Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Da Adamo a Pio IX (II)...
Lettura del testo

DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO II

XXVII. Due poderosi eserciti che si combattono

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XXVII.

Due poderosi eserciti che si combattono

  1. [103] Nel mondo sta sempre l'armata di Dio di fronte all'armata di Satana. Sempre si combattono, ma in modo più poderoso ai battono in qualche periodo più speciale di tempo nel corso di un secolo.

- 199 -  Nella prima metà del secolo terzo il mondo scorse due eserciti agguerriti, quello di Satana e quello del Signore, in fiero combattimento.

  L'evangelista san Giovanni101 aveva predetto che in epoca non guari lontana un nome misterioso, che segnava la cifra 666, sarebbe insorto per attentare nel mondo il ristoramento del paganesimo. Questo nome è segnato dalla voce apostata che in greco designa la cifra 666. Quel cognome fu dato in aggiunto a Giuliano dopo la sua apostasia.

  2. Giuliano studiava in Atene con Gregorio e Basilio, che furono poi vescovi e dottori massimi. Di statura mezzana, di collo grosso e con spalle ampie, Giuliano aveva gli occhi vivi ma errabondi ed irrequieti, iroso lo sguardo, grande la bocca, barba irta ed aguzza; rideva smodatamente e parlava con impertinenza. Gregorio in vederlo diceva: “Che peste cresce in costui l'impero romano! Dio voglia che io sia falso profeta!”

  Giuliano per tempo rinnegò la fede. Un Massimo pagano, astrologo dedito al commercio coi demoni, istruiva Giuliano, il quale allo apparire di certe figure sulle prime facevasi il segno di croce, ma Massimo lo redarguiva dicendo: “Quelle [104] fiamme e quegli ululati, che vedi e che ascolti nella caverna, sono segno dell'ira degli dei, perché tu non credi ancor con viva fede. Or vieni che io ti leverò il Battesimo che hai ricevuto dai cristiani”. Lo sottopose ad un bagno di sangue detto taurobolo, accompagnandovi Massimo le imprecazioni sue. Giuliano dopo quest'atto disse al maestro: “Ve ne ringrazio, io ho trovato in voi quegli che il mio cuore desiderava”. Soggiunsegli Massimo: “Sii costante e tu salirai all'impero”.

  A tanto scopo Giuliano cominciò da emettere discorsi e scritti in favor del paganesimo, e avendolo redarguito il cugino, l'imperator Costanzo, Giuliano si finse ravveduto e vestì l'abito da monaco e comparve come un santone, finché Costanzo abbisognandone lo richiamò a Milano e gli diede la spada e inviollo a suo tempo nelle Gallie. Giuliano, benché in - 200 -cuore odiasse fierissimamente il cugino, nondimeno a fior di labbra chiamavalo massimo imperatore, lume del mondo, potenza della terra, eguale ad Alessandro Magno nella gloria del potere, eguale ad Omero in quella di sapienza.

  Ma dopo qualche tempo Giuliano si fece proclamare augusto102 a Parigi e scrisse a Costanzo due lettere, in una delle quali dolevasi che, suo malgrado essendo stato elevato al grado di re, ei fu costretto <ad> accettare per difendere l'ordine nelle Gallie; in altra lettera poi provocava Costanzo con ogni sorta di ingiurie. Insieme con Giuliano stava la turba dei filosofi e scrittori pagani, i quali e con discorsi stiracchiati e con i scritti insidiosi disseminavano a larga mano il mal germe della discordia, dell'errore, della idolatria manifesta.

  3. [105] Lo stesso imperator Costanzo, che pur diceva di essere cristiano e di voler favorire la fede cristiana, egli fece alla religione quel peggior male che seppe.

  Mediocre in tutto, eppur superbissimo al punto di darsi in persona propria il titolo di sapientissimo e di eterno, Costanzo lasciavasi guidare come una pecora da una mandria di eunuchi, i quali con le adulazioni e con le insidie traevano lui a tutti i mali passi, da precipizio in precipizio. Costanzo ottenne l'impero dopo aver affogato nel sangue la maggior parte dei discendenti di Costantino.

