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IL PANE DELL'ANIMA SECONDO CORSO DI MASSIME SCRITTURALI ESPOSTE NELLE SPIEGAZIONI EVANGELICHE Evangelio della domenica quarta di Avvento Un coccodril<l>o che piange |
Evangelio della domenica quarta
di Avvento
Un coccodril<l>o che piange
1. [30]Presso le acque dolci dei grandi fiumi si trova un rettile lungo lungo e corporuto che si chiama coccodrillo. Questo non si lagna mai e par senza cuore. O se piange, il fa unicamente per un eccesso di crapula. L'animalaccio se adunghia un leprotto lo mangia vivo. Se arresta un capriolo lo inghiotte vivente. Ma quando l'ha nel ventre, il coccodrillo si distende ed emette gemiti altissimi, perché gli pare di doverne crepar per mezzo. Però appena che il tormento è passato, lo stupido riprende le sue caccie e ritorna <ad> inghiottire di botto il corpo di qualsiasi animale o minuto o grosso che <e>gli incontri.
Simili al coccodrillo sono certi cristiani, i quali con parole
- 417 -si dolgono, con gemiti par che s'addolorino, eppure né piangono di cuore né si dolgono con sincerità, e così non cessano di essere peccatori miserabili. Vengono confessori a sgridarli, predicatori a intimare, come oggi il Battista: [31]"Preparate la strada del Signore, fatene retti i sentieri", ma non vale abbastanza. Come Giovanni, anch'essi predicano i frutti della penitenza con dire: "Ogni valle sarà riempiuta, ogni monte, ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose saranno raddrizzate e saran resi piani i dirupi, e tutti gli uomini vedranno il Salvatore mandato da Dio"21.
Però anche questo linguaggio, se è vero che li commuova certi peccatori, non è punto vero che li converta. Ecco ciò che ne dice il Signore per bocca di Geremia: "Attesi ed ascoltai; nessuno è che faccia penitenza sopra il peccato suo dicendo: Che cosa ho fatto mai?"22. Melanconico riflesso! Dunque non tutti i cristiani che sembrano dolersi son tutti penitenti? No, non tutti... perché fra tanti appena uno è che, dopo aver peccato, pensi e dica: "Meschinello, che ho fatto io mai".
2. Per intendere una verità di sommo prò, richiamo un fatto non raro ad accadere. Parlo di un genitore e di un figlio. Questo padre ha un figlio il quale un dì gli si presentò a dire: "Che cosa faccio io qui? La figura della miseria è entrata in casa e ci assale amendue. La scaccierò io la malcapitata. Vo' partire per alla volta [32]di America, che è il paese della cuccagna, e là raccoglierò tant'oro che valga a non lasciarci stentare finché il cielo ci accordi vita quaggiù". Intanto se ne parte. Il padre gli ha fatte le sue buone raccomandazioni e poi aspetta. Nulla arriva. Il genitore sollecita con istanze di lettere e ottiene promesse di soccorso. Manda esortazioni di amici e ne ha nuovi propositi, ma un fatto reale mai. Si aspetta un anno, si aspettano due, se ne conta fino a dieci, fino a venti e poi anche un cuor di padre è costretto <a> dire: "Sciagurato quel figliuolo! Ha promesso e nulla
- 418 -attese". Certo, certo il malestr<u>o tolse a ridersene del padre suo. Povero padre!
Fratelli miei, facciamone l'applicazione. Noi l'abbiamo promesso da generosi al Signore con dire: "Abbiamo peccato! Sciagurati, lasciammo entrare nella casa del cuore la carestia di ogni vero bene. Però tanto ci adopereremo, finché ci meritiamo dalla bontà vostra il ben di grazia perduto". Iddio ne è ben contento, e fossero almeno veri i propositi nostri. Il Signore intanto attende ed ascolta se mai dal cuore incominci un gemito dolente. Ma ha che molti, dediti troppo al passatempo, [33]dediti troppo ai mondani interessi, con il fatto dicono: "Per convertirsi e ravvedersi basta un battimento di petto al punto di morte". Ed il Signore, il quale vede ciò, come è possibile che non se ne lamenti con dire: "Attesi ed ho ascoltato e nessuno rinvenni che faccia penitenza sopra il peccato suo"?...
3. Ovvero si dà il caso che certuni cristiani si pentano, ma sapete quando?... Quando hanno già sfogati tutti i godimenti del senso, quando sono caduti ammalati, <sì> che non valgono più a presentar di sé nobili comparse. Allora più di loro si dolgono che di Dio. Però oh quanto dubbio è quel pentimento!
Figuriamoci che un amico perverso sia entrato a divertirsi con l'amico in bagordi per tutta la notte. Quando su l'incominciar del mattino e l'uno e l'altro s'avvede di non aver più un frustolo per continuare un po' di colazione, gli amici si separano, fors'anco si dolgono o piangono, ma quel loro dolore è dolore che giustifica? Per intendersene basta scorgere chi fu il primo a staccarsene. Hanno lasciato essi il peccato, o fu il godimento che se n'è ito lontano? Che importa se [34]una persona triste ha lasciato una casa, se a quella ancor sospira con l'affetto?
Ricorro ancora all'esempio di un figlio verso al padre. Si danno esempi cosiffatti. Un padre è pervenuto già alla vecchiaia, si è fatto acciaccoso in salute, stenta la vita in patimenti e scaccia la fame con croste di pane gettategli, sapete da chi?... dal proprio figliuolo. Questi, se volete, ha fatta la sua fortuna, ha casa civile, ha figli ben vestiti, ha servi, ha
- 419 -amici e, per dirla in una parola, si gode la vita. Di fronte alla sua è la casa del genitore. Lo vede là, il povero vecchio, ma non l'invita, che n'ha rossore. Lo sente gemere, allora dice: "Aspetta che io mi sia satollato; manderovvi i frusti di cibo se avanzino e che non sappia darli altrove". Povero padre, povero padre! Se ad un di voi toccasse sol quel misero aiuto, vi pare che vi lodereste assai di un figlio tale?...
Ma se noi ci contentiamo di dare a Dio l'avanzo di una vecchiaia stentata, e questo ancor di malincuore, chi potrebbe mai persuaderselo che il Signore ne sia soddisfatto appieno? Questo non è il modo, questo non è il modo! Per noi goderci i begli anni della giovinezza, passare nel [35]godimento umano gli anni della virilità, consumare fino allo scolo ancor gli anni ultimi, e poi lasciare a Dio una goccia di tempo, un anno, un mese o non forse pochi giorni di vita: questo davvero è un voler burlare con Dio e ridersene manifestamente, ma non sarete in tempo. Lasciatelo il Signore, che lui vede e attende.
4. La stoltezza del peccatore ostinato è pur prodigiosa. Hanno di contro Satana avversario che li uccide e non pensano a ripararsi. I cittadini di Betulia, quando si videro circondati da Oloferne, tanto operarono che alfine furono salvi. Hanno i peccatori la peste dentro nelle viscere, eppure non si affrettano per scacciarla. Stoltissimi come quegli ebrei che, essendo in Gerusalemme costretti da Tito, avevano la fame che il cruccciava, la peste che li finiva, la guerra civile che li trapassava, eppure non uno fra tanti pensò a provvedersi; tutti morirono come una mandria di pecore che vanno le une dietro le altre giù pel dirupo del precipizio. Ah, se pensassimo, come ce ne dorrebbe anche per colpe minori delle mortali!
Felice cappuccino non saprei per quali colpe avesse a dolersi tanto, perché già [36]era in credito di santità. Tuttavia non lasciava di tormentare il suo corpo, di commuovere il cuore al pianto. Domandava un giorno la carità per le vie di Roma, quando un superbo cavaliere spronando il focoso destriero venne addosso al povero fraticello, il quale ne riportò una gamba lacerata. Portava un vaso; si infranse e fuori ne - 420 -uscì il vino a mischiarsi con il sangue del suo piede. Felice volse l'occhio per dire al cavaliere: "Scusate se io non attesi a scansare l'incontro", ma quegli continuò superbo. Accorse gente compassionevole, ma egli, Felice, rizzandosi, diceva al suo piede: "Levati su, asino; ben ti sta! Affrettati adesso e impara a far per forza quella penitenza che non hai voluto scontare volontariamente". Ponevasi poi in atto supplichevole a pregare per quel ricco padrone. Si scusava presso alla gente e incamminavasi poi al suo convento. Questo di Felice fu un dolersi sincero. Allo indomani il feroce cavaliere era venuto in abito dimesso al convento e chiedendone umile perdono si raccomandava alle preghiere del buon religioso. Questa di Felice è penitenza che salva. Santa Caterina da Siena diceva: "Vi ringrazio, o Signore, [37]che mi facciate patire. Sono trentatré23 anni che mi faceste conoscere che alta grazia è il patire. Signore, non sollevatemi mai da una croce qualsiasi senza addossarmene una più grave". Questo è il linguaggio dei santi. Non sia quinc'innanzi dissimile il discorso nostro. Facciamo tacere il gemito del buon padre che dice: "Attesi ed ho ascoltato; nessuno è che faccia penitenza sopra il peccato suo dicendo: Che male ho fatto io mai".
1. Chi piange a mo' del coccodrillo, non geme con frutto per l'anima sua.
2. La penitenza vuol farsi con l'opera più che con le parole.
3. E non aspettare all'ultimo.
4. Pensiamo per tempo che abbiam fatto mai, peccando.