Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Da Adamo a Pio IX (II)...
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DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO II

XXIX. Nel mondo

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XXIX.

Nel mondo

  1. [124] Percorriamo il mondo con il pensiero volto alla seconda metà del terzo secolo della Chiesa. Un filosofo meschino, Giuliano, è morto. Gioviano gli è succeduto, ma con altra filosofia. Personaggio di lettere, cavaliere d'animo128, cittadino cortese e affabile, uomo giusto ed onesto, rientra per ristorare i danni del superbo Giuliano. Questi lasciò avvolto in un turbine di tempesta e fra nugoli di schiere nemiche il potente esercito romano. Non valevano a sciogliersene. Gioviano pone cinquecento di loro, alemanni prodi, a guadare l'Eufrate e toccano la riva apposta applaudendo allo imperatore. Il quale aduna otri, ricompone legni e si prova ad estendere un ponte per il resto delle truppe, ma con poco vantaggio. Intanto la fame sollecita, il nemico preme alle spalle; Gioviano sclama: “Pèra un brandello del manto reale e sia salva la gente dei romani!” Di subito viene a patti con Sapore e riparte.

  2. Venuto presso al cadavere di Giuliano, Gioviano si rivolse ad un capitano dell'esercito e disse: “Il corpo dello infelice imperatore si conduca a Cilicia per essere seppellito in Tarso, come ei disse”. Gioviano seguì il suo cammino e il corteo funebre si avviò alla volta di Tarso. Accompagnavano - 218 -giullari e commedianti, i quali in mezzo ai canti lugubri ed ai piagnistei rappresentavano in modo buffonesco la vita e la morte di Giuliano contraf<f>acendone la voce, i gesti, il portamento. Ne scim<m>iottavano i suoi difetti e volgevano in deriso [125]la sua spedizione, la sua rotta e la sua medesima apostasia. Fu poi allogato in sepolcro proprio, ma un terremoto dicesi che ne scotesse il monumento e che fuori e lungi ne balzasse il cadavere.

  San Gregorio, che gli fu compagno alla scuola di Atene, tessé due discorsi per piangere le brutture di Giuliano e per detestare l'empietà de' suoi sforzi. Provò che fu stolto in credere di poter estinguere il Cristianesimo, che fu ingiusto in perseguitare i cristiani, che fu strano nel seguire le pratiche della idolatria.

  3. Intanto il novello imperatore dettava la lettera seguente: “Al religiosissimo amico di Dio Atanasio, Gioviano. Pieni di ammirazione per la tua santissima vita, per la tua somiglianza con Dio e pel tuo amore verso Cristo nostro salvatore, noi ti prendiamo, onorandissimo vescovo, sotto la nostra protezione... Ritorna dunque alle Chiese sante, pasci il popol di Dio, e il pastore in capo al suo gregge preghi poi per la nostra persona, certi come siamo che Dio verserà su di noi e sugli altri cristiani le grazie più singolari, se tu ci concedi l'aiuto delle tue orazioni”. Dopo ciò strappò dal labaro l'idolo di Giuliano e vi riappose il monogramma del Cristo.

  I pagani guardavano con timor alto, ma Gioviano disse: “Ritornate voi stessi alla verità; venite, io vi chiamo, ma vi aspetto come figli convinti, non come servi debellati. Venite, io non vi nocerò punto”.

  Agli ariani doleva che Atanasio fosse richiamato. Gli eunuchi di corte dolendosene movevano questi lai: “Atanasio non fu già condannato e bandito?... E non ti preme della pace dello impero?... Credilo: Atanasio altro dice con le parole ed altro rumina in cuor suo... Il superbo osa chiamar noi eretici”. Rispondeva Gioviano: “Atanasio [126]fu vittima innocente... L'impero per lui avrà il bene della verità... Atanasio è giusto... Se vi chiama eretici, compie il dover suo”. In dire castigò severamente quegli eunuchi che si erano radunati129 - 219 -a replicare. Ma questi (o malizia, quanto sei detestabile!) colsero Gioviano in ag<g>uato e lo avvelenarono.

