Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Da Adamo a Pio IX (II)...
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DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO II

XXXI. L'impero senza la Chiesa

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XXXI.

L'impero senza la Chiesa

  1. [152] Voi ben lo scorgete quel gigante. E' giovine, è baldo, è se lo volete forte, ma è presuntuoso di sé, qualche volta egli è sprezzante della propria genitrice. Ah, un giovine che si ride della guida di sua madre! Guai allo impero che in atto spregiativo dice: “Non so che fare dei consigli della Chiesa”! Vediamolo quanto guaio gli sovrasta allo impero poco affezionato. Scorgiamone esempio funesto in un tratto di cammino non lungo nella storia ecclesiastica.

  Teodosio in oriente con Flacilla, sua consorte, percorrevano in visita dei loro popoli, i quali li incontravano sclamando: “Ecco il padre nostro! Eccola la madre nostra!” Flacilla imperatrice sovrat<t>utto facevasi presso ai poveri per donarli, agli infermi per provvederli. Teodosio non era men pietoso, ma come è proprio dei cuori sensibili, l'imperatore era altresì impetuoso non poco. Nel 387 e in pub<b>lico - 242 -teatro il popolo d'Alessandria si elevò in sommossa e gridò imperatore Massimo. Fu un furor popolare che subito si acquietò. Teodosio in udire a stento poté contenersi, ma ascoltò docile la voce della Chiesa. In questo stesso anno volendo inaugurare pub<b>liche feste a gloria dello impero, Teodosio aumentò le imposizioni. Quei di Antiochia, tosto che ne intesero, ribellaronsi e in una mattinata percorrendo come pazzi atterrarono le statue di Teodosio non che quelle del padre e della madre di lui. A mezzodì avvedutisi del fallo cominciarono a piangere, e temendo l'ira di Teodosio molti si [153] affrettarono ai monti. Nei giorni seguenti un terror di morte invase i restanti. I maggiorenti della città furono incarcerati. Qual duolo in tutta Antiochia! Supplicavano a mani giunte, si scarmigliavano i capegli; dodici mila monaci si affrettaron dal deserto e offerendosi ai giudici gridavano: “Prima che ferire un antiocheno, passate noi a fil di spada, noi che pur siamo innocenti”.

  Un Ellebico ed un Cesario erano stati mandati da Costantinopoli per giudicare Antiochia. Un vecchietto, Macedonio, santo solitario dei monti, traeva per la clamide Ellebico gridando: “Scendi da cavallo! Le im<m>agini viventi dei cristiani che tu minacci sono ben altro che le immagini di bronzo atterrate. Se tagli il capo ad un cristiano non glielo puoi ritornare, e Dio te ne chiederà giustizia!” Sì dicendo, gli impose di affrettarsi per placare Teodosio. Vi andarono poi il compagno Cesario e con lui il vescovo Flaviano. Il santo prelato, tutto disciolto in lagrime, come fu alla presenza di Teodosio, sì gli parlò: “Io non ho merito, non ne hanno gli antiocheni... ma mi affido alla tua clemenza... Che gloria se perdoni!... Avrai vinto Teodosio stesso... Oh, gli antiocheni come si desolano in pianto!... Se loro perdoni, saranno come un popolo risuscitato... Da te or pende un atto di onore o di vitupero alla fede... I pagani che direbbero vedendoti sfogar l'ira?” Intanto san Flaviano emetteva singhiozzi, Teodosio mal conteneva l'ira accesa, ma alfine si abbracciò a Flaviano e disse: “Ritornate, o padre, e consolate i figli che attendono. Verrò io stesso per assicurarli...”.

  San Giovanni detto il Grisostomo predicava in Antiochia e - 243 -sorreggeva fra il timore e la speranza; finalmente apparve Flaviano e fu l'angelo che salvò tutti.

  [154] Altra sciagura toccò a Tessalonica. Questa era pazza dei giuochi del circolo ed era dissoluta. Un cocchier del circolo tentò <di> trarre al mal fare un cantiniere del general Boterico164, e rifiutandosi il servo, il popolo furibondo uccise a sassate lo stesso capitan d'armi e mosse sollevazione.