  Unico a suggerirgli alla mente un salutare pensiero fu il capitano Vetranione di Bulgaria, che gridato cesare dai soldati e costretto poi da Costanzo all'esiglio in Bitinia, scriveva dal suo romitaggio: “Oh come fai male a non pigliare anche tu la tua parte di quella beatitudine che altrui procurasti!” Ma Costanzo non ne intese punto. Egli era smanioso delle battaglie teologiche. Intorno a sé aveva i capi degli ariani che nol lasciavano un istante. Volevano che per suo mezzo i cristiani che stavano con il pontefice e con Atanasio avessero a ricredersi o perire. Per questo non furono risparmiate arti ed insidie di calunnie, non spese di adunanze conciliari, non isforzi di minaccie e condanne di morte e di esiglio. Disponevano le - 201 -mine gli ariani Valente ed Ursacio103 ed Eudossio; l'imperatore poi quand'era il momento vi apponeva la scintilla. Allora era uno scuotimento in tutto il mondo.

  Il Signore però lasciava fare, ma non sopraffare. A petto di questa potenza diabolica suscitò una forza di virtù formidabile. Era la costanza dei fedeli [106]e in capo a tutto la intrepidezza e la sapienza dei pontefici, dei vescovi, dei dottori massimi nella Chiesa. Enumeriamo almeno i personaggi più illustri che come capitani forti dirigevano le turbe.

  4. In Cappadocia una maritata, santa Nonna, pregò: “Signore, se mi concedete un figlio io lo consacrerò al servigio vostro”. Un figlioletto d'amabile aspetto la consolò; il padre del neonato, per gratitudine a Dio, lo iniziò nella carriera ecclesiastica e fu poi vescovo. Poco stante il fanciullo Gregorio scorse in visione due vergini prudenti, la castità e la temperanza. A quelle si disposò e crebbe mirabilmente nella sapienza. Da Cappadocia passò in Atene, dove incontrò Basilio e l'ebbe carissimo. La città offeriva a Gregorio posti illustri, ma ei partì con Basilio verso a Costantinopoli, compiuti che ebbe suoi studi in Atene. E di nuovo a Costantinopoli fu pregato di accettare cattedre di onore, che poi Gregorio rinunciò presto a fine di congiungersi in solitudine di studio e di orazione con Basilio.

  In oriente ed a Gerusalemme era pure illustre san Cirillo vescovo, il quale lasciò scritte 18 catechesi, che egli recitava ai catecumeni, intorno al Simbolo e 5 intorno ai Sacramenti. Nel suo ministero ricordava l'ammonimento di san Paolo apostolo: “Badate che alcuno non vi seduca per mezzo di una filosofia inutile e ingannatrice secondo la tradizione degli uomini, secondo i principii del mondo e non secondo Cristo104. Pone in guardia contro a certi che vengono in figura d'angeli celesti e sono spiriti tenebrosi. In ispiegare l'articolo della passione e della morte del Salvatore, Cirillo adduce quelle testimonianze di Zaccaria e di Amos che dicono: “In quel giorno non sarà - 202 -luce ma freddo e gelo... e [107] vi sarà un giorno conosciuto dal Signore... non sarà né giornonotte e sulla sera sarà la luce105... In quel giorno, dice il Signore, il sole tramonterà a mezzo il 106.

  In Alessandria dirigeva gli studi della università il celebre Didimo. Perdette la vista a 5 anni ed egli, desioso del sapere, si fece scolpire sopra tavoletta di legno le lettere d'alfabeto e tastando poi con il pollice apprese a leggere in qualsiasi scrittura di teologo cristiano o di filosofo pagano. Così si ammaestrò perfettamente in tutte le scienze. Facevasi condurre per ascoltare ogni sapiente che giungeva in Alessandria. Ma i dotti e gli scienziati venivano per ascoltare lui e per edificarsi nello specchio delle sue virtù. Venne lo stesso sant'Antonio che gli disse: “Non vi duole essere cieco?” E Didimo a lui: “Meglio è vedere con gli occhi della mente che con quelli del corpo”. Ebbe discepoli illustri. Cesario era pure ammaestrato in tutte le scienze che si conoscevano di quei .

  Nelle Gallie, Ilario, ancor pagano, studiava nei classici latini e intanto pensava che all'uomo è serbata altrove miglior felicità che non si goda quaggiù o dall'uomo o dalla bestia. Nella fede cristiana trovò il contento del proprio cuore, e si rese poi vescovo di Poitiers107 e dottore illustre. Ebbe a discepolo san Martino, che catecumeno ancora e soldato, donava ad un povero metà della sua veste e si preservava dai vizii proprii dello stato militare. Era intrepido nel valore e sfidava di portarsi al luogo dei primi pericoli. San Martino divenne insigne come sant'Ilario, che per tanto abborrimento alla bestemmia nemmen rendeva il saluto agli eretici. Con il suo esempio aveva tratto alla fede intiera la famiglia propria.

