <ad> uscire. Il cane l'accompagna e pervenuto ad un cespuglio discopre poco fogliame. entro era il cadavere del suo colpevole amante, già fetido e tutto bagnato di sangue. I ladroni l'avevano ucciso e nascosto entro. La donna urla come una desolata,[340] ma poi riflette: "Meglio è che da donna peccatrice io mi converta in donna che piange. Che è la vita mia... che è dessa mai". Da questo momento si dispone per addivenire santa Margherita da Cortona. Fortunato pensiero!

  Che è la vita nostra? È come un fumo di vapore che appare e tosto che si disperde. Che faremo noi dunque? Viviamo nella vita come se ad ogni momento dovessimo morire. Questo è consiglio sapiente. Non lasciarsi attrarre da un fumo di vanità che si eleva da terra, ma continuare la via fino alla patria, il paradiso.

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Riflessi

  1. Che è la vita nostra?... È come un vapore di appariscenza che presto scompare.

  2. Che di più vano di un vapore che si mostra, ma per brevi istanti?

  3. Bisogna considerare e risolvere.

  4. Conviene perdersi dietro alla vanità di un fumo e intanto perdere di vista il paradiso?





p. 354
104 Lc 7, 11-16.



105 Gc 4, 14.



106 L'A. si riferisce probabilmente alla morte di Ladislao V di Boemia-Ungheria (1440-1457), figlio di Roberto II d'Asburgo; l'episodio è riportato in P. SEGNERI, Quaresimale, Predica XXX (Opere del Padre Paolo Segneri, I), Torino 1881, p. 323.



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