  Teodosio era a Milano; sant'Ambrogio si affrettò a quetar l'animo di Teodosio, e già avevalo vinto. Ma Rufino, ministro dell'imperatore, gli fe' di nuovo salire il sangue alla fronte, lo trasse fuor Milano e intanto gli fe' dar ordine che Tessalonica fosse con alto esempio punita. Sciagura! I ministri recaronsi e mentre il popolo si effondeva nelle gioie del circolo fu assalito. Il sangue scorse a rivi. Settemila nello spazio di tre ore furono stesi morti.

  Miserando duolo! Teodosio stesso se ne lacerò le vestimenta. Venne al tempio per supplicare. Ma Ambrogio l'incontrò dicendo: “Ritorna e fa pubblica penitenza del tuo fallo”. Dolevasene poi da otto mesi Teodosio, quando Rufino venne <a> supplicare per l'imperatore. Ambrogio lo rimproverò dicendo: “Con qual fronte osi tu comparire?... Tu che sei la prima cagione della strage di Tessalonica!...”. Teodosio lamentavasi con dire: “Son le feste natalizie; non posso restarmene, andrò io per ricevere i rimproveri di Ambrogio, mi mostrerò dolente ed ei mi perdonerà”. Il vescovo lo ricevette ma a condizione che, pub<b>licata una legge di rigore, aspettasse poi sempre almeno trenta avanti darvi vigore.

  2. In occidente comandava Valentiniano, che dopo la morte della madre Giustina si ritrasse affatto dal favorire gli ariani e si rivestì di buone virtù cristiane: la castità, la modestia, la clemenza, il pregare pio.

  Aveva vent'anni di età e tutti in rimirarlo godevano nell'animo, quando Arbogaste, generalissimo [155]delle armate, mostrò di voler essere pari allo imperatore. Valentiniano stando a Vienna lo degradò. Il generale mal soffrì e ribellossi. - 244 -Scrisse Valentiniano per invocare la mediazione di sant'Ambrogio, ma il seguente il misero sovrano perì assassinato da Arbogaste. Morendo sospirò: “Meschine le sorelle mie!” Queste piangendo si ritrassero in un convento.

  Teodosio, volendo punire tanta iniquità, pregò di consiglio il santo romita Giovanni, che gli disse: “Vincerai il tiranno non senza molto patimento; poco stante morrai tu stesso in Italia”.

  Arbogaste fece proclamare <imperatore> certo Eugenio165, che consultati in copia gli aruspici si dispose a sostener uno scontro per regnare. Or Teodosio, varcate le Alpi, l'incontrò verso Aquileia e n'ebbe fino a sera la peggio con immense perdite, finché di notte sceso a pregar di cuore ottenne che gli apostoli Giovanni e Filippo in gran maestà venissero per confortarlo.

  La dimani un Arbicone, capitano valoroso, s'offre di passare al campo di Teodosio. Si riappicca il combattimento. Eugenio, che tenevasi sicuro, fu disfatto e n'ebbe mozzo il capo. Arbogaste fuggendo si uccise. A quest'ora medesima un esorcizzato nella chiesa di san Giovanni Battista a Costantinopoli gridava: “Tu m'hai vinto finalmente e il mio esercito è sconfitto”. Teodosio scrisse pregando sant'Ambrogio perché l'aiutasse a ringraziarne Dio.

  Teodosio affidò poi con gran solennità l'occidente al figlio Onorio, come aveva assegnato l'oriente ad Arcadio. Al figlio Onorio diede a primo ministro Stilicone, al figlio Arcadio diede Rufino. Poco di poi Teodosio fu sorpreso da un malore di idropisia. Aveva sol cinquant'anni di vita, ma era malconcio da tante fatiche sostenute. Addì 16 [156] gennaio 395 morì chiamando: “Ambrogio! Ambrogio!” Il santo vescovo piangendo sclamava poi: “Ho amato l'uomo misericordioso ed umile sul trono... che più aveva caro d'esser corretto che d'essere adulato!... Ho amato colui che a nome mi chiamava negli ultimi aneliti! Ho amato colui che in quel tremendo istante - 245 -era più sollecito delle Chiese che del suo proprio pericolo! Sì, l'ho amato e lo piango dal fondo del cuor mio!...”.

