Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Da Adamo a Pio IX (II)...
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DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO II

XL. La Chiesa è madre che compatisce ai mali de' figli suoi

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XL.

La Chiesa è madre

che compatisce ai mali de' figli suoi

 

  1. [244] Pietoso è il cuor della madre in ogni infortunio del figliuol suo. Più pietoso è nei maggiori disastri. Chiesa santa, la madre dei viventi, si mostrò compassionevole e provvida - 322 -alle gravi sciagure che accaddero nel mondo verso alla prima metà del secolo quinto.

  Era passato nel mondo l'imperio della spada, da Babilonia a Roma. Era passato per dare luogo all'impero della parola e della fede.

  Come Isaia intorno a Babilonia, così il profeta di Patmos guardando a Roma sclamava: “E' caduta, è caduta la gran Babilonia ed è divenuta abitazione de' demoni e carcere di tutti gli spiriti impuri...”, è caduta perché inebbriavasi del sangue dei martiri e ubbriacava i popoli col vino della sua prostituzione, con lo scandalo della sua idolatria278.

  Roma, in quella che si sforzava per apparire maestosa a tutta la terra, fu dal cielo lasciata preda della peste, della fame, della guerra e per cinque volte presa e ripresa in uno spazio brevissimo di tempo.

  2. Il re ostrogoto Teodato279 per un prezzo vilissimo aveva ceduto l'Italia ai greci, quando dolendosene riprese le armi contro Belisario e fece scorrere a rivi il sangue italiano. Questo fu causa per cui in Italia si odiasse il barbaro, per attenersi alla dominazione degli orientali guidati dallo imperator Giustiniano. Belisario entra in Roma passando piccoli monti di cadaveri. Le città italiane si occupano per abbandonarle [245]ben presto.

  La fame infierisce, i vivi mangiano i morti. Spesso accade che si divorino a vicenda gli stessi vivi fra loro. Cinquanta mila periscono d'inedia nella sola provincia d'Ancona. Milano, il cui vescovo280 Dazio aveva invocato l'aiuto di Belisario per sottrarsi al dominio dei goti, è ripresa e saccheggiata da questi nel 539. Le donne si danno schiave ai borgognoni alleati, il resto degli abitanti è messo al taglio delle spade, i sacerdoti sono scannati nelle chiese e sugli altari, la città è ridotta in un mucchio di rovine.

  I greci rimasti padroni saccheggiano l'Italia; Totila rientra - 323 -e interroga l'abate san Benedetto che gli risponde: “Entrerai in Roma, passerai il mare e dopo aver regnato per nove anni, nel decimo morrai”.

  3. Totila s'appressò a Roma. Il pontefice era in esiglio; da Costantinopoli si affrettò il diacono Pelagio per arrestare il barbaro, ma non gli fu possibile. Totila costrinse i romani con la fame; i greci entro la città avevano fatto monopolio del grano che solo vendevano a peso d'oro.

  In Roma si cercavano con ansia le carni di cavallo, di cane, dei ratti. I più si pascevano d'ortiche. Lividi e scarni molti cadevano sfiniti per le vie. Cinque figli gridavano al padre: “Pane! Pane!” Ed egli rispose loro: “Seguitemi”. Venne in mezzo al ponte del Tevere e velatosi il volto si precipitò. A questo punto i greci concederono a prezzo d'oro che alcuni uscissero, ma i meschinelli o incappavano nei goti ovvero cadevano sfiniti per via. Nella notte del 16 dicembre 546 Totila entra in Roma.

  Uno scellerato di nome Bessa aveva adunato immense ricchezze con i soprusi e con esercitare monopolio sul frumento. Questi, che comandava allo esercito, si volse in rapida fuga e non poté [246] portarsi seco verun dei colmi d'oro adunati. Crudo demonio, che ti valse aver lasciato morire di fame le moltitudini? Quei dello esercito e del popolo seguironlo in rapida fuga. Solo cinquecento rimasero nella grandiosa città.

