Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il pane dell'anima (III corso)
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IL PANE DELL'ANIMA TERZO CORSO DI MASSIME SCRITTURALI ESPOSTE NELLE SPIEGAZIONI EVANGELICHE

Evangelio della domenica di Quinquagesima Dopo il ridere viene il piangere

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Evangelio della domenica di Quinquagesima

Dopo il ridere viene il piangere

  1. [94]Quando voi scorgete un matto che è riuscito <a> scappare dal manicomio e che se ne ride sgangheratamente, voi ne sentite viva compassione, perché certamente il meschinello corre <a> mala fine. Quando in questi giorni vedete una gioventù che rompe il freno della famiglia, che fugge di casa e che si affretta baldanzosa in canti ed in bagordi per le vie, voi non che approvare dovete certamente compatire con tutto l'affetto. Quei meschinelli avranno a piangere di poi, perché dopo il ridere viene subito il piangere. Il divin Salvatore, al quale toccò piangere per tutti i suoi figli e fratelli quaggiù, ci viene innanzi oggi stesso come una immagine di mestizia e dice: "Un momento ancora e poi il Figliuol dell'uomo sarà dato in mano a' suoi nemici che lo tormentino in croce, come hanno vaticinato i profeti santi". Dopo questo si fece presso ad un cieco sulla via di Gerico, il quale sclamava incessantemente: [95]"Signore, che io vegga, Signore, che io vegga!". Gesù toccollo e aprì gli occhi di lui51.

  In compier quest'atto di pietà, il cuor di Gesù parve sospirare:- 665 - "Oh, se tutti i peccatori ciechi vedessero così con l'occhio della mente! Questi che ridono nella iniquità convertirebbero l'allegrezza vana in pianto salutare". Verissimo è, o fratelli. Ce lo dice il Signore nel libro de' Proverbi: "Il riso sarà mescolato col dolore e il lutto occupa gli estremi del gaudio"52.

  2. Vo' contarvi un esempio. La storia ci ha lasciata memoria di Dionisio tiranno di Siracusa. Questo infame re cominciò per tempo a darsi in braccio a tutte le figure di godimento umano. Si sfogò per tempo in tutte le ambizioni, in tutte le crapule, in tutte le disonestà. Intanto gli compariva53 dinanzi in piena luce del il fantasma delle molte persone da lui guaste e rovinate. Fuggivasi atterrito nelle tenebre e si moltipicavano le furie a flagellarlo nei fianchi. Infuriava con tutti e imperversava con sé, ma con affanno crescente. Parvegli dover ricorrere alla spada e chiamò intorno a sé sgherri e carnefici perché ad un cenno suo mozzassero il capo [96]a questi della corte, a quelli della città o del regno. Mandò così a morte i principali del suo Stato. Si rovesciò con le sue mani addosso alla regina consorte e l'uccise, si avventò contro ai figli e li sfracellò. Sentissi a questo punto un fuoco d'abisso nelle viscere. Sembravagli che tutto il mondo marciasse contro di lui e si armò la persona di una corazza di ferro e lasciò crescere lunga e incolta la barba e si rinchiuse in un castello al quale <si> accedeva solo verso sera per mezzo di un ponte levatoio. Ma dappertutto scorgeva furie di vendetta. In una sera disperata si assise per l'ultima volta ad una mensa ben condita. Mangiò e poi crepò per mezzo. Or l'interrogate se gli giovarono assai i godimenti e le crapule sue!

  Io sono ben lungi a credere che in questi giorni, peraltroscorretti, un solo di voi voglia lasciarsi condurre ad eccessi di molto scandalo. Ma non vo' nascondervi una verità. Un diletto perché faccia bene deve venire dal Signore. Se viene dal mondo è un tossico che presto o tardi farà sentir l'effetto suo. Son dei

- 666 -veleni che operano dopo un mese o dopo un anno e intanto chi l'ha bevuto non se n'avvede e non [97]appar tristo. Altri veleni poi producono subito contorcimento di visceri.

  Nei godimenti umani talvolta il rimorso tarda un giorno o tarda un mese, o forse tarda uno o più anni a venire. Ma quanto più tarda, più è funesto. Voi non invidiate punto l'allegria dei mondani! Sembrano allegri, ma se leggeste ne' loro cuori!... Ovvero all'atto del tripudio ne godranno, ma aspettate che dieno giù i vapori del vino, che subentri La riflessione, che si facciano intendere i rimproveri della famiglia, il danno di aver offeso Dio... Aspettate e vedrete... Il meglio è rinunciare affatto ai godimenti del mondo. Sono godimenti fallaci.

  3. Ingannano per il tempo della vita. Ingannano ancor più per l'ora della morte. Figuriamoci un bevitore che abbia fatto il cammin della sua vita in consumare le sostanze della famiglia ed or che si trovi ad una vecchiaia, impotente a dare un passo ancora e con la figura di una miseria squallida intorno. Anzi figuratevi che l'assalgano d'un momento i creditori fino allora pazienti, che le guardie sien pronte per ammanettarlo, i carnefici dispostissimi [98]ad accompagnarlo sopra il palco di morte. "Infelice! -- gli griderebbero tutti -- Perché non hai saputo provvederti un letto migliore per la vecchiaia? Adesso sopporta quello che ti sei preparato con tanto strapazzo!".

  Ma sarà molto più crudo al peccatore scorgere in morte che omai ha fallato la strada, che ha consumato invano e nel peccato il tesoro de' suoi anni. Molto più si rattristerà in ricordare che dovrà lasciar tutto, come il fallito più sciagurato, e il corpo medesimo abbandonarlo preda ai vermi. E poi, chi dice per lui una parola di mediazione presso al tribunale imminente del giudice supremo Gesù Cristo? Finalmente qui si tratta di una sentenza irrevocabile. Si tratta di essere o per sempre salvo in cielo o per sempre dannato nello inferno. Ma può con buona fronte guardare al cielo chi se ne è riso in tutti gli anni della vita? Sicché io non so già che gli rimanga al moribondo fuori di un lutto di pena altissima.

  Voltaire, che si era occupato tanto per ridere e per far

- 667 -ridere nelle vanità e nelle bestemmie, finalmente quando si sentì afferrarsi dalla morte urlava come un ispiritato, si contorceva come una serpe [99]che sentesi schiacciare, né sapendo a che abbrancarsi, poneva le mani nelle sozzure e se ne empiva per disperazione la bocca. Il medico Tronchin54 che l'assisteva usciva in queste esclamazioni: "Ah come orrenda è la morte dell'empio! Uh che spavento la morte dell'empio!". Sicché ridete, se vi cuore. Ridete, ma ricordate che dopo il riso viene il pianto, che al meglio del ridere succede il peggio del piangere.

  4. Siamo tutti quanti giusti e cari al Signore, che almeno in morte ci toccherà sorte assai migliore. Ne godremo non poco ancora in vita.

  Considerate i giorni del giusto. Gli toccheranno su questa terra delle privazioni. <I giusti> devono55 mortificarsi un poco. Tocca loro sopportar qualche incomodo di caldo o di freddo, di sete o di fame, e intanto obbedire sommessamente. Ma intanto che soffrono ciò, se guardano al cielo ponno dire: "Eccola la patria mia!". Se guardano a Dio possono dire: "Io amo il Signore e spero che egli mi ami". Se ascoltano la voce del cuore, questa lor dice: "Voi siete salvi omai".

  E in morte quale conforto! Se guardano al passato, trovano di aver servito a Dio o d'averne almeno avuto un desiderio vivo [100]di piacergli. Se guardano al presente, loro non rincresce lasciar patria e parenti, perché già da un pezzo vi hanno distaccato il cuore. Se poi guardano all'avvenire, beati sono in scorgere il paradiso che li attende e nel mezzo del cielo è Iddio e gli angeli e i santi suoi.

  Fatene ora il confronto, o fratelli diletti. Vi par meglio ridere nei godimenti tristi ovvero associarsi alla gioia pura della virtù? Già chi ha fior di senno sa che gli convenga. Che se il meglio è mortificarsi quaggiù per godere poi in paradiso,- 668 - dunque cominciate da rinunciare a quei miseri divertimenti carnevaleschi che non potete godere senza peccato e per i quali vi preparate una minaccia di tanti mali.

Riflessi

  1. Dopo il ridere viene il piangere.

  2. A chi ride nel peccato gli tocca piangere in vita.

  3. Gli tocca poi disperarsi in morte.

  4. Molto meglio è con i giusti rinunciare ai godimenti tristi.





p. 664
51 Cfr. Lc 18, 31-43.



p. 665
52 Pr 14, 13.



53 Nell'originale: le compariva.



p. 667
54 Nell'originale: Franchina. Si tratta del celebre medico ginevrino Théodore Tronchin (1709-1781).



55 Nell'originale: Dobbiamo.



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