  Sant'Ambrogio disponevasi egli stesso a discendere nella tomba. Lo Stilicone che se n'avvide sclamò: “Quando muore Ambrogio, allora perirà l'impero di Roma”. Non andò errato il ministro di Stato.

  3. I romani crescevano effeminati. Non altro discorrevasi che di lusso e di moda. Le loro imprese erano andar al circolo e fare un viaggio di piacere al lago d'Averno e fino a Pozzuoli od a Gaeta. Corrotti nel costume, tenebrosi nella mente, si affidavano alle superstizioni. Erano un popolo di gente che alla presenza di un barbaro venuto da fuori chinavano la fronte, si rendevano schiavi piuttosto che impugnare un'arma di difesa. I ricchi seguivano <a> dissanguare i poveri, i contadini, gli operai.

  I figli di Teodosio, Arcadio e Onorio, lungi da imitare le virtù del padre, furono sempre fanciulli sotto il governo di due ministri. Influenti nello impero erano i capitani barbari di nome Bautone, Alarico, Gaina.

  L'impero aveva finito il tempo e il compito suo. Era un modello di terra entro al quale dovevasi fondere il regno della Chiesa, un metallo spezzato che rifuso doveva erigere la statua maestosa del regno di Gesù Cristo.

  4. La Chiesa in più regioni si disponeva alle lotte ed ai trionfi così. In Africa santo Agostino [157] combatteva gli eretici manichei, i donatisti, i pagani.

  I donatisti erano numerosi oltremodo in questa parte di mondo. Contavano quattrocento vescovi raccolti in adunanza conciliare. Agostino volgeva suoi libri e suoi discorsi ai manichei dicendo: “Il male non è da sostanza, ma dall'abuso del libero arbitrio”. Ai donatisti rintrona<va> negli orecchi: “Dove è Pietro, ivi è la vera Chiesa”. Ed ai pagani: “Dio è un solo, come unica è la verità”. Scriveva Agostino Della Genesi, Del maestro, Della vera religione. A tutto il mondo e in modo dolentissimo diresse il libro delle sue Confessioni.

  Stando il popolo adunato nella chiesa di Ippona, non si acquetarono finché lo costrinsero per esser ordinato sacerdote. E come Agostino rifuggendo tal dignità querelavasene, gli altri - 246 -soggiungevano: “Presto ti nomineremo vescovo”. Valerio166, vescovo di Ippona, temendo non forse <che> venissegli tolto per altra sede, consacrollo in suo vescovo ausiliare. Agostino nulla mutò del suo costume in alloggiare, in vestire, in conversare.

  In sedere a mensa teneva di fronte ai commensali scritta una sentenza per allontanarli da ogni parola di maldicenza. Bramò continuare un tenor di vita monastica e adunò un convitto di monaci dal quale trasse in copia personaggi utili alla Chiesa. Istituì un monastero di vergini che visitava bensì di rado, ma non ometteva però di condurre quelle anime a buono stato di virtù, perché fossero altrui luce di buon esempio.

  Il più spesso conversava con i poveri, questi li voleva alla sua mensa; il proprio dispensollo generosamente a chi più di lui ne abbisognava e si faceva mendico con i mendici e traeva col suo esempio i ricchi ad aver compassione dei meschinelli.

  Un giorno ricevette lettera così intestata: [158] “Al signor Agostino, fratello carissimo e venerabile, Paolino peccatore”. Quei dell'Africa non solo si affrettavano ad Agostino, ma chiamavano ad ammirarlo i fratelli d'Europa. San Paolino era nato a Bordò167. Tutto il suo l'aveva donato in sollievo ai poveri, in redenzione agli schiavi. Rinunziando alle cariche consolari, si ritrasse alla solitudine e da questa fu condotto al sacerdozio, che accettò ma a condizione di poter trasferirsi per cura di studio o per amore di fede da luogo a luogo. Scrisse poemi accreditati a san Niceta d'Aquileia e lettere a sant'Amando ed a san Vittricio, martire nella persecuzione di Giuliano. Sant'Aprio giunse alla felicità con seguire gli esempi di Paolino.