  Totila allo spuntar dell'alba del novello si fece a pregare sul tempio di san Pietro. Il diacono Pelagio, poiché ebbe celebrato nella chiesa, venne con i santi Vangeli alla mano e pregò Totila ad aver pietà di Roma. Totila rampognò con aspro discorso le ingratitudini dei romani e comandò <che> si sospendessero i saccheggi e le violenze; volle sovrat<t>utto che fossero rispettate le vergini e le vedove, ovunque e nei templi santi. Arringò i soldati con dire: “Temiamo il Signore ed egli benedirà le nostre bandiere; i nemici furono da noi con poche truppe sbaragliati perché Dio li abbandonò alla cecità dei loro cuori crudi e perversi”.

  Intanto Totila intavolò le pratiche per avere la pace con Giustiniano, e questi mandogli <a> dire che il generale dell'esercito - 324 -era Belisario. Infuriò Totila, consegnò Roma alle fiamme, ne distrusse le mura, ne atterrò palagi e templi con sì sfrenata ira che i romani tutti quanti partironsi. Per quaranta Roma fu deserta. Entravano le fiere a pascersi dei cadaveri. San Benedetto interrogato dal vescovo di Canossa rispondeva: “Roma non sarà distrutta dalle nazioni, ma sarà percossa dalle tempeste, dai fulmini, dai tremuoti; si indebolirà come un albero che inaridisce dalle radici”. Così le predizioni di Benedetto compievano le profezie dello apostolo san Giovanni.

  In quella che Roma era abbandonata, Belisario la occupò, ma Totila venne circondandolo con assedio. Il generale greco sfuggì e venne disertando l'Italia e depredandola in orribile guisa, finché ritornò a Costantinopoli.

  [247] Roma fu novellamente di Totila il quale per abitarla chiamò molti di suoi goti e stese invito ai patrizii ed agli altri che fuggitivi si erano rifugiati nella Campania. Dopo ciò si riversa a depredare nella Sardegna e nella Corsica, finché il greco Narsete281 l'uccide in battaglia. Allora venne sciagura desolante. I goti a mo' di disperata gente si riversa<no> addosso ai greci e li uccidono, addosso ai romani fuggitivi e li tagliano a pezzi. Trecento giovanetti che in ostaggio si custodivano nella città di Pavia furono trucidati in un giorno. Questo avveniva nel 549.

  Nel 553 un'orda di franchi e di alemanni scende e diserta nuovamente l'Italia. Narsete percorreva egli stesso l'Italia e ne adunava copiose ricchezze. Giustino ii ne domanda in parte, e Narsete si rifiuta. Allora l'imperatrice Sofia manda un messo con lettera accompagnata da un fuso con filo dicendo: “Ti chiamo a Costantinopoli a filare dalla conocchia”. Rispose Narsete: “Filerò una matassa che non potrai giammai dipanare”. Tosto scrisse ad Alboino che scendesse pure in Italia. Il barbaro, che niente di meglio desiderava, piomba su questa regione e si riduce ad assediare Pavia. Questa, che in difendersi era forte, fece infuriare Alboino fino a pronunciare questo giuramento: “Nessun dei pavesi sfuggirà al taglio della - 325 -mia spada”. Intanto il cavallo ricade e se ne sta come un muro. S'avvide Alboino che il suo giuramento era iniquo e se ne dolse. Allora conquistò Pavia e perdonò come addietro alle vergini, alle vedove, ai templi santi.

  In sedere a mensa, Alboino beveva nel cranio di Cunimondo re dei gepidi282 e porgevalo a Rosmunda, sua sposa, dicendo: “Bevi tu stessa sul cranio del padre tuo”. Rosmunda bevé, ma allo indomani fecelo trucidare. Venuta a Ravenna, si sposò [248] con l'esarca Longino che poi avvelenò mentre uscivasene dal bagno. Ma Longino afferrò la spada e gridòBevi tu stessa la metà di questa bevanda, o tu muori sotto questo ferro”. Rosmunda bevette e cadde morta sul cadavere di Longino stesso.

  Ad Alboino succedette Clefo, che per alcuni anni seguì <a> depredare l'Italia. Morendo poi lasciò l'Italia in mano a 36 duchi che si resero tiranni esecrandi. San Gregorio Magno anni di poi mostrava tuttavia le città saccheggiate, le fortezze atterrate, le chiese convertite in mucchio di ceneri e di rovine, deserti i conventi, i campi abbandonati. Questo fu tutto il guadagno della venuta dei greci in questo paese.

