Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il pane dell'anima (III corso)
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IL PANE DELL'ANIMA TERZO CORSO DI MASSIME SCRITTURALI ESPOSTE NELLE SPIEGAZIONI EVANGELICHE

Evangelio della domenica fra l'ottava dell'Ascensione Fuori il timore!

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Evangelio della domenica fra l'ottava

dell'Ascensione

Fuori il timore!

  1. [176]Molti ha dei cristiani di oggidì i quali guardano all'orizzonte religioso della società. Vedono nuvoloni addensarsi, vapori di fulmine che si condensano, gelo di tempeste che minacciano. Intanto si racchiudono come lumaca nel guscio e gemono: "Poveri di noi! Misera la società della Chiesa!". Ma che temete? Fuori il timore! Non lo predisse già Gesù Cristo che tutte queste cose sciagurate sarebbero avvenute nella Chiesa sua? Ascoltatene in proposito il discorso evangelico.

  "Gesù disse a' suoi discepoli: Quando sarà venuto il Consolatore che io vi manderò dal Padre, Spirito di verità che procede dal Padre, egli renderà testimonianza per me, e voi ancora renderete testimonianza perché siete meco fin da principio. Ho detto a voi queste cose affinché non siate

- 711 -scandalezzati. Vi caccieranno dalle sinagoghe, anzi verrà tempo che chi vi ucciderà si crederà di rendere onore a [177]Dio. Vi tratteranno così perché non hanno conosciuto né il Padre né me, e io vi ho detto queste cose finché, venuto quel tempo, vi ricordiate che io ve l'ho dette"86.

  Che i fedeli seguaci del divin Salvatore abbiano ad essere perseguitati, non è cosa fuori dell'ordinario. Anzi la Chiesa è figurata in una nave che in mezzo alle onde si incammina con la bonaccia e poi che prosegue più alacre in mezzo alle burrasche. È un'aia che vuole il vento per essere depurata tuttodì. È una milizia nella quale conviene trovarsi in ogni giorno pronti all'armi. Ci troviamo in casa propria, fuori il timore! Dice il Signore a bocca dello apostolo san Luca: "Temete colui che dopo aver ucciso ha il potere di mandare nel fuoco; così, vi dico io, temete costui"87. Fuori dunque il timore da parte degli uomini! Quanto a noi, temiamo unicamente il Signore. Abbiamone di cuore tremore, perché egli sì che veramente ci può dare un castigo sommo con lasciarci d'amare.

  2. Giovanni Grisostomo, vescovo di Costantinopoli, flagellava per bene i vizii dei grandi e si opponeva agli scandali della corte. L'imperatore adiratissimo si rovesciò [178]contro a Giovanni per fargli il peggior danno possibile. Lo minacciò di multe ed ei non se ne addiede. Lo castigò alla carcere e rise di contentezza. Minacciollo dell'esiglio ed ei rispose che tutto il mondo gli era patria. Nel suo cuore ripeteva Grisostomo: "Una cosa sola io temo, il peccato, perché ben so che la iniquità fa che Dio mi condanni alle fiamme infernali".

  Oh come dobbiamo temerlo il peccato! Rappresentatevi Iddio che stenda la sua destra misericorde e tenga gli uomini sospesi sopra il baratro d'inferno. Figuratevi che i leoni d'abisso già s'avventino rabbiosi per addentare la vittima, vi pare che ne avreste un orrore alto e che di cuore vi raccomandereste- 712 - allo Altissimo? O se uno audace temerario vedeste che osa rivoltarsi contro alla mano che lo tiene, per sputacchiarla, dite, potreste voi contenere ancor la pazienza?   Ad una conclusione vi attendo. Non siete dunque voi quelli che contro a Dio irrogano ingiurie vilissime, che per caso lo profanate con bestemmie, che lo amareggiate con sensualità? E poi non temete che Dio vi sprofondi? Ah, temete, temete, perché egli è l'Onnipotente!

  3. [179]Laggiù nel centro della terra è la Geenna, pozzo orrendo che dentro riceve tutte le immondezze della terra, che di sotto riceve tutti i gorghi delle sozzure infernali. È pozzo stretto, ma che vale a contener tutti i dannati ed a premerli gli uni contro agli altri vivamente. È pozzo profondo sopra al quale gravita il peso di milioni di dannati, che li schiaccia88 giù a modo di uve pigiate, senza che possano mai muovere dito di mano o di piede. Poi quella Geenna d'inferno è pozzo oscuro, pozzo orrido, pozzo chiuso ad ogni fiato di ventilazione.

  Miseri noi, i quali peniamo tanto a stare in luogo di aria pesante, ovvero che stentiamo a dimorare in luogo oscuro per un'ora dippiù, quando la luce ci invita al godimento. Che sarebbe se uno di noi dovesse venir a cadere in quello abisso di sozzure e di tenebre fitte? Pensatelo or voi se ci convenga temere la minaccia di un uomo. Temiamo le minaccie di Dio con fuggire il peccato, perché questo è che ci cagiona rovina irreparabile.

  4. Finalmente gli uomini che possono farci di male? Nulla, se Dio nol permetta. Ma Dio per se medesimo, e per giusta ragion di giustizia, ha il potere di castigare [180]con l'inferno. Figuratevi un uomo possente per virtù, che tenga sospeso per i capegli un delinquente dall'alto di una torre sovra un pozzo, come si disse, ricolmo di draghi e di serpenti. Il misero oh come tremerebbe di spavento, oh come griderebbe con alto gemito per ottener pietà.

  Ma noi siamo quel desso. Forseché Dio dura fatica a castigarci?- 713 - Anzi lo domanda a più istanze la giustizia del Signore. E questa già avrebbe eseguita la sentenza, se con più vive istanze non avesse gridato mercé la misericordia dello Altissimo. Ma noi siamo duri a qualsiasi osservazione di pericolo, inflessibili a qualsiasi peso di minaccia. Meschini noi, se a gran mercé non supplichiamo che Dio pietoso ci salvi.

  5. Francesco Borgia teneasi sempre con gli occhi della mente spalancato l'abisso d'inferno. Vi guardava entro con tremore altissimo. Cominciava a farsi livido in volto, tremante nelle membra. Tremava lui e faceva traballar la cameruccia in cui abitava. Dopo qualche tempo rientrava in sé, e come uno spaventato che è uscito per gran misericordia dall'abisso d'inferno, andava poi sclamando: "Gli uomini pensano ancora alle vanità o si sfogano ancora in [181]qualche peccato? Ah, dite che temino Iddio, che inorridiscano a vista dello inferno".

  Il venerabile servo di Dio Giovanni d'Avila supplicava dinanzi al Sacramento augusto e nella vigilia della festività del Santissimo Corpo del Signore, quando Gesù gli appare, ma in atto del divin Salvatore che flagellato già si disponeva per essere incoronato di spine. Inorridì Giovanni e domandò: "Gesù mio, che è questo che scorgono gli occhi miei?". E Gesù aggiunse: "Queste son lacerazioni che mi accagionano i peccati dei cristiani!". Il servo di Dio sentissi mancare per compassione. Ma poi raccogliendo le forze posesi <a> gridare da tutte parti e a tutti: "Fuggite il peccato, fuggitelo per sempre, perché esso ferisce a morte Gesù salvatore!".

  Fratelli miei, la iniquità della colpa detestiamola almeno come servi che abborrono la colpa per timor del castigo. Piaccia al cielo che ci induciamo ad abborrire la colpa come figli dolenti per l'ingiuria che fa a Dio padre. Dolersene come figlio amante è contrizione che già per sé e con il desiderio del sacramento salva dalla Geenna, che è il pozzo d'inferno da noi considerato fin qui.

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Riflessi

  1. [182]Fuori il timore degli uomini!

  2. Il peccato solo è da temere.

  3. La iniquità fa cadere nel pozzo d'inferno.

  4. Dio è potente in castigare.

  5. Ah, gridiamo a gran mercé, o come servi o come figli, che Dio ci scampi.





p. 711
86 Gv 15, 26-16, 4.



87 Lc 12, 5.



p. 712
88 Nell'originale: schiacciò.



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