  In Alessandria era Ipazia, figlia dello astronomo Teone, un portento di sapienza. Sinesio da Cirene scrisse in prosa ed in versi bellissime verità. Insinuava ad Arcadio di frenare il lusso e la mollezza che omai struggevano fin le ultime apparenze - 247 -della virtù. Gli suggerì a farsi pastore, non beccaio del gregge, ed a porre a custodia dello stesso cani fedeli, non lupi rapaci.

  Fra i monaci fioriva san Cassiano. Consolante era la pratica della virtù nei popoli. In Ossirinco erano 20 mila monaci e 10 mila vergini, la città era quasi un ricinto monastico. Movevasi a gara per esercitare inverso ai poveri i servigi di ospitalità e di beneficenza. San Gregorio di Nazianzo, morto testé <nel> 389 nella sua solitudine, mandava soave odore di virtù fino ai più lontani. San Gregorio di Nissa, fratello del gran Basilio, scese poco stante nella tomba con generale compianto.

  5. In occidente la fama di Ambrogio convertiva le nazioni dei barbari. La regina Fretigilde dei marcomanni era venuta per ossequiarlo in Milano. Nicezio, tribuno, infermo nei piedi, venne per ricevere [159]la santa Comunione da Ambrogio. Qui accadde che il piede del vescovo intoppasse nel piede di Nicezio168 sì da farlo dare in forte sospiro. Dissegli allora Ambrogio: “Or vanne, che sei guarito”. E si trovò sano e salvo. Consacrò per ultimo sant'Onorato vescovo di Vercelli. Adunati poi i patrizii di Milano, disse: “Io non sono vissuto tra voi in modo che ora mi vergogni di vivere, né temo di morire perché noi abbiamo un buon Signore”.

  Ambrogio rintracciando trovò in un orto le reliquie dei santi martiri Celso e Nazario e ne mosse giubilo vivissimo. Scrisse la Biblioteca degli antichi padri e la Storia della distruzione di Gerusalemme169. Prossimo già alla Pasqua, predisse che sarebbe morto. Nel suo transito apparve in mirabile guisa a più personagi in oriente ed a più altri in Italia, ai quali era legato da speciale affetto.

  In questo periodo di tempo nel quale fiorivano tanti personaggi santi e in occidente e in oriente, la idolatria toccò una disfatta totale. A Roma si tentò <di> ristorar gli altari della vittoria, ma Ambrogio vi si oppose istantemente. A Callinico - 248 -difese le ragioni del vescovo accusato per la distruzione di una sinagoga degli ebrei. Di Teodosio Ambrogio parlava così: “Tratto come conviene coll'imperatore perché so che ha timor di Dio”. E Teodosio alla sua volta diceva di Ambrogio: “Quanto tempo ho durato per trovare un vescovo che mi dicesse la verità!” Teodosio entrato trionfalmente in Roma fu salutato come la gioia del genere umano. Quand'ei pose mano a distrurre i templi pagani, non fu contrastato.

  6. In oriente Teodosio rase al suolo parimenti le figure degli idoli. In Alessandria era un santuario celebre a tutto il mondo, il tempio di Serapide, con idolo che occupava l'area di due pareti [160] opposte, avente capo umano con tiara e ai piè un mostro a tre teste: di leone, di cane, di lupo. Nessuno osava toccarlo, quando un soldato data mano ad una mazza lo frantumò. Fuori n'uscirono turme di topi che disturbati correvano per tutto il tempio. In Damasco fu rovesciato il tempio di Eliopoli170, in Siria quello di Giove e gli altri di minor conto che si erano eretti.

  Rovesciata l'idolatria e ridotti in frantumi i simulacri delle divinità false, il mondo si preparava a divenir cristiano. Concorsero a ciò pubblici disastri di guerre, di tremuoti, di segni nel cielo. Gli uomini provarono che la salute non poteva venire che da alto.

  Arcadio regnava da Costantinopoli. Un bel fa recare in trionfo le vesti da sposa in casa di Eudossia, figlia del defunto capitano Bautone. Rufino, che si aspettava di sposargli171 la figlia propria, si collega con Alarico e muove guerra sanguinosa ad Arcadio. Rufino ebbe mozza la testa. Portata sopra un'asta, gli fu messa una pietra fra i denti intanto che un banditore gridava: “Donate qualche cosa a questo poverello che mai non ne ebbe abbastanza”. La moglie, la figlia, la sorella di Rufino lagrimando ripararono a Gerusalemme per chiudersi in un monastero.

