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NEL MESE DEL FERVORE UNA MASSIMA SCRITTURALE ESPOSTA IN OGNI DÌ NELLA VITA DEL SACRO CUORE Decimo settimo giorno Il Cuore di Gesù nell'orazione all'orto |
Il Cuore di Gesù nell'orazione all'orto
Non ber<r>ò io il calice che mi diede il Padre mio?
Giov<anni> 1841
<1.> [129]Tieni dietro a Gesù che viene nell'orto ad agonizzare per i tuoi peccati e lascia, se puoi, di commoverti. In partire dal cenacolo verso al Getsemani lo spirito santissimo del Salvatore era triste, triste fino a languire in agonia mortale. - 1223 -Ma diceva Gesù a se stesso: "Non ber<r>ò io il calice che diedemi il Padre mio?".
È tradizione che entro una grotta nel Getsemani venissero a nascondersi ed a piangere dopo il loro peccato Adamo ed Eva. In questa grotta si ridusse anche il Verbo incarnato, e piegate già le ginocchia sue in atto di supplicazione, attese che sul cuore di lui si rovesciassero pure tre nembi di furiosissima tempesta. Venne la prima a incontrarlo la bufera dei peccati che si commisero da Adamo infino alle iniquità che si consumavano dagli uomini di quei dì. Che monte di scelleraggini! Poi venne il nembo dei patimenti [130]che avrebbe sofferto allora allora fino alla morte di croce. Quale abisso di agonie! Finalmente con scherno infernale Satana gli appariva per dirgli: "Tu soffri, ma quante anime discenderanno ancora nello abisso!".
A questo punto l'affanno di Gesù crebbe in agonia, il sudor di sangue gli pioveva dalla fronte sino a bagnare intorno la terra. Stando così, Gesù si confortava ancora in ripetere a se stesso: "Questo calice di amarezza me lo diede il Padre mio, non la ber<r>ò io questa tazza disgustosa?". E tu che rispondi al senso ribelle quando ripugna di prendere il calice amaro di una tribolazione che Dio ti manda?
2. Gesù Cristo, per l'immenso amore con cui sosteneva per amor tuo, paragona la sua passione qui alla bevanda semplice di un calice sebben amaro. Altrove la paragona ad una semplice lavanda di battesimo. È forse intollerabile ad un infermo che desidera guarire un sorso di bevanda noioso, ovvero una lavatura di un momento per levare quelle piaghe di lebbra schifosa?
E tu quando hai a sopportare un male qualsiasi, non cessi di dire che il tuo è [131]tormento insopportabile. Frena la fantasia e dà luogo alla ragione. Qualsiasi sciagura che ti tocchi quaggiù non è disgrazia, ma è un calice amoroso di medicina che ti si presenta.
3. Tu te ne scusi con dire: "Sopporterei se il male mi venisse da Dio, ma chi mi travaglia è il mio avversario, che è tanto meno di me e che pur tanto mi dovrebbe". Ma che di' tu mai? Chi perseguitava Gesù nell'orto non erano già le in
- 1224 -gratitudini degli uomini e tue? Eppure egli si confortava in dire: "Non berrò io il calice che mi diede il Padre mio?".
A questo mondo nessuno muove dito di mano o di piede se Dio non glielo permetta. Or statti fidente. Se l'inimico ti vuol male, è perché Dio con questo ti vuol ammonire per farti ravvedere. Tu allora pensa così: "Chi mi castiga è il Padre mio che è ne' cieli. Egli è buono e mi darà certamente aiuto per sostenere, è giusto e mi donerà senza dubbio la mercede del paradiso. Iddio è il mio Padre santo ed io gli sono stato ingrato e ribelle; bene sta che per castigo di tanti falli io sostenga il calice di una penitenza".
4. Fino dall'eternità il Padre tuo ti [132]dispose questo calice di amarezza. Lo preparò con infinito amore a ciò che tu con questo fossi salvo. E tu ancor te ne duoli? Se un ti recasse in casa un tesoro del Perù ti lamenteresti? Iddio tuo padre ti porge il più ricco tesoro di merito e tu lo ripudii? Fa senno una volta, giacché per te che hai peccato non rimane che l'una o l'altra di queste due sentenze: o inferno cioè, o penitenza.
5. Ma se in buon punto ti risolvi a compierla qui la tua penitenza, il tuo patire sarà il dolore di un momento. In un momento i martiri del Signore sono passati da questa terra al paradiso. In poco d'ora vi sono andati i pontefici, i confessori, i vergini del Signore. Tu che giudichi di te medesimo? Credi che vivrai ancora cento anni con quella tribolazione?
Ma chi t'assicura che già Dio non si muova a sollevartene? Ad ogni modo i patimenti di questa vita sono afflizioni di un momento, come è la noia dell'infermo che inghiotte la medicina di un calice amaro. Tu in questo dì, per assumere con pace le tribolazioni di una giornata, invoca l'aiuto del tuo Padre con dirgli: "Dolce Cuore del mio Gesù, fa che io ti ami [133]sempre più". Per animarti anche più vivamente attendi all'esempio che sono per narrarti.
Giuliana <Falconieri>, purissima figlia del comune padre Gesù Cristo, già già aveva assorbito fino al fondo il calice di
- 1225 -una malattia tormentosissima. Stava omai a vista del paradiso e per cagion del male non poteva farsi accompagnar lassù da Gesù nel santissimo Viatico. "Fatemelo almen vedere il mio Gesù", supplicò Giuliana. E quando se lo vide innanzi: "Deh -- continuò -- appressatelo al mio petto perché davvicino mi benedica". Fu esaudita. Allora Gesù non poté non unirsi cuore a cuore con la figlia sua. Giuliana sclamò ancora una volta: "Sono contenta, sono contenta!", e in dir così volò qual colomba casta in seno al diletto dell'anima sua.
O Gesù, siate pur buono inverso ai figli vostri. Siate sempre benedetto, o Signore e padre amante! Mandateci quante volte bramate un calice di amarezza, ma insieme [134]fateci tenere il conforto della santa rassegnazione. È un calice semplice qualsiasi grave tormento della vita. Sia fatta la volontà vostra, o Padre. Sia sempre fatta la volontà vostra.
1. Gesù Cristo stando sotto il peso di tre nembi furiosi di tentazione diceva: "Questo è un semplice calice". E tu che di' quando senti il peso di una tribolazione?
2. Pensa che la bevanda di un calice non è penitenza insopportabile.
3. Molto più che il calice ti è apprestato da Dio Padre.
4. E che ti fu disposto per tua salvezza fin dall'eternità.
5. È poi calice che si assorbe in un momento. Che dubiti tu?
6. Confortati con l'esempio di Giuliana, che in bevere <fino> al fondo del calice meritò di essere miracolosamente visitata da Gesù suo padre.