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IL PANE DELL'ANIMA SECONDO CORSO DI MASSIME SCRITTURALI ESPOSTE NELLE SPIEGAZIONI EVANGELICHE Evangelio della domenica decima sesta dopo Pentecoste Un castigo proporzionato |
Evangelio della domenica decima sesta
1. [319]Un fanciullaccio tristo raro è che stia all'obbedienza nella famiglia. Egli vuol scor<r>azzare a tutte le parti, vuol trovarsi a tutti i godimenti, vuol <s>passarsela in tutte le ricreazioni. Intanto perde l'affetto alla famiglia, lascia l'applicazione ai lavori di casa. Presto gli amici falsi lo dissanguano nel peculio che gli rimane. Lo sciagurato vien poi abbandonato da tutti. Eccolo pezzente per le strade, con la salute guasta per tanti suoi disordini e con un marchio d'infamia sulla fronte. Meschinello! Montava superbo come una divinità terrena, ed or eccolo umiliato al pari di un verme che striscia.
Vero, vero: chi si umilia sarà esaltato, chi si esalta sarà umiliato. È il testo del sacro Evangelio. Diceva il divin Salvatore: "Quando tu sia invitato alle nozze, non vieni a porti al primo luogo, perché per caso non si trovi fra gli invitati altri che sia di te più meritevole e così ti si dica: A questi dà [320]il luogo tuo. Allora con peggior rossore dovresti occupare l'ultimo posto. Ma quando tu sia chiamato, va e siedi al posto ultimo, perché giungendo chi ti invitò dicati poi: Amico, ascendi più in alto. Allora ne avrai onore presso a tutti i commensali, perché ognuno che si esalta sarà umiliato e che si umilia sarà esaltato"153.
Quest'è la giusta misura di punizione che si usa quaggiù. Nella vita avvenire sarà proporzione eguale di premio o di castigo. Temiamo, o fratelli! San Giovanni nella sua Apocalisse ci ammonisce con severissima minaccia. Dice che non crediamo al gaudente di questo secolo. Il Signore per lo sciagurato ha serbato quest'ordine espresso di castigo: "Quanto glorificò se medesimo e fu in delizie, tanto dategli di tormento e
- 577 -di lutto"154. Seguitemi con orrore salutare e intendete come poco son da invidiare quelli che quaggiù tripudiano in godimento vano.
2. Accade talvolta che un figlio di re si dedichi soverchiamente ai godimenti del piacere. Più spesso accade che si lasci travolgere la mente dalle adulazioni e che cominci a credere altamente di sé. Intanto vuol essere rispettato come un dio quaggiù.[321] Se uno gli manchi benché inavvertitamente di un atto di ossequio, subito infuria. Se gli si contrasti una soddisfazione ai suoi molteplici appetiti, par che svenga per abbattimento che ne prova. Con questo trattamento duro si forma dei nemici intorno. Questi finalmente gli intimano guerra. Egli fa lo spavaldo e poi si abbandona alla crapula. Buon per gli avversari, che in poco d'ora lo sbaragliano. In un tratto lo legano e lo traducono poi in un carcere tenebroso. Ora è là. Riflettete se qualche cosa gli giovarono le sue albagie.
E quando molti di loro precipitando allo inferno troveranno di aver mutato orribilmente luogo e condizione, credete che questi si troveranno punto meglio? Anzi sentirannosi intorno una confusione che li infiamma. Sentirannosi nelle viscere un vulcano che li strugge senza però consumarli. Miseri, miseri! La superbia della mente, gli sfoghi della carne ecco che vi hanno giovato! Siete in tormento del danno, <che consiste> in dover pensare: "Ho perduto Dio e il paradiso per mia colpa". Siete in tormento del senso, <che consiste> in esperimentare il lutto di quei tormenti profondi.
Che dite dunque? Deh, [322]non invidiate punto allo iniquo che prospera su questa terra.