- 249 -  Stilicone inviò Mascezil a capo della guerra di oriente e <questi> ne ritornò trionfante, ma in attraversare un ponte Stilicone per invidia vi precipitò il capitano.

  In Costantinopoli l'eunuco Eutropio sostituì Rufino. Era morto in quella città Nettario vescovo, che con molta debolezza aveva governato per lo spazio di tre lustri.

  7. Eutropio, che aveva percorso nell'oriente e conosciuto aveva in Antiochia il prete Giovanni Grisostomo, ottenne che venisse vescovo a Costantinopoli[161], dove invero fu accolto con applauso, ma non guari tardarono le persecuzioni dapprima occulte e poi manifeste.

  Giovanni Grisostomo adunò i vescovi dell'oriente con quelli di Egitto e di occidente, scissi da lungo tempo per la divisione di Antiochia.

  In quest'anno 396 avvennero in Costantinopoli pubbliche sciagure di terremoti. Apparse altresì un fenomeno che ridestò alto spavento. Lo descrive sant'Agostino: “Sul far della notte si mostrò una nuvola tutto fuoco, che allargandosi e mandando giù odor di zolfo incuteva tal terrore che dappertutto e nelle chiese e nelle piazze i catecumeni si accostavano per essere battezzati. Quell'apparato di terrore si dileguò poco a poco, ma si sparse notizia che il sabato seguente la città avrebbe ruinato. I cittadini fuggirono e stavano rimirando con lagrime e scorsero che un fumo fitto copriva Costantinopoli. La crederono omai consumata, ma appressandosi grado a grado, la trovarono illesa”.

  Nel 398 si udì un muggito da sotterra e si vide il suolo spaccarsi e uscirne fiamme, e il Bosforo che traboccando innondò la città. Molte case ardevano tra le fiamme, e intanto che molti rifugiavano ai monti, altri entravano per depredare.

  San Giovanni Grisostomo per elevare al cielo le menti de' suoi ordinò la traslazione del corpo di san Tommaso apostolo, che movendo a mezzanotte da Costantinopoli, giunse al borgo di Dripia172, a tre leghe di distanza sul far del . Tutta la via - 250 -era gremita della schiera di popolo. L'imperatrice Eudossia seguiva con diadema imperiale in capo e Arcadio accompagnava colle truppe.

  Nel 399 accaddero pioggie dirotte, per sospender le quali il vescovo mosse in pubblica preghiera. Con discorsi eloquenti comprimeva l'abuso di salti, di circoli, di meretricio nei giorni santi della [162] Maggior Settimana. Eutropio era cresciuto in tanta superbia che l'imperatore fu obbligato <a> cacciarlo, e ribellandosi costui, lo condannò a morte; Eutropio si rifugiò al tempio e il popolo e l'imperatore entrarono per istrapparlo, ma il vescovo arringò le turbevivamente che, mutandosi da furiose in clementi, si unirono per impetrare venia da Arcadio.

  Eutropio intanto fuggì, ma Gaina lo sopraggiunse e l'uccise e pretendeva poi da Arcadio una chiesa per sé e per la sua fazione ariana, ma il Grisostomo si fece innanzi a dirgli: “L'imperatore non t'ha già abbastanza beneficato?... E tu non puoi pregare in tutte le chiese?... Teodosio ha proibito l'adunanza di eretici... Ad Arcadio sarebbe minor danno perdere l'impero che la casa di Dio”. Gaina minacciò la capitale e non valendo a distruggerla si rovesciò sulla campagna; Giovanni gli andò incontro e l'atterrì colla sua presenza. Gaina co' suoi figli l'incontra riverente.

  Il Grisostomo tante cose fece che parve non gli rimanesse tempo a scrivere una pagina, e pure tante opere descrisse che parve non avesse più tempo a trattare altra impresa. Si occupava assai in comporre le liti, in riformare i costumi o del clero o del popolo. Solevano i sacerdoti, con pretesti di soccorrere alle fanciulle povere, alloggiare più di una vergine donzella. E fra le donzelle ricche erano molte che dicevano professare verginità, ma che nel fatto vivevano in mezzo alle mollezze. Il vescovo riparò a tali inconvenienti.