  In Africa fioriva pure sant'Ottato di Milevi e Agostino, che nacque in Tagaste nel 354, quando [108] Ambrogio contava anni 14 e studiava in Roma. Con il suo Ambrogio era venuta la madre dalle Gallie dopo la morte del consorte, conducendo - 203 -i figli Satiro e Marcellina. Questa baciava la destra ai vescovi e Ambrogio scherzando dicevale: “Bacia la mano a me pure, perché io stesso sarò vescovo”.

  In Antiochia cresceva Giovanni Grisostomo. Nella Mesopotamia san Giacomo di Nisibi ed Efrem, che combatteva l'eresia non solo colla eloquenza e con la dialettica, ma anche con la poesia e con la musica. Al settentrion di Mesopotamia medesima, san Nersete108 i il Grande fu di real famiglia, lasciò le armi e si rese patriarca in Cesarea dedicando templi ed edificando monasteri ed ospedali in copia. Sant'Ilarione pellegrinava nei deserti di Siria, di Egitto, di Palestina e commoveva tutti, e in ispecie i solitari, collo esempio della sua vita, con la virtù de' suoi miracoli.

  In occidente altresì il vescovo di Vercelli sant'Eusebio congiunse la vita monastica con il ministero di predicazione in cura delle anime ed ebbe discepoli illustri. San Lucifero vescovo di Cagliari mostrava petto di bronzo e scriveva con franchezza come sant'Ilario contro allo imperatore.

  Il pontefice Liberio era carissimo ai fedeli di Roma ed in venerazione appo i fedeli dell'universo per le tante sue virtù e per gravi patimenti sofferti.

  In oriente poi e nell'occidente, venerando ai buoni e terribile ai tristi tornava il nome del vescovo d'Alessandria Atanasio.

  5. Il segno del combattimento fu inteso. In Gerusalemme addì 7 maggio, ad ore 9 antimeridiane comparve sul Golgota una grandissima croce, formata di densa luce che stendeasi fino al monte Oliveto. Mostrossi assai distintamente a tutta la [109] città e durò per lo spazio di alcune ore. Tutti quanti cristiani e pagani trassero alla chiesa adorando la croce di Gesù Salvatore. Di questo avvenimento la Chiesa greca ne fa in ogni anno divota commemorazione.

  Nella Persia il re Sapore muoveva cruda persecuzione ai cristiani. Induceva i fedeli ad accusare i loro pastori e questi i fedeli alle loro cure commessi. Un pastor mercenario manifestò - 204 -cinque vergini. Queste sentendosi poi scricchiolar le ossa sotto ai tormenti gli gridavano: “Così tu da pastore mutato in lupo scanni le tue pecorelle? Sarà misera la tua fine”. Le cinque vergini colsero la palma del martirio; il traditore in quella notte stessa fu strangolato per derubargli il prezzo del tradimento. Il vescovo di Susa san Milles si portava ad incoraggiare tutti i fedeli al martirio. Operava prodigi inauditi e commoveva i pagani stessi; spesso gli idolatri venivano in buon numero sclamando: “Anche noi vogliamo essere cristiani”.

  La vergine Tarba rispondeva al carnefice tentatore: “Oh, il più sfacciato degli uomini! E fino a quando durerai in questo reo pensamento? Più cara della vita mi è la morte sostenuta con valore, siccome più grave della morte mi sarebbe la vita che fosse prezzo o mercede dell'empietà”.

  San Simeone sclamava al re Sapore: “I tuoi dei del fuoco o dell'acqua sono senza ragione... Or quanto a te, se versi il sangue innocente dei cristiani, ti accorgerai quando i tuoi demeriti saranno giudicati avanti tutto il mondo”. Sapore rivolto a' suoi disse di Simeone: “La meravigliosa dignità di quel volto e l'augusta maestà di tutta quella persona non vi atterrisce?...”.