  4. I soldati proclamarono imperatore certo Valentiniano, al quale per mezzo del capitano Dagalaifo130 dissero: “Eleggiti nel governo un compagno. Se ami la tua famiglia, tu hai un fratello; se ami lo Stato, eleggi il più degno”. Rispose Valentiniano: “Voi potevate non nominarmi allo impero, ma or che mi avete impostograve peso, io sceglierò un compagno, o non, o quale meglio mi aggrada”. Pensò dunque Valentiniano di eleggersi a compagno il fratello Valente e di affidargli in governo l'oriente, ritenendo per sé intiero l'occidente.

  Valentiniano ebbe suoi vizii e sue virtù. Mostrò ossequio alla Chiesa. Diceva: “A me che sono nella schiera dei laici non è lecito mescolarmi e cercar troppo ansiosamente sulle cose di fede. E però i vescovi, ai quali ciò si appartiene, si radunino pure dove loro pare e piace”.

  Aiutò poi perché Aussenzio, vescovo ariano in Milano, fosse esigliato. Ordinò altresì leggi in favore della fede e del costume. Pose freno alle lotte dei gladiatori. I commedianti che se ne fossero pentiti esortò di ammetterli ai santi Sacramenti anche fuori il pericolo di morte. Volle che gli studii fossero regolati con disciplina e desiderò che i cristiani vi apprendessero o vi insegnassero.

  In Roma il solio pontificio cresceva con qualche splendore; cherici e monaci erano proclivi a farsi donare in testamento <le eredità>131 delle vedove. Valentiniano [127] descrisse un regolamento sopra ciò e proclamò potere la Chiesa ricevere eredità.

  Quattordici medici assegnò ai quattordici rioni di Roma, perché ne curassero i poveri senza pretenderne pagamento, e gli ebrei, che dai più erano malevisi, curò che non venissero senza ragione molestati.

  5. Ma contrariamente alle leggi della Chiesa, benché non contrariamente al codice civile, ripudiò Severa, sua moglie, ed - 220 -esercitò con soverchio rigore la giustizia. Un uomo creduto adultero lo torturò tanto finché per sottrarsi al tormento confessò, ma la donna fu costante a protestar l'innocenza propria, e questa tre volte fu esposta al taglio della testa. La donna prodigiosamente fu salva e il popolo gridò che le fosse fatta grazia; Valentiniano la volle morta. Per false imputazioni condannò pure un Diodoro con tre ufficiali che furono deposti in luogo chiamato di poi il sepolcro degli innocenti. In casi consimili i prudenti sclamavano all'imperatore: “Ferma, o principe, ascolta la benignità tua naturale e pensa che i cristiani venerano poi come martiri quelli che come rei tu danni a morte”.

  6. In oriente con editto di persecuzione reggeva il fratello di Valentiniano, di nome Valente. Questi volle accostarsi ai confini di Persia per accertarsi che Sapore non gli avrebbe mossa guerra, e intanto udì che i goti invadevano a Costantinopoli e che Procopio, parente di Giuliano, proclamavasi imperatore. Temé Valente, ma accorrendo sollecito rassicurò il trono.

  Valente favoreggiava affatto gli ariani. Venuto a Tomi di Scizia132, il vescovo col popolo l'incontrò alla porta del tempio, ma quando sentissi dallo imperatore invitare a comunicar con gli ariani, il prelato lasciò quella chiesa e venne in altra e il popolo fedelmente gli tenne dietro lasciando [128] solo Valente. Questi esulò il vescovo, ma reclamando forte gli alemanni, permise <che> ritornasse.

  7. In oriente, mentre la fede era perseguitata dagli ariani, sorgevano intrepidi a difenderla dottori e maestri cattolici. San Basilio monaco fu indotto ad accettare la sede di Cesarea. Pervenuto a questa, si fece amico ai poveri, agli appestati, <agli> affamati, che serviva con le sue mani. Intanto che si occupavapietosamente, vedesi morire la madre, santa Emmelia133, e la sorella, santa Macrina. Basilio professavasi amico intimo di sant'Atanasio e dei confidenti di lui.