  8. Come san Giovanni in Costantinopoli, così sant'Agostino ad Ippona diveniva lo specchio dei vescovi della sua nazione. Scrisse in copia maggiore dello stesso Grisostomo. In comporre le liti era indefesso e le sue sentenze venivano confermate [163] dall'autorità civile. Predicava talvolta due volte in un , usando il latino in città e la lingua punica alla campagna. Scrisse ancora Del combattimento cristiano, Della fede - 251 -nelle cose che non si veggono, del Modo di catechizzare gli ignoranti, l'Epistola del fondamento173 contro i manichei, dove spiega che la succession dei pontefici e la origine e i progressi della fede cristiana lo tengono fermamente unito alla Chiesa cattolica. Scrisse 33 libri contro i manichei. San Simpliciano, successore a sant'Ambrogio, leggevali con alto godimento. Scrisse pure in 13 libri le sue Confessioni, in libri 15 Della Trinità contro gli ariani.

  Agostino era di parere che con molta amorevolezza si avesse a procedere contro i donatisti. Univali in conferenze, promuoveva concilii. Dieci furono celebrati contro ai donatisti. Si cancellò l'abuso di dare il Battesimo e l'Eucaristia ai morti. Ai vescovi si prescrisse regola di vivere assai morigerata. Volle <che> non si impigliassero nelle cure secolaresche. Non devono coltivare la barba od i capegli e devono apprendere un mestiere per vivere. Si guardava poi sempre alla cattedra di Roma come alla prima sede.

  In occidente, a Torino, si tennero concilii per determinare il confine o la sede delle giurisdizioni maggiori.

  In Francia, dopo immense fatiche, moriva pure san Martino in mezzo alle lagrime inconsolabili de' suoi. Aveva governato la Chiesa di Tours per anni 25. San Brizio, suo discepolo, gli succedé.

  I pagani ritenevano che per effetto di magia Pietro avesse istituito il Cristianesimo e che questo nel quarto secolo avesse a terminare. Ma si venne rafforzando. Gli imperatori abolirono i templi di idolatria che ancor rimanevano, fra i quali il santuario dell'idolo Celeste che in Cartagine e da tutto il mondo otteneva splendido onore.

  [164] Nella Fenicia tuttavia manteneva radice ferma il paganesimo. Or sant'Amanzio e san Porfirio promisero ad Eudossia che Dio avrebbe accordato un figlio per l'impero, se si fosse adoperata presso Arcadio per far abolire l'idolatria anche - 252 -in quelle regioni. Nacque il figlio e fu tosto nominato imperatore. Portandosi al battesimo, san Porfirio gli pose in mano una supplica per l'imperatore padre, il quale lesse ed esaudì. I templi delle divinità in Fenicia rovinarono adunque, ma non senza molta opposizione da parte di quei pagani.

  9. In questo luogo è a notare un incidente che sorse fra san Girolamo e Rufino, sacerdote in oriente. Già da 25 anni erano amici intimi, quando un Aterbio174, entrando in chiesa, li accusò ambidue e il vescovo di Gerusalemme stessa, quasi aderissero all'errore di Origene. San Girolamo seppe giustificarsi pubblicamente, mentre gli altri due non si reputarono obbligati per l'insulto che loro inflisse un semplice privato. Di qui un principio di raffreddamento.

  Santa Melania, vedova, che fondati sotto la direzione di Rufino monasteri in Gerusalemme venne a Roma, fu incontrata dai parenti patrizii in Napoli mentre cavalcava un poverissimo giumento.

  Rufino tradusse in latino il libro dei Principii dello stesso Origene, che da Pammachio mandato a san Girolamo fu poi confutato. Rufino fu denunziato al pontefice. Invitato a difendersi, scrisse che 70 anni di esilio, di prigionie, di tormenti sostenuti per la fede gli erano caparra di fermezza in quella. Estese poi a Roma ed a tutta Italia una profession di fede, che san Girolamo diceva furbesca. Rufino par che sia poi stato condannato, benché vescovi e santi illustri sieno di parere contrario. Rufino attese a scrivere le Vite dei Padri ed a tradurre la Storia ecclesiastica di Eusebio, fino alla morte che lo raggiunse nel 410.