  4. Né le cose correvano meglio in oriente. Cosroe, re di Persia, fingeva <di> accogliere le ambascerie dei vescovi che venivano supplicandolo, facevali accompagnare alle sedi con soldati di onore e poi servivasene per trucidare le persone dei vescovi e per abbattere le città.

  Promise al vescovo Candido di restituire dodici mila prigionieri per dugento libbre d'oro, che il prelato entro un anno gli avrebbe pagato. Ma i prigionieri furono resi così maltrattati che in breve la maggior parte perì miseramente ed egli, il vescovo, in capo ad un anno non potendo versare l'intiera somma disse: “Sopporterò che spogliate pur la chiesa di Sergiopoli”. Il barbaro vi accorse e, pur non contentandosi dello spoglio, coprì di tormenti il vescovo e lo incarcerò.

  Nel giugno del 540 ridusse Antiochia in un monte di rovine e di cenere. Condusse schiave le moltitudini. I cristiani - 326 -di Edessa per riscattarle adunarono tesori immensi, privandosi ricchi e poveri di quel tanto che possedevano. Consegnarono poi le somme pel riscatto al greco Buzes, comandante [249]in Antiochia, ma questi come si vide in mezzo a quel monte di ricchezze disse: “Questo denaro occorre a me per affari urgenti”. I prigionieri rimasero schiavi e furono condotti lontan lontano, dove il re di Persia fabbricò altra città che disse Antiochia di Cosroe. Nel 561 convenne poi con Giustiniano di firmare per 50 anni la pace e di lasciare libero l'esercizio della religione.

  5. Disastri calamitosi avvennero nel 550 sopra Costantinopoli. Uragani, fulmini, tremuoti atterrarono le mura della città. Rovinarono pure città intiere in Fenicia, in Palestina, nella Siria, nell'Arabia, in Mesopotamia. Tiro, Sidone, Berito, Tripoli, Biblos, Sarepta, Antarado283 rovinarono quasi intieramente. Migliaia di persone perivano miseramente. A Botri, città marittima nella Fenicia, scoscese un monte, formò un porto in giro; il mare si allontanò mille passi e ritornando cagionò danni immensi.

  Nella Grecia molte città furono pure assorbite da terremoti; in più luoghi s'aprirono abissi che più non si chiusero. Nel 551 in Antiochia nella stagione autunnale venne il caldo come in estate. Maturarono d'un tratto i frutti e le uve per la seconda volta in quest'anno.

  Addì 15 dicembre 556 un sordo muggito s'udì sotto Costantinopoli. Il popolo uscì spaventato; s'udirono scosse orrende. Caddero in rovina palagi, chiese; rovesciò un quartiere intiero della città; un pulviscolo denso s'alzava a modo di vero vapore. L'orrore durò per 10 . Intanto parevano battersi di cuore il petto i cittadini tremanti, ma cessati nuovi pericoli, ritornarono come prima a gravissimi disordini. Infierì allora la pestilenza che da 26 anni percorreva nel mondo. In Costantinopoli ritornata, [250] infierìfuriosamente che già i vivi non parevano bastare a seppellire i morti. Giustiniano sclamò: “Quest'è castigo del cielo - 327 -per le iniquità del popolo”. Emise decreti di punizione contro ai reati di sodomia e di bestemmia che in Costantinopoli erano comuni.

  6. La Chiesa, madre pietosa, compativa e soccorreva a tanti mali. Il pontefice Vigilio nella carestia di Roma mandava dal suo esiglio navi di frumento che sfortunatamente caddero in mano ai goti. A curare i mali di pestilenza inviava schiere di sacerdoti e di religiosi.

  San Benedetto a vista di tante sciagure moriva di duolo in età d'anni 63. Incontratosi con la sorella santa Scolastica parlò come un serafino del paradiso e di Dio. Scolastica per udirlo più a lungo pregò Dio e ottenne che uno scroscio di acqua gl'impedisse di partire. Allo indomani Scolastica volavasene al cielo e Benedetto seguivala pochi giorni di poi. San Cesario d'Arles struggevasi in lagrime ed in penitenze e morivasene in duolo a 73 anni.

  Cassiodoro, l'ultimo dei senatori romani, eresse due monