Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
In tempo sacro...
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IN TEMPO SACRO FERVORINI PER OGNI GIORNO DELLA QUARESIMA

XXXVII. A confessare le proprie colpe non bisogna aspettare in morte

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XXXVII.

A confessare le proprie colpe non bisogna

aspettare in morte

Non dimorare nell'errore degli empi; confessati avanti la morte.

Eccl<esiastico> 1778

  1. [196]Il pigro mai è che dica: "Morrò di fame, ma non voglio levarmi da sedere". Nemmeno il peccatore che riposa nel suo peccato si trova che dica: "Piuttosto che confessarmi io morrò". Però come il pigro poco a poco si indebolisce finché muore, così il peccatore che continua a star digiuno del cibo della divina grazia alla fine cade allo inferno. Si trovano certi imputati egualmente pazzi che rei i quali, piuttosto

- 906 -che confessare i loro falli, preferiscono morire. Ti par che questo sia errore sciocchissimo? Ma è fallo egualmente pessimo quello dei [197]peccatori che a convertirsi credono basti il punto di morte.

  2. Quest'è l'errore del pellegrino, il quale dice di voler giungere alla patria e intanto che segue un cammino che è affatto opposto. Il meschinello, se non vuol certamente perire, deve rifare il viaggio già percorso e riprendere la diritta via. Così se tu fin qui hai camminato nel sentiero della iniquità credendo tuttavia di giungere in posto sicuro un , tu devi riformare quel giudizio pernicioso e scegliere miglior consiglio.

  3. Tu dici: "A confessarsi basta un'ora nell'ultima malattia". Ma chi ti assicura che in morte tu possa confessarti? Non si trova che più d'uno quotidianamente va a coricarsi la sera e si trova morto al mattino? Quanti che passano dalla conversazione, dalla mensa, dal viaggio alla morte! E se ciò accada ancora a te, come puoi tu aver tempo per confessarti?

  Ovvero [198]tu innanzi ammali, dapprima leggermente e poi più gravemente. Ma finché il male è leggiero, tu non crederai di dover morire e così resterai da incomodare sacerdoti e confessori. Quando poi il male si fa grave, chi sa dirti se avrai ancora la capacità per confessarti? Allora una febbre cocente ti assorbisce i sensi, ti sospende il poter intendere e così non è mai raro il caso che da un sopore di sonno febbrile uno passi al sonno di morte.

  4. Ovvero non ti accade veruno di questi disastri e tu in morte giungi a confessarti. Ma confessarsi vuol dire convertirsi, e tu che stando in salute non volesti applicare la mente ad un esame di coscienza accurato, tu risolverai a far ciò in morte? In quel punto potrai almeno tu staccare affatto il cuore dalla colpa mortale? L'abito vizioso è come una camicia di ferro che non si può strappare. [199]Le ree abitudini di molti anni sonosi addentrate fin nelle midolle dell'ossa. E tu in un momento credi <di> poter cambiare la pelle da etiope in una carnagione candida al pari della neve? Credilo, credilo: in morte non è il peccatore che stacchi il cuor dal peccato, è il godimento turpe che si stacca dall'uomo che più non sente.

  5. Ma pongasi che tu e ti confessi e ti converta. Ma ti rimarrà

- 907 - sempre una spossatezza somma cagionata in te dall'abito reo di tante colpe. Tu sei come un convalescente che si leva da una malattia gravissima. Quando un ammalato grave si rifà dalla sua infermità, rimane così debole di forze e così cagionevole nella salute che un venticello freddo subito basta per farlo ricadere e morire.

  In morte la tua mente è tormentata dalla vista di quello abisso di eternità che ti sovrasta. Allora i demoni usano sforzi insidiosi, e tu sei titubante. Allora il ricadere in un peccato grave di pensiero [200]e quindi dannarsi è sciagura di un momento. Or tu ben sai che l'affare della eterna salute, se si erra una volta, è errato per sempre. E tu nel dubbiograve di non poterti salvare in morte differisci ancora, nel mezzo della tua vita, la penitenza?

Riflessi

  1. Tu dici: "Pecco, ma in morte me ne confesserò".

  2. Or non sai che questo è errore pessimo?

  3. Chi ti assicura che in morte ti possa confessare?

  4. E se te ne confessi, chi ti assicura che ti confessi bene?

  5. Ovvero riesci ancor a confessarti a dovere, ma chi t'assicura che il demonio tentandoti ti faccia ricadere ancor in una colpa grave di pensiero poco prima di morire?





p. 905
78 Sir 17, 26.



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