  Di questo tempo [165] un monaco, Telemaco, venuto a Roma per dissuadere dai giuochi sanguinosi del circolo, vi fu ucciso a sassate. I fedeli l'onorarono martire.

  10. L'impero vieppiù veniva separandosi dalla Chiesa in oriente. Eudossia, credendo ai rapporti degli invidiosi del Grisostomo, tutta si volse a perseguitare il santo vescovo. Questi adunò conferenze per giustificarsene e trovandosi in esse alquanto - 253 -agitato non osava continuare il santo Sacrificio. Accusavanlo d'aver ordinato vescovi per denaro. Si interrogarono testimoni in oriente che poi isvennero per duolo; Grisostomo si recò sopra <il>luogo per deporre gli indegni e per correggere enormi abusi, lo che gli valse per essere maggiormente perseguitato.

  Teofilo d'Alessandria, che aveva ordinato vescovo Giovanni in Costantinopoli, gli cagionò disturbi non pochi. Teofilo aveva scritto contro sant'Epifanio, accusò i solitari d'Egitto di origenismo e mandò soldati a farne stragi e disperderli. Questi ripararono a Gerusalemme e poi a Costantinopoli, per raccomandarsi al Grisostomo ed allo imperatore.

  Il Grisostomo stimò di non poter giudicare Teofilo, che venne con caterva di gente e di vescovi alloggiando fuori la città e rifiutando l'alloggio dello arcivescovo. Intanto Teofilo mosse lagnanze al vescovo Giovanni; l'imperatrice e non poche dame rimproverate per soverchio lusso, personaggi vili guadagnati al denaro, congiurarono perché Giovanni fosse esigliato. Ma il popolo sollevossi ed Eudossia si affrettò piangendo per dire ad Arcadio: “Richiamate il vescovo, o se ne va in isfascio l'impero”. Mille navi corsero sollecite in traccia di lui, e il giorno seguente lo accompagnarono in trionfo nella città.

  Due mesi di poi si eresse una statua ad Eudossia [166] e vi si ballonzava intorno con immenso scandalo. Il vescovo alludendo ad Eudossia predicò: “Erodiade è infuriata e ancor balla e ancor vuole il capo di Giovanni”.

  Teofilo, che si era riconciliato coi monaci dello Egitto, scagliò contro Giovanni altri confratelli che adunarono altri conciliaboli per deporre il Grisostomo. Egli scrisse al pontefice Innocenzo e questi lo confortò, ma gli convenne nondimeno prender la via dello esiglio. I buoni di Costantinopoli per salvargli la vita lo circondavano di giorno e di notte. Questo valse di pretesto per dire che non sarebbe pace nella città finché vi dimorava il vescovo.

  Teofilo voleva ordinar vescovo <di Geres>175 un monaco, - 254 -Nilammonio. Rispose questi: “Preghiamo anzitutto”. Si ritrasse nella sua cella; ore di poi vi fu trovato morto.

  Uscito il Grisostomo, una grandine come noci cadde sovra la città. Eudossia morì per un aborto. Cirino e i principali avversari del vescovo morirono pure miseramente.

  San Nilo, che da prefetto di Costantinopoli si era reso solitario illustre, diceva: “Come posso io pregare per Bisanzio che è tutta involta nelle iniquità?” Il Grisostomo intanto porgeva l'esempio di vescovo invitto. Aveva mandato nella Persia e nell'Armenia il sacerdote Costanzo per proteggervi gli interessi della fede. Il vescovo san Maruta scopriva al re le imposture dei magi e le faceva abolire. I santi Sahag e Mesrob in Armenia, comunicando col Grisostomo, diffusero la fede in quella nazione e ve la conservarono introducendo nuovo alfabeto e lingua propria, per impedire che i fedeli leggessero ancora i libri degli eretici.