- 221 -  In Nicea nel 368 venne sì orrendo terremoto, dal quale appena fu salvo con pochi Cesario, questore e fratello a san Gregorio di Nazianzo. Gregorio se ne valse per richiamare alla Chiesa il fratello e intanto aiutò santa Gorgonia, la propria sorella, nel transito suo.

  Gli orientali conservarono lo spirito cavilloso dei greci. San Melezio stesso discordava in parte da san Paolino di Antiochia. Basilio era contraddetto dal fratello suo in qualche punto di insegnamento e di pratica.

  Basilio temeva per la Chiesa d'oriente e ammirava la costanza e l'unità degli occidentali. Però scrisse a capo di 32 vescovi134 perché i prelati in occidente lasciassero per un momento le loro greggi e non curassero dispendio e non temessero incomodo, ma accorressero generosi per assicurare con la loro dottrina e con la loro autorità la fede pericolante in quella parte di mondo.

  Valente, mal sopportando Basilio, entrò in Cesarea e minacciollo dell'esiglio, della prigionia, della morte, ma se ne rideva il santo vescovo. Tre volte l'imperatore impugnò la penna per iscrivere il decreto d'esiglio, ma tre volte la penna si rifiutò a quell'ufficio. Volendosi provare per la quarta volta n'ebbe il braccio inaridito. Il figlio [129] dello imperatore pericolava nella salute. Valente chiamò Basilio che lo guarì a condizione però che il giovinetto venisse istruito nella cattolica fede... Valente venne meno alla promessa, e allora il figlio perì d'un tratto. Valente voleva sfogarsi sopra Basilio, ma il popolo levossi in tumulto e minacciò di uccidere l'imperatore.

  Le plebi sorgevano in difesa e sclamavano: “Morremo martiri, ma non cederemo alle giuste nostre ragioni... Forseché all'imperatore fu dato il sacerdozio?...”. Dicevasi che san Giuliano aveva comunicato con gli ariani ed egli sorse sclamando: “Son cristiano e Dio mi aiuta a confermare con i miracoli la - 222 -mia fede”. Guariva san Giuliano gli infermi che gli venivano presentati. Sant'Afraate operava egualmente prodigi e, lasciato il deserto, scorreva gridando: “Salvate l'ovile di Gesù Cristo dai lupi che l'invadono”.

  Valente, che aveva condannato a morte i sacerdoti, mutò la sentenza capitale in quella d'esiglio. I perseguitati illustri movevano a quella volta con intrepidezza e con speranza. I fedeli accompagnavanli in trionfo. Talvolta i vescovi per impedire pianti troppo vivi lasciavan di notte la sede e si affrettavano, ma i popoli accorgendosene si affrettavano per raggiungerli e baciar loro la destra e implorare una benedizione ancora e pregarli a ricevere un soccorso. Valente rodeasene in cuore.

  In patria fu lasciato Basilio, sfinito, con sola pelle ed ossa. Sopra di lui premeva il carico delle Chiese in oriente. Ammalò e corse voce che era morto omai, e vennero per seppellirlo. Ma trovarono che Basilio scriveva lettere di conforto tuttavia e che ordinava vescovi. A Sasimi destinò il compagno carissimo san Gregorio di Nazianzo, il quale si [130] dolse dolcemente dicendo: “Mi chiamasti per l'eremo ed or mi richiami al mondo? E tu eleggi me, sì povero di virtù, per Sasimi che tanto richiede di zelo e di pazienza?...”.

  Alcuni, fra' quali Eustazio di Sebaste, variavano nella fede. Basilio adunava sinodi e ne era illuso. Un Glicerio, monaco, adunava truppe di vergini che rapiva imprudentemente alle case. Basilio richiamollo al dovere, ma n'ebbe vessazioni. Mormoravano contro di lui, ché eccitava con troppo ardore alla verginità, alla salmodia, alla solitudine. Venuto in Neocesarea, i cittadini gli furono incontro con tumulto minaccioso.

  Dagli ecclesiastici richiedeva il buon esempio. Paregorio sacerdote, benché settuagenario e di specchiata virtù, pure per buona regola di prudenza fu costretto a licenziare dal suo servizio una vergine, benché casta. I sacerdoti ne erano riconoscenti; spesse volte e vescovi e sacerdoti morendo non si acquietavano finché Basilio non l'avesse promesso di provvedere degnamente alle sedi che avrebbero lasciate vacanti.

  8. Apollinare invece per molti anni e in modo segreto diffondeva errori contro alla incarnazion del Verbo. Basilio chetamente e senza nominar l'eretico ne confutò gli errori. In - 223 -predicare tendeva a proclamar la divinità del Verbo, ma progrediva lentamente allo scopo di non suscitar pericolose trattazioni. Atanasio che gli era amico intimo approvava questo modo prudente di agire, ma più altri troppo amanti della quiete biasimavano con forza.

  Vivendo Basilio, morì Atanasio addì due maggio 373; fu vescovo per 46 anni e fu tal personaggio da meritarsi ogni encomio. Avanti spirare elesse a successore Pietro, al quale tutti applaudirono, ma non Valente e gli ariani che cacciaronlo [131]per sostituirvi Lucio135, eretico. Con Pietro furono mandati all'esiglio undici altri vescovi e tormentati più altri ecclesiastici e semplici fedeli. Di che tutto il mondo cristiano traeva a compatirli. Perfino da occidente venivano pellegrini per confortarli.

  <9.> Santa Melania, ricchissima patrizia romana, visitato il solitario Pambo, gli porgeva per sé e suoi oblazione copiosa. San Pambo non vi guardò tampoco e Melania disse: “Son trecento libbre romane d'argento”. E Pambo a lei: “Non dubitate: Iddio che in sua destra pesa le montagne, egli ha già contato i vostri valori”. San Pambo aveva numerosi discepoli, fra i quali i fratelli Dioscoro, Ammonio, Eusebio, Eutimio, che poi divennero illustri per dottrina e per santità. Santa Melania visitò pure sul monte Nitria il nonagenario Or, santo solitario, che adunava intorno a sé mille monaci.

  Melania non si atterriva allo incontro di difficoltà e fu per 25 anni anche in Gerusalemme, prodigando a tutti i perseguitati il soccorso della sua carità.

  Si incontrò in Gerusalemme stessa con san Girolamo, il quale dopo aver studiato a Roma e viaggiato nelle Gallie era venuto in Antiochia e poi alla città santa e finalmente ad un deserto della Siria con i sacerdoti Innocenzo ed Eliodoro e con lo schiavo Ila136. Il prete Evagrio fornivalo di libri ed egli, Girolamo, per scampare dalle tentazioni che gli eccitava il ricordo delle delizie di Roma, posesi al duro esercizio di studio della lingua ebraica.

- 224 -  Fra i solitari era sant'Efrem che, venuto per ascoltare san Basilio, vide una candida colomba posarsi all'orecchio destro di lui, onde Efrem uscì in pubblica lode di Basilio. Interruppe il vescovo dicendo: “Sei tu quell'Efrem che hai sì ben piegato il collo al giogo del Salvatore?” Rispose: [132] “Sono quell'Efrem che per sua negligenza non ha ancor fatto un passo nel cammino del cielo”.

  Esichio, fedel discepolo di sant'Ilarione, operava pure prodigi. Ilarione morendo lasciò di esser tosto seppellito in Cipro dove giacendo morto operò prodigi innumerevoli. Or Esichio levò di il santo corpo di Ilarione e portollo nascostamente a Maiuma, dove clero e popolo l'incontrarono con pompa grande.

  Sant'Epifanio fu pur discepolo di sant'Ilarione e fu arcivescovo di Salamina, metropoli di tutta la Cipride. Fu abate e istituì monasteri. Compilò la storia delle eresie e trovò che venti furono suscitate avanti Cristo e cinquanta di poi. La Chiesa di Gesù Cristo prova che è da Adamo e che tutto è nella Chiesa cattolica. Sant'Epifanio nella disciplina della Chiesa pone fondamento la verginità, indi la vita solitaria, la vita continente, lo stato vedovile e poi matrimoniale. Corona di tutto pone il sacerdozio. A' suoi tempi digiunavasi 40 avanti la Pasqua, e negli ultimi sei giorni contentavansi di una refezione in pane, sale ed acqua verso sera.

  Personaggi illustri fiorivano pure in occidente. Martino in Francia vestiva poveramente, portava capigliatura incondita ed aveva viso brutto. Alcuni nol volevano degnare di un guardo, ma quei del popolo e i saggi del clero lo vollero al vescovado e lo nominarono a Tours, dove presto operò prodigi. I più dei francesi erano tuttavia pagani e si raccoglievano all'ombra d'un pino per offerire culto alla divinità. Martino disse: “Io taglierò l'albero e se, cadendo addosso a me, io col segno di croce lo farò ritornare alla parte opposta, voi mi crederete”. Il miracolo accadde in presenza di gran popolo, il quale tosto e di propria mano atterrò gli idoli e gli altari del paganesimo. [133] Infermi guarivano con nascondere presso al petto un foglio scritto da Martino. Aveva bisogno di parlare a Valentiniano in Treveri, e rifiutando questi, Martino ottenne che un angelo ve lo accompagnasse.- 225 - Edificò un monastero nel quale molti solitari furono educati al sacerdozio ed elevati allo episcopato.

  10. A Milano era morto Aussenzio eretico. Valentiniano disse: “Volgetevi a cercare un vescovo che vi governi nella pace e nella santità”. Ambrogio, a 34 anni prefetto in Liguria, era venuto per sedare i tumulti e dirigere l'elezione, quando lui stesso acclamarono vescovo. Inorridì Ambrogio e per far credere che ne era affatto indegno piantò suo tribunale in piazza, fingendo ivi severità di giudizio... e per parere poco virtuoso permetteva l'accompagnassero persone sospette... Né ciò bastando a liberarsene, di notte tempo si affrettò per nascondersi verso il territorio di Pavia, ma il mattino seguente trovossi tuttavia alle porte di Milano. Si rifugiò come meglio per celarsi alla vista d'uomo, ma scopertone fu persuaso a ricever il Battesimo, poiché era semplice catecumeno e otto giorni di poi, che fu addì 7 dicembre 374, fu consecrato vescovo, applaudendo tutto l'occidente e l'oriente. Ambrogio dispensò il suo ai poveri, costituì il fratello Satiro procuratore della casa paterna e assegnò a Marcellina, sorella, la propria dote dopo che nelle mani del pontefice Liberio ebbe fatto voto di verginità. Si applicò poi in modo speciale allo studio delle opere di san Basilio e grado a grado che istruiva sé, ammaestrava gli altri e purgò l'Italia dall'arianesimo. A mezzo di san Basilio, che lodò il clero milanese, ottenne le reliquie del santo martire Dionisio, che riposavano in Cappadocia.

  San Gaudenzio, vescovo di Brescia, successore a san Filastrio, era contemporaneo dei santi Ambrogio[134], Girolamo, Agostino e Grisostomo. Predicò più volte alla presenza di sant'Ambrogio. I discorsi di san Gaudenzio piacevano tanto che si scrivevano stenograficamente nella chiesa stessa.

  Come Ambrogio a Milano, san Paciano in Spagna, vescovo a Barcellona, usa urbanamente co' suoi avversari, ma senza risparmiarli, e li segue in tutti gli avvolgimenti; loro diceva: “Cristiano è il mio nome e cattolico il mio cognome; l'uno mi distingue, l'altro mi addita”.

  Sant'Ottato, vescovo di Milevi, difendeva pur la Chiesa in Africa contro ai donatisti. Prova in sette libri che la Chiesa è una, universale, santa, apostolica.

- 226 -  San Girolamo dal suo romitaggio nel deserto di Siria era vivamente sollecitato a dichiarare per quali dei tre propendeva nella quistione di Antiochia, se a Vitale, a san Melezio ovvero a san Paolino. Girolamo ne scrisse con sensi di fede e di umiltà al papa san Damaso, supplicando con dire: “Ditelo voi a qual di questi tre dobbiamo aderire per essere più intimamente a voi congiunto”.

  11. Così i padri ed i maestri santi. Ma in oriente la persecuzione accresceva. Valentiniano, venuto in guerra coi quadi, vide il proprio cavallo impennarsi e perché lo scudiero non si affrettò ai voleri suoi, Valentiniano si lasciò prendere da tanto furore che rottasi una vena nel petto morì. Gli fu subito fatto succedere il figlio Valentiniano, a quattro anni. Graziano, il fratello137, non se ne dolse ma prese a governare con lui e per lui.

  La morte di Valentiniano permise che Valente si scagliasse con pien furore sopra i cattolici. Sovrat<t>utto volle strappar dai deserti i monaci e ob<b>ligarli alla milizia. Ma venne un disastro ad arrestar Valente. I goti, gli sciti, i geti, gli alani, i messageti, gli svevi, i teutoni, i longobardi, gli eruli, i gepidi138, i [135] franchi, i sassoni eran d'una medesima lingua ed eran venuti fin da Persia. Gli unni venivan dalla China.

  Ora goti ed unni si presentarono fin sotto le porte di Costantinopoli. Valente li scacciò in più incontri. Per più anni le pianure della Tracia, per l'ossa di che biancheggiavano, presentaron l'aspetto d'un vasto cimitero. Un monaco, Isacco, si presentò a dirgli: “Tu che perseguiti i cristiani, come puoi credere che Dio voglia prosperar le tue armi? Tu andrai e non ritornerai”. Valente perì nei dintorni di Adrianopoli. Dopo la rotta di Canne per opera di Annibale, i romani mai ne toccarono una più disastrosa. Ebbero morti trentacinque generali. Il general Traiano avevalo risposto a Valente: “Non sono io, o signore, la cagione delle tue perdite, ma tu stesso che ti rendi indegno della vittoria, e col combattere contro Dio l'hai renduto favorevole - 227 -ai barbari, e col dichiararti contro di lui l'hai forzato a dichiararsi per loro. Non sai tu forse chi sien quelli che tu cacciasti dalle Chiese e chi abbi lor surrogato?” Coraggiosa confessione e al tutto opportuna! Ma Valente non se ne valse.

  E noi abbiamo compiuto il nostro cammino attraverso il mondo in quell'epoca del 300. Molte cose abbiamo trovato da ammirare, molte da temere. In tutto è la lotta ed il trionfo della Chiesa.

Riflessi

1. Gioviano succede per riparare ai mali recati da Giuliano Apostata.

2. Funerali buffoneschi resi a Giuliano.

3. Gioviano richiama Atanasio ed è avvelenato dagli eunuchi ariani.

4. Succede Valentiniano col fratello Valente.

5. [136] Pecche di Valentiniano.

6. Valente poi perseguita i cristiani in oriente.

7. Difendono la fede in oriente san Basilio, san Giuliano, sant'Afraate.

8. Eresia d'Apollinare. Esiglio degli ecclesiastici.

9. Santa Melania139, san Girolamo, sant'Esichio, sant'Epifanio, san Martino.

10. Sant'Ambrogio, san Gaudenzio, sant'Ottato.

11. Muore Valentiniano. Valente rinnova le persecuzioni.





p. 217
128 Originale: d'anni; «Grande era in lui [Gioviano] la generosità dell'animo», Rohrbacher IV, p. 3.



p. 218
129 Originale: ritirati.



p. 219
130 Originale: Daglaiffo; cfr. Rohrbacher IV, p. 16.



131 Per l'integrazione cfr. Rohrbacher IV, p. 20.



p. 220
132 Originale: Leizia; cfr. Rohrbacher IV, p. 30.



133 Originale: Emilia; cfr. Rohrbacher IV, p. 32.



p. 221
134 Più chiaramente in Rohrbacher IV, p. 40: «Per consiglio di san Basilio i vescovi d'oriente risposero in comune a quelli dell'occidente. In fronte alla lettera si leggono i nomi di trentadue vescovi».



p. 223
135 Originale: Euzoio; cfr. Rohrbacher IV, p. 65.



136 Originale: Ilo; cfr. Rohrbacher IV, p. 70.



p. 226
137 Originale: lo zio; cfr. Rohrbacher IV, p. 94.



138 Originale: gli alani, i mezzageti, gli soevi [...] i gebidi; cfr. Rohrbacher IV, p. 96.



p. 227
139 Originale: Milania; cfr. Rohrbacher IV, p. 68.



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