  San Iacopo di Nisibi nel 350 finì con atterrar il superbo. Sapore venne a quella città di confine romano, vi lavorò intorno di assedio, di assalto, [110] di insidie, ma sempre invano. Finalmente adunò il fiume e lasciollo scorrere nella città con tanto impeto che le mura furono in parte atterrate e gli abitanti si videro in mezzo alle onde. Sapore si sforzava per entrare dalle breccie aperte, ma i cavalli, i cam<m>elli, gli elefanti affondavano nella melma e un corpo di prodi stavano come una muraglia a difender le mura aperte. San Iacopo che stava in preghiera incessante disse: “Mandate, o Signore, non altro che nugoli di insetti a quegli iniqui, e provate che voi siete l'Onnipotente”. Sapore d'un tratto si vide ondeggiare in un mar tempestoso di moscherini e si diè a rapida fuga. L'orgoglioso fu così umiliato.

  Il combattimento si faceva peraltro vivo in oriente ed in occidente dello impero romano.

  6. In Alessandria Atanasio rivolto al popol suo diceva: - 205 -Preghiamo per la salute del piissimo imperator Costanzo”. E tutto il popolo rispondeva: “O Gesù salvatore, porgi il tuo aiuto a Costanzo”. Ma l'imperatore era illuso e illusore. I tristi gli riferivano aver Atanasio parlato male di lui. Infuriò l'imperatore e sclamò: “Atanasio non poté essere condannato da verun concilio in oriente; ebbene lo sarà certamente da un concilio in occidente”.

  Tosto intimò adunanza a Milano. Questa città era in festa per un avvenimento di cui avrebbe dovuto mostrarsene indegnata. Gallo, cugino di Costanzo e cesare in oriente, aveva109 commesse crudeltà sanguinarie in Antiocchia. Or Gallo fu invitato sotto colore di eccitare l'imperatore110 e pervenuto ad Istria fu vilmente ucciso. Gli istrioni eunucchi ammazzarono parecchi cavalli per essere più solleciti a recarne la nuova [111] a Milano e muover Costanzo ad una festa maggiore che se avessero recato novella d'aver soggiogato l'inconciliabile nemico di Persia. Costanzo elevandosi allora in superbia si disse il signor del mondo. Proclamò che giammai morrebbe.

  Intanto pretese <di> sedere in concilio per negare l'attributo di eternità a Gesù Cristo, vero Figlio di Dio. Pretese <di> imporre al pontefice Liberio <di> respingere dal seno della Chiesa Atanasio.

  7. Allora fu un grido di dolore in tutta la Chiesa. Ottanta vescovi dell'Egitto scrissero con sensi di viva riprovazione. Eusebio di Vercelli e Lucifero di Cagliari si abbracciarono al tribulato pontefice per confortarlo. L'imperatore aveva minacciato l'esiglio a tutti quei vescovi che non si fossero presentati al concilio in Milano. Eusebio, mal prevedendo, pareva non indursi a prenderne parte, ma poi posto il piè entro gridò: “Anzitutto firmino tutti i presenti la dottrina del Concilio niceno”.

  Infuriarono gli ariani e mossero un tumulto che eccitò alle grida lo stesso popolo, il quale desolato gridava: “Ci rubano la fede!” Costanzo convocò il concilio nelle sale del palazzo ed - 206 -ivi levossi a dire: “Se Costanzo non sostenesse il vero, Dio non l'avrebbe fatto padron del mondo”. Soggiunse san Lucifero: “Un solo è il padron del mondo, Gesù vero Figlio di Dio... voi siete l'Anticristo”.

  Continuò Costanzo: “Chi osa insultare alla maestà di Augusto? Io sono l'imperatore; soscrivete almeno per riguardo mio”. Risposero i cristiani: “Primo è Dio e poi l'imperatore”. Aggiunse questi: “Detteremo una lettera e la consegneremo a giudicar dal popolo”. La stese Costanzo in senso ariano, ma il popolo la stracciò in minuti pezzi.

  [112] Per ultimo Costanzo gridò: “Io comando, voglio e posso”. Gli gridarono allora: “Temerario, non temi l'ira di colui che solo tutto può?” L'imperatore sguainò la spada e minacciò <di> uccidere i vescovi contrari, ma si contentò di mandarli allo esiglio. Vennero Eusebio a Scitopoli di Palestina, Lucifero in Siria; san Dionigi, vescovo di Milano, fu mandato in Cappadocia dove morì, e altri furono in altre regioni lontane condannati. Gli intrepidi nel cammino ebbero molto a soffrire, ma ebbero pur conforto dai cristiani che incontrandoli salutavanli confessori della fede. Il pontefice Liberio mandava sue lettere di condoglianza, nelle quali manifestava che in cuor suo sentiva tutti i patimenti dei confessori perseguitati.