  Intanto ambasciate di vergini, di confessori, di [167] personaggi illustri facevan capo al pontefice Innocenzo per ottener che adunato un concilio dei vescovi d'oriente e d'occidente fosse giudicata la causa del Grisostomo. In questo quei della comunion di Teofilo usarono strapazzi agli altri. Per preghiera di Onorio, Arcadio provvide al concilio, ma non impedì che, nel viaggio e di poi, vescovi e fedeli fossero perseguitati crudamente, come già sotto Galerio o sotto Diocleziano. Movevasi pel ritorno anche il Grisostomo, ma era sfinito dai patimenti. I soldati percuotevanlo fieramente. Il martire san Basilisco apparendo gli predisse che sarebbe stato assunto al cielo presso al suo sepolcro in Nicomedia. Qui il Grisostomo si coprì di bianche vestimenta, disse: “Gloria a Dio per tutte le cose” e spirò. Quasi per miracolo si trovarono presenti ai funerali i vergini ed i monaci della Siria, della Cilicia, del Ponto. Innocenzo papa volle che tutti riconoscessero la gloria del Grisostomo e che tutti fossero richiamati i vescovi in esiglio per la causa di lui.

  L'impero si era sottratto alla dipendenza della Chiesa, ed egli si preparò la propria ruina. Allo indomani il barbaro Alarico invase Roma e l'ebbe atterrata. Da Roma sparse il terrore a tutto l'occidente, mentre altri barbari devastavano l'oriente. - 255 -Vedremo tosto come si avverò quello che san Giovanni evangelista predisse: “Allora un angelo robusto alzò una pietra come una grossa macina e la scagliò nel mare dicendo: Con quest'impeto sarà scagliata Babilonia (Roma pagana), la gran città, e disparirà176.

Riflessi

1. Teodosio, benché buono, quando per impeto [168] d'ira trascorre contro l'umanità ne ha castigo severo dalla Chiesa.

2. Imprese di Teodosio; affida l'impero d'occidente ad Onorio, quello d'oriente ad Arcadio.

3. I romani crescono effeminati e cadono sotto la spada di Bautone, di Alarico, di Gaina.

4. Sant'Agostino vescovo di Ippona, sant'Aprio, san Cassiano; fedeli esemplari in Ossirinco.

5. Fama di sant'Ambrogio.

6. Teodosio rovescia gli ultimi avanzi di idolatria.

7. San Giovan Grisostomo vescovo di Costantinopoli. Disastri ivi. Patimenti del Grisostomo.

8. Sant'Agostino: suoi libri e sue imprese. Idolatria spenta nella Fenicia.

9. Differenze tra Rufino e san Girolamo.

10. Ultimi patimenti e morte di san Giovan Grisostomo.





p. 243
164 Originale: Baterico; cfr. Rohrbacher IV, p. 229.



p. 244
165 Originale: Eusebio, ripetuto nel paragrafo; cfr. Rohrbacher IV, p. 239.



p. 246
166 Originale: Valeriano; cfr. Rohrbacher IV, p. 251.



167 Originale: era vescovo di Bordò; cfr. Rohrbacher IV, p. 261. San Paolino fu poi vescovo di Nola.



p. 247
168 Originale: Nicozio; cfr. Rohrbacher IV, p. 274.



169 Diversamente in Rohrbacher IV, p. 276: «Olter le molte opere di sant'Ambrogio che tutti sanno, il Galland, dotto veneziano, nella sua Biblioteca degli antichi Padri, gliene ha restituita una, in cinque libri, intitolata Storia della distruzione di Gerusalemme».



p. 248
170 Più chiaramente in Rohrbacher IV, p. 226: «Il tempio di Damasco fu mutato in chiesa, e così il famoso tempio di Eliopoli».



171 Originale: sposarle.



p. 249
172 Originale: Tripia; diversamente in Rohrbacher IV, p. 282: «[...] solenne trasporto delle reliquie di alcuni martiri della chiesa maggiore di Costantinopoli sino a quella di san Tommaso apostolo, nel borgo di Dripia».



p. 251
173 Diversamente in Rohrbacher IV, p. 289: «Verso l'anno 397 [Agostino] scrisse contro la lettera di Manete, che i manichei chiamavan l'Epistola del fondamento».



p. 252
174 Originale: Atorbio; cfr. Rohrbacher IV, p. 304.



p. 253
175 Per l'integrazione cfr. Rohrbacher IV, p. 325.



p. 255
176 Ap 18, 21.



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