3. Nicolò i di Russia era cresciuto come un Faraone d'Egitto e diceva: "Chi è il Signore del cielo al quale io sia ob<b>ligato <ad> obbedirgli?". Il pontefice Gregorio xvi invitollo a Roma ed egli venne, ma con intenzione di una superbia maligna. Lo accolse con somma amorevolezza dapprima il pontefice e poi, trovando di non poterlo fiaccare altrimenti, cambiò il volto da amorevole in minaccioso e conchiuse con
- 578 -dire: "Ricordatelo, o sire, i potenti saranno più potentemente castigati un dì"155. Io non so come l'animo fiero del monarca finalmente rimanesse atterrito. Uscì dalla udienza pontificia, ma confuso. Sollecitò a scendere dalle scale e via si partì, ripensando a quel fulmine di minaccia: "I potenti saranno più potentemente condannati". Riflettiamo ancora a questo, o fratelli, e inorridiamo.
Gli empi su questa terra imbaldanziscono con tante superbie. Laggiù nello inferno saranno calcati nel collo dalle zanne dei demoni. Vogliono ora fare la guerra allo Altissimo e in ciò adoperano una [323]malizia che ha dello infinito. Nello inferno si avvedranno di aver perduto Dio, di non poterlo ricuperare mai più in eterno e questo loro procaccierà una pena che, se non sarà infinita nella intensità, sarà certamente infinita nella eternità. Vivissimi saranno pure i tormenti del senso. Ogni sfogo di capriccio avrà il suo tormento laggiù. E se per un peccato mortale è fissata la punizion del fuoco infernale, per la iniquità di molte colpe mortali sarà moltiplicato il tormento già sì vivo di un ardore infernale. Intanto ha di quelli che in sfogare la libidine di peccati non pongono confine e dicono: "Tanto è discendere allo inferno per un peccato mortale ovvero per molti". Miseri, miseri! Il fumo di inferno vi ha acciecati nella mente.
4. Dicono taluni: "Non si sa intendere come Dio punisca con un castigo che dura eternamente una colpa la quale si commette in un istante". Ma rispondo: in un tratto solo uno scellerato uccide un padre di famiglia, intanto i figli rimangono orfani per sempre; in poco d'ora uno scandaloso perverte la mente di un cristiano, corrompe il cuore di un fedele, in poco [324]d'ora consegna alle fiamme infernali un'anima che poi brucia per sempre.
Lutto miserando! Sapreste dirmi le anime che hanno fatto precipitare le declamazioni di Lutero, le anime che hanno fatto perdere gli scritti di Voltaire e gli ultimi del Mazzini? Basti sol ricordare che ancor dopo trecento anni le anime scandalezzate- 579 - precipitano in rovina irreparabile. Sicché per questo agli scellerati si deve almeno un castigo infinito per continuazione, se non può essere infinito per intensità. Poi, come vel dissi, questi sciagurati, peggiori che i giudei, calpestano il sangue di Gesù Cristo. Che lutto si fa in cielo dalla Vergine e dagli angeli a quel miserando spettacolo! I benedetti gridano che agli iniquissimi sia almeno dato un castigo eterno, a fine che la terra non si copra intieramente delle scelleraggini dei tristi.
Quanto a noi, se non ci troviamo rei di gravi iniquità, ringraziamone Iddio, ma guardiamoci sopra modo dai godimenti pericolosi di questo mondo. Conteniamo gli sfoghi di superbia o di altra passione rea. Ricordiamo che quanto un cristiano iniquo gode su questa terra, tanto gli toccherà di agonizzare nello inferno.
1. [325]Il castigo che infligge il Signore è proporzionato alla colpa.
2. Quanto più uno si innalza in superbia, tanto sarà umiliato nella confusione.
3. I peccatori più iniqui saranno più corrucciosamente tormentati.
4. Il lutto d'inferno non finisce mai.