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IL PANE DELL'ANIMA TERZO CORSO DI MASSIME SCRITTURALI ESPOSTE NELLE SPIEGAZIONI EVANGELICHE Evangelio della domenica terza dopo l'Epifania Procella di tenebre |
Evangelio della domenica terza
1. [52]In una casa facile è che trovi ricovero un pellegrino che viene a ripararsi dalla procella imminente. Ma un figliuolo che si sa da tutti esser fuggito dal padre per non obbedirgli, raro è che trovi compassione.
Abbiamo nel santo Evangelo che Gesù guarì un lebbroso, che ascoltò altresì la preghiera di un centurione per la cura di un servitor suo. In far questo sappiamo che disse parole di alto spavento. Il centurione per la sua fede viva meritò di essere encomiato innanzi a tutti dal divin Salvatore. Però lo stesso Redentore, dopo aver detto: "Fede eguale a quella di questo ufficiale non ho trovato in tutto Israello", continuò: "Verranno molti dall'oriente e dall'occidente e saranno salvi. I figli del Regno poi per non aver voluto credere saranno cacciati fuori e messi nelle tenebre [53]esteriori, dove sarà gran pianto e stridor di denti"28.
- 642 - Miserando castigo! Il Signore è nel mezzo del nostro paese, figlio eletto del cielo, figlio privilegiato di una madre pia, la santa Chiesa. Però è un dolore a pensarvi: quanti si trovano ancora nella Italia nostra che non credono punto a Gesù, che negano di credere che in cielo sia Dio! Il sommo pontefice che da cinque anni governa la Chiesa di Gesù Cristo diceva testé29: "Uomini educati all'odio della religione e lasciati crescere a tutto agio ad ogni baldanza e ad ogni audacia, fanno le inique loro prove. Vi sono giornali che spargono largamente ed impunemente l'empietà, bestemmiano e maledicono le cose più sante, scagliano oltraggi ed offese alla stessa divinità, e, cosa orribile a dirsi, inneggiano a Satana". Orrore, orrore! Questi, questi, dice l'apostolo Giuda, sono quelli ai quali è riserbata in eterno una procella di tenebre30. Ponderiamo il fulmine di castigo che ai miscredenti si prepara, e nonché invidiare la sorte di quei miseri, compatiamoli dal fondo del cuor nostro.
2. Figuratevi una giornata in stagione incostante, quando il clima è tuttavia freddo [54]e le pioggie e i nembi che facilmente innondano. Un giovinotto vuol salire al giogo delle Alpi e superare fin l'ultimo vertice. I contadini nel piano lo dissuadono, i pratici gli schierano dinanzi i pericoli, ma non vale. Il viaggiatore ascende con temerità, quando un cavallon di nubi si accosta come un gigante, d'un tratto copre il vertice del monte e poi scende giù e intanto fa soffiare un vento che presto si sviluppa in nembo impetuoso. Insieme cade un diluvio di pioggia e di tempeste e poi lampi e tuoni e fulmini che fanno traballare il monte e spaccano con fragore le rupi. Il meschinello è là. Tenebre esteriori lo circondano al di fuori, non sa più a quale sostegno di sasso o di scoglio appiccarsi. Dentro nell'animo ha tenebre di un rincrescimento che desola
- 643 -e non trova chi lo aiuti. Chi ha pietà dell'infelice che viene a perire perché lo volle?
Pena cosiffatta proveranno nello inferno quelli che non hanno voluto credere a Dio che loro parlava. Avranno intorno le tenebre dell'inferno, più fitte e palpabili che non furono già quelle che avvolsero l'Egitto nella oscurità sì famosa delle dieci piaghe. Avranno le tenebre fisse nell'interno di sé. [55]Diranno: "Potevamo salvarci e non abbiamo voluto!".
3. Le tenebre esteriori saranno fittissime. Immaginatevi una caverna profonda profonda, che abbia una immensità di terra sotto, un'immensità sopra e d'intorno, senza uno spiraglio di luce: questa è la fossa d'inferno.
Immaginate ora in questa fossa una catasta di corpi, ma così calcati che non sia luogo né a muover dito od a sollevare le palpebre degli occhi: questo è lo stato dei dannati quando nello universale giudizio saranno condannati per stare laggiù nel corpo e nell'anima accatastati, come è scritto in Isaia: "Calcavi eos in furore meo"31.
E finalmente troviamo nell'Apocalisse che giù in fondo è stagnum ignis ardentis sulphure32. Questo stagno di fuoco ardente emette globi di fuoco, tutti avvolti in vorticose spire di fumo. Questo fumo ascende in alto e non trovando di poter esalare ricade al basso per ricalcare le onde di altro fumo caliginoso che su ascende. Così non avrà<nno> termine in perpetuo quelle tenebre che si avvolgono in turbine, e questo formerà appunto quella procella di tenebre [56]di cui parla tremante l'apostolo sopracitato.
Qual beneficio per me e per voi che non vi siamo caduti entro! Ma qual cura adoperiamo per non precipitarvi alla volta di nostra morte?
4. Peggiori son poi le tenebre della mente. Rappresentatevi un'anima sommamente tribolata o da scrupoli ovvero da aridità. Che patimento vivo! Pensano le meschinelle: "Chissà se mi salvo!", e in dirlo tremano in tutte le membra. Maggiormente - 644 -tremeranno i dannati. Laggiù scorgeranno chiaramente che omai non è più un raggio di speranza. Sonosi dannati e lo saran per sempre. Mai più Iddio si inchinerà a pietà di loro.
Questo cagiona in quelle una tenebra, ossia disperazione di mente e di cuore. Le passioni loro di ira, di bestemmia, di iniquità rinfocolano sempre più, e quelle fanno produrre questo accecamento di cui è parola. Aggiungete i tormenti atroci dello inferno. Già su questa terra quando un dolore vivo si fa sentire nelle membra produce confusione alta. Il povero infermo non fa che gemere: "Mi duole, mi duole", [57]e non pensa ad altro.
Che oscurità orrenda sarà pertanto quella! Si apprende meno che la cecità materiale, perché quella è oscurità morale, ma appunto perché è inerente all'anima è tanto più tormentosa.
5. Fossero almen transitorie quelle tenebre, come è vero che transitorio è quaggiù un nembo benché impetuoso. Ma non vi venga in mente che nello inferno sieno per cessare un momento per tutta la eternità. Durano in sempiterno.
Un ammalato che non può chiuder occhio la notte aspetta la luce del dì e questa al fine viene entro dai cristalli delle finestre. Nello inferno ad una notte tenebrosa succede altra e poi altra ed altra sino allo infinito. Quale spavento solo in pensarvi!
6. Pure quelle son tenebre serbate a tutti quelli che non vollero aprire gli occhi alla luce della verità. Comprendete ora che gran male è non ascoltare Iddio che parla? E vi piace intendere se finalmente voi potrete goder la luce del paradiso, ovvero che dobbiate sostenere le tenebre eterne dello inferno? Guardate a voi medesimi. Se siete premurosi di ascoltare tutto ciò che è di Dio e del paradiso, segno è [58]che amate la luce e che la luce vi rallegrerà un dì. Ma se fuggite quanto potete, per non ascoltare e <per> seguire più facilmente i dettami della passione guasta che il lume di ragione e di verità, allora temete che non vi sovrasti l'orribile procella di tenebre di cui fin qui si è ragionato.
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3. I dannati che vi stanno accatastati.
6. Riserbate a chi volle sempre tener chiusi gli occhi alla luce della verità.