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XIV.
Vidi lo stolto solidamente piantato e maledissi alla sua bellezza.
1. [74]Tu scorgi ancora oggidì uomini i quali col fatto dicono: "Datemi denaro e poi vi cedo tutto il resto: paradiso, anima e Dio". Intanto con ogni sorta di raggiri, di inganni e perfino di violenze manifeste attendono a fabbricarsi una casa
- 849 -d'oro. Ora stolto fu già Esaù che per un piatto di lenti<cchie> cedé a Giacobbe il diritto alla primogenitura, stolto fu quel figliuol duro che lasciatosi trasportare a gustar un po' di miele dovette poi irremissibilmente morire, stolto fu il ricco Epulone perché in un momento da una tavola ador<n>ata [75]e da una mensa ricercata passò alla mensa dello inferno, per essere egli stesso fatto pasto della rabbia dei demonii.
Ma più stolti di tutti sono i cristiani, che in piena luce di Evangelo non intendono la promessa del Signore: "Ciò che avanza datelo ai poveri; colle ricchezze fatevi degli amici nelle persone dei poveri, perché ciò che fate di bene al più meschino de' miei figli è come fatto a me"31. Invece essi vogliono succhiare come vampiri al povero fin l'ultima stilla di sangue. Ah miseri, che sarà degli stolti quando in una notte il Signore cercherà conto di ogni affetto peccaminoso alla roba? Infelicissimi, che con un pugno d'oro avrebbero potuto guadagnarsi il paradiso, conosceranno allora che pazzia somma fu aver mancato.
2. Né varrà essere stati ricchi sfondolati, a guisa di pianta che interna ben addentro le sue radici. Non furono già ricchissimi e Creso e Ciro [76]e Nabucco e Baldassarre? Ma la copia d'oro che li circondava valse come peso a farli precipitare in fondo più basso. Non scorgi che nemmeno delle loro città capitali rimane vestigia certa? Babilonia, che ancor più delle altre avanzava in splendore, è caduta anche più miseramente, mentre nemmeno trovi il posto non che di quei palagi dorati, ma nemmeno di quei giardini pensili elevati a mo' di monte. Nessun indizio rimane di quei monti fatti abbassare per riempiere valli e condurvi canali. Però quanto più spesso tu ti incontri in gente ricca che gavazza nei godimenti, tanto più di cuore devi muoverti a compassionarli.
3. Il santo Giobbe all'empio che prospera nelle sue ricchezze diè un'occhiata e ne pronunciò sciagure di maledizione. Se tu sali ad un pascolo fiorito nel quale si impinguano le pecore per il macello, invidii tu ai salti lieti del montone? E
- 850 -se entri [77]in uno stallone nel quale sieno disposti in magnifiche file i buoi ingrassati per servire alle mense, invidii forse tu l'abbondanza delle loro greppie32? Imita Giobbe, guarda loro e considera la rovina che li attende e passa innanzi gemendo.
4. La saggezza è scorgere in tempo, ossia subito che le scorgi, la vanità delle ricchezze e rinunciarvi almeno coll'affetto. Chi può dubitare che non maledica all'oro lo sciagurato che per cagion di quello si vede affondare fra i vortici di un mare in tempesta? Nessuno dubita che i dannati già nello inferno non maledicano con furore altissimo quelle dovizie per le quali ora corrucciano tanto, ma in quel luogo e in tal tempo non giova dolersi; è vantaggio sommo se tu vi pensi subito e ti regoli per non cadervi dopo la morte.
5. Considera che le ricchezze sono come quei fuochi fatui che sembrano risplendere, ma che non sono altro [78]che il marcio di una pianta sucida. Sono piante simili a quelle che crescono sulle sponde del Mar Morto, non fanno frutti di sorta. E tu vorrai lasciarti lusingare da una bellezza cosiffatta? Come quando ti si affaccia una tentazione, e tu per scacciarla pensi subito alla fralezza di quel volto quando sarà fatto preda dai vermi, così adesso ripensa subito alla sciagura altissima che è imminente sulla persona del ricco empio e prega che se ne guardi intanto che è in tempo.
1. Il ricco empio è uno stolto.
2. Ed è tanto più sciagurato quanto più possiede.
3. Perché di lui non si può prevedere che una rovina di esterminio.
4. Sicché tu devi subito guardartene.
5. E non lasciarti adescare dalla prosperità di lui, perché la sua è bellezza solo apparente.