  Costanzo mandò altresì a Roma l'eunuco Eusebio con incarico di guadagnare il pontefice con le lusinghe, con i donativi o con la violenza. Ma nessun'arte valse punto. Rispose Liberio: “Se io condanno Atanasio, chi ancora riceverebbe me? Può il pontefice condannare uno innocente?” E rifiutò i doni dello imperatore. Quando s'avvide che Eusebio li riportò al tempio di san Pietro, Liberio si affrettò a levarli come profani dal santuario. Costanzo fece tumulto nella città, ne avvennero uccisioni non poche, il pontefice di notte fu rapito e condannato allo esiglio. Il cuor di Liberio sanguinava per questi patimenti e per ciò che ne seguì. Vincenzo, sacerdote che in qualità di legato aveva mandato al concilio, soscrisse vilmente ad una formola ariana. Osio che per tanto tempo aveva sostenuto patimenti per la fede e contava omai cento anni ed era venerato in tutta la Chiesa, Osio, imprigionato e presso a ricevere - 207 -una palma di gloria, anch'egli venne meno. Quanto dolore nella Chiesa di Gesù Cristo! Tutto il mondo dei cristiani era in duolo.

  [113] I messi dello imperatore vennero anche ad Alessandria d'Egitto e, non essendo riusciti ad allontanare Atanasio colle insidie, l'allontanarono di notte111 mentre pregava con molti fedeli nella chiesa. Il buon pastore attese a porre in salvo tutti i suoi ed egli si nascose nei dintorni di Alessandria e venne poi in visita ai monaci di Egitto e della Siria, i quali incontraronlo con festa e processionalmente. Riverivanlo come un santo. Atanasio scorse il costume di quelli e vide che erano cristiani congiunti in un modo di vivere onesto bensì, ma sol discretamente fervoroso.

  In Alessandria continuavano i tumulti e le rovine, finché a luogo di Atanasio fu insediato un Giorgio, trafficante di salnitro e di cataletti da morto, intento più a far tesoro di denaro che di anime. Il popolo ne concepiva compatimento pei ministri cattivi, non intendeva le sottigliezze dell'eresia ariana, credeva in buona fede e nella moltitudine conservava la massima cristiana. I vescovi nello esiglio scrivendo ravviva<va>no pure lo spirito di fede.

  Costanzo, smanioso delle dispute teologiche, adunò altri concilii a Nicomedia e poi a Nicea112, che non poté terminare a motivo di terribili sciagure di tremuoti, di incendi, di rovine. Finalmente un'adunanza raccolse a Seleucia ed altra a Rimini.

  Nel concilio di Seleucia erano 19 eretici anomei, 105 che soscrissero la formolasimile in sostanza” il Figlio di Dio al Padre eterno. Questi s'avevano per cristiani, perché discordavano nella dottrina non tanto per differenza di senso che per variazion di vocabolo. Di Egitto furono 36 vescovi che dissero - 208 -Gesù Cristo consostanziale al Padre. Erano dunque 141 di senso cristiano contro 19 di errore ariano.

  E nel concilio di Rimini erano 80 ariani a confronto di 400 cristiani. Ma non era violenza [114] che i tristi non usassero. In questo senso disse san Girolamo gli ariani gridar tanto forte che omai tutto il mondo pareva esser divenuto ariano.

  8. In Antiochia, morto Eudossio113, fu eletto Melezio, al quale Costanzo impose che nel discorso d'ingresso svolgesse il testo dei Proverbi: “Il Signore mi ha creato come principio delle sue vie...”114, che gli ariani torcevano in senso a loro favorevole. Credeva Costanzo che Melezio avrebbe accarezzato la novella dottrina, ma ei si pronunciò deciso in senso cristiano. L'imperatore mandollo in esiglio e gli fece succedere Euzoio, ariano. Nel cammino all'esiglio san Melezio copriva col mantello il suo persecutore per salvarlo dalle sassate del popolo. Quando poi fu richiesto e minacciato nella destra, se non restituiva le carte della investitura d'Antiochia, Melezio presentò ambo le mani e disse: “Tagliatele pure, ché da me non avrete mai ciò che iniquamente ricercate115.

  Altri vescovi mostravano franchezza eguale. San Lucifero scriveva a Costanzo: “Dio a voi ha dato l'impero, a noi poi la Chiesa”. E sant'Ilario, dopo aver pazientato d'assai, scriveva: “E' tempo di parlare, poiché quel di tacere è passato. Attendasi come già prossimo Cristo, poiché regna l'Anticristo... Poniamo le anime per le pecore, poiché i lupi sono entrati e il furioso leone va in giro. Andiamo al martirio con quelle parole: L'angelo di Satana si è trasformato in angelo di luce... Sopportiamo coraggiosamente una tribolazione che mai non ebbe l'eguale dall'origine del mondo a questa parte, e confortiamoci - 209 -che il termine ne fia raccorciato mercé gli eletti di Dio... Moriamo con Cristo per regnare con Cristo... Io denunzio pertanto a te, o Costanzo, quel che avrei detto a Nerone, quello che da me avrebbero udito e Decio e Massimiano116. Tu fai la guerra a Dio, tu incrudelisci contro la Chiesa, tu perseguiti i santi, [115] tu odii i predicatori di Cristo... tu ti fai tiranno non già nelle cose umane ma nelle divine... Ti spacci cristiano e sei un nuovo nemico di Cristo; precursore dell'Anticristo, tu compi il mistero suo d'iniquità; fabbrichi molte confessioni di fede e vivi contro la fede... Tu odii, ma non vuoi che altri ne sospetti; tu menti senza che altri se ne avvegga; tu accarezzi senza amore; tu fai tutto quello che vuoi senza farti scorgere...”.

  Costanzo si vide scoperto in faccia a tutto il mondo. I buoni che ne videro tante sozzure impararono a non temerlo. L'imperatore in quella che si moveva iroso per vendicare i diritti e l'onore proprio contro Giuliano, che tutto gli usurpava, morì il giorno 3 novembre 361. I cristiani confortaronsi con dire: “Il conflitto fu lungo e penoso, ma la vittoria è nostra”.

Riflessi

1. San Giovanni evangelista prenunzia di Giuliano Apostata.

2. Giuliano a scuola del mago Massimo.

3. Costanzo smanioso delle battaglie teologiche.

4. Nello esercito dei buoni sono i capitani santi Gregorio e Basilio e Cirillo. Sono il celebre Didimo in Alessandria e in Africa sant'Agostino; sant'Ilario, san Martino, sant'Ambrogio, san Giovan Grisostomo, sant'Eusebio, san Liberio117 pontefice sommo, e san Nersete118 i e più altri.

5. Persecuzioni in Persia e costanza dei martiri in genere e di san Simeone e san Iacopo in ispecie.

6. Pazzie maniache di Costanzo.

- 210 -7. Battaglie nei concilii sospetti od eretici di Costanzo.

8. Costanzo è discoperto innanzi al mondo cristiano.





p. 199
101 Cfr. Ap 13, 18.



p. 200
102 Originale: cesare; cfr. Rohrbacher III, p. 821.



p. 201
103 Originale: Ursaccio; cfr. Rohrbacher III, p. 734.



104 Col 2, 8s.



p. 202
105 Zc 14, 6.



106 Am 8, 9.



107 Originale: Poiliers; cfr. Rohrbacher III, p. 771.



p. 203
108 Originale: Narsete; cfr. Rohrbacher III, p. 776.



p. 205
109 Originale: avevano.



110 Probabilmente: invitato sotto l'apparenza di salutare l'imperatore.



p. 207
111 Originale: non essendo riuscito ad allontanare Atanasio colle insidie, l'allontanò di notte.



112 Più chiaramente in Rohrbacher III, p. 792: «Costanzo volle di più far pronunziare la loro condanna da un concilio universale; e prima pose gli occhi su Nicea, ma nel distolsero, ché la memoria del gran concilio facea paura agli ariani d'ogni maniera. Elesse dunque Nicomedia».



p. 208
113 Diversamente in ROHRBACHER III, p. 816: «I vescovi prima d'ogn'altra cosa dimandarono che la Chiesa di Antiochia fosse provveduta d'un pastore [... poiché] sant'Eustazio era morto, Eudossio acea lasciato Antiochia per Costantinopoli».



114 Pr 8, 22.



115 In ROHRBACHER III, p. 817, l’episodio qui riassunto (Quando poi fu richiesto [...] iniquamente ricercate») è riferito a sant'Eusebio di Samosata invece che a Melezio.



p. 209
116 Originale: Massimino; cfr. Rohrbacher III, p. 806.



117 Originale: Siberio; cfr. Rohrbacher III, p. 735.



118 Originale: Manete; cfr. nota 108.



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