Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il pane dell'anima (II corso)
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IL PANE DELL'ANIMA SECONDO CORSO DI MASSIME SCRITTURALI ESPOSTE NELLE SPIEGAZIONI EVANGELICHE

Evangelio della domenica quinta dopo Pentecoste Con l'ira non si fa il bene

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Evangelio della domenica quinta

dopo Pentecoste

Con l'ira non si fa il bene

  1. [247]Sono certe persone le quali sembrano nate per far bene in tutto e con tutti. Sono poi altri che sembrano vivere per guastare ogni sorta di opera buona. Se voi attendete, trovate che le persone miti e pacifiche non guastano mai un'impresa buona alla quale si applicano, che le persone furiose le guastano tutte.

  Scorgiamo anzitutto quel che ne dice san Matteo nell'odierno Evangelo. Riferisce egli che Gesù diceva a' suoi discepoli: "Se la vostra giustizia non sarà maggiore che quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete nel regno dei cieli. Udiste che agli antichi fu detto: Non ucciderai; chi avrà ucciso sarà reo del giudizio. Io poi vi dico che ognuno il quale si adira con il suo fratello sarà reo del giudizio. Chi poi dirà al fratel suo stolto, sarà reo del concilio. Chi poi dirà fatuo, sarà reo del fuoco dell'inferno. Se adunque tu offri tuoi doni all'altare e qui ti ricordi che il fratello [248]abbia qualche cosa contro di te, lascia il tuo regalo e va per riconciliarti prima con il tuo fratello; dopo poi, venendo, offerirai il tuo dono"119.

  Avete inteso quanti fulmini di riprovazione riserbi il Signore a quelli che ingiuriano e che s'adirano? Credetelo adunque, con l'ira non si fa il bene. San Giacomo ci porge in proposito avviso eccellente. Dice egli: "Sia poi ogni uomo tardo all'ira, perché l'ira dell'uomo non opera la giustizia di Dio"120. Ponderiamo questa massima che è feconda di utilissimi insegnamenti.

  2. Bello è avere un cavallo focoso, ma a condizione che l'animale si lasci dominare dal freno che lo conduce. Bello è

- 537 -avere in sé ardore, ma alla condizione che sia regolato dalla ragione. Quel fuoco di ira che eccita a ridestare incendii rovinosi, quello siamo obbligati a scemarlo in noi a fin che giovi e non distrugga.

  Tutti siamo obbligati, uomini e donne, giovani e vecchi. Né val che si dica: "Il mio temperamento è cosiffatto che subito s'accende". Il temperamento bisogna comprimerlo. Non si può negare che Davide avesse un temperamento del [249]nostro più focoso e più vivace. Pure lo moderò in modo da mostrarsi poi sì dolce con Semei, sì mansueto con Saulle. Sicché pervenuto già a vecchiaia poteva almen rivolgersi a Dio con pregarlo: "Abbiate misericordia di Davide per tutta quella mansuetudine che poté aver mostrata"121.

  3. Il figlio Assalonne si era ribellato a Davide, il proprio padre. Questi fu obbligato <a> difendersi in combattimento campale; nel conflitto fu un soldato valorosissimo che, dopo aver pugnato fino a sera, inseguì Assalonne e lo raggiunse. Ma fu troppo fervoroso. Davide aveva comandato che Assalonne fosse risparmiato e il soldato credette saperne più di lui e lo confisse con tre acutissime lancie.

  Come voi vedete, combattere con alacrità è bene, ma combattere contro obbedienza e fuori modo è male che produce danno, come produsse disgusto immenso a Davide la morte di Assalonne. Adirarsi semplicemente non è male. Si adirò Gesù Cristo con i farisei. Si adirò con i profanatori del tempio. Peccato è adirarsi fuori modo, fuori ragione, fuori tempo.

  4. Quando il divin Salvatore scacciò i profanatori dal tempio si mostrò davvero [250]adirato, ma nello stesso tempo usò tanta maestà di modo che, compiuto quello sgombramento, subito le turbe gli furono dattorno per ascoltarlo.

  Accadde che gli apostoli Giacomo e Giovanni venissero da Samaria e dicessero a Gesù: "Non ci hanno ascoltati, dobbiamo noi chiamare il fuoco dal cielo?". Subito rispose il Salvatore: "Voi non sapete da quale spirito siate condotti".

  Gli antichi ebrei erano i servi del Signore e come servi potevano- 538 - essere trattati con qualche severità. Elia chiamò dal cielo il fuoco e fu esaudito. Nella Legge nuova i cristiani sono figli del Signore e con i figli voi ben sapete che ad adirarsi bisogna essere ben tardo. O se volete esser solleciti, siatelo quando si tratta di impedire un male, non siatelo più quando, avvenuto già, si tratta di castigarlo. Facile è ad un maestro, più facile è al padre od alla madre adirarsi dopo il fallo del figlio o dello scolaro. Più difficile è infervorarsi <d>a principio per impedire il male. È detto dai pedagogi assennati che il sistema di prevenzione è fra tutti il più opportuno e più giovevole.

  5. Con l'ira non si fa il bene. A questo [251]conviene attendere più che non si faccia dalla comune degli uomini. Voi scorgete un disordine a riparare, un bene a introdursi? Vi lasciate subito guidare dall'impeto e correte al riparo di quel male, a favorire quel bene. Intanto usate modi troppo impetuosi e profittate di un tempo che non è il proprio. In questo modo, a vece di fare un bene, è pericolo che commettiate più di un male. L'ira è sottile, facilmente domina alla ragione e se l'astuta giunge a farla da signora, il nostro bene è rovinato.

  6. L'ira, quando soprav<v>iene, non deve far salire i vapori alla mente, non deve commuovere troppo il cuore. Il cuore deve esser sempre pio, a modo di quello mitissimo del divin Salvatore. La mente deve esser sempre serena, a modo di quella imperturbabile del nostro divin Maestro. L'ira è come un soldato fervoroso. Egli è caro, ma con il patto che come è pronto a combattere, sia anche subito a smettere quando ne sente il comando.

  7. Sicché avviso vantaggioso e non a dimenticarsi mai è questo: quando l'ira abbia offuscato il ben della nostra mente, non abbiamo ad operare. Chi opera in tal [252]caso non è la ragione ma la passione, e voi il sapete che dominatrice tiranna è la passione. Né mi state a dire che anche Mosè, che anche Finees e Matatia corsero a levar di vita a quei che peccavano, perché quelli erano in ciò guidati da lume sopran<n>aturale. Iddio volle un castigo così improvviso perché maggior colmo di terrore ne avessero i delinquenti.

- 539 -  Quanto a noi, lasciamo che i bollori dell'ira s'acquetino. Opereremo il bene quando eseguiamo l'opere secondo la ragione guidata dalla fede.

Riflessi

  1. Con l'ira non si fa il bene.

  2. Buono è il fervor d'ira, ma quando è regolato.

  3. Un soldato fervoroso bensì, ma che non s'arresta subito al comando, non è milite lodevole.

  4. In adirarsi non bisogna perdere la quiete e la maestà d'uomo ragionevole.

  5. Talvolta l'ira si insinua senza che ci avvediamo.

  6.  Non lasciamola dominare sopra alla ragione.

  7.   Non operiamo all'atto che ci sentiamo adirati.





p. 536
119 Mt 5, 20-24.



120 Gc 1, 19s.



p. 537
121 Cfr. Sal 132(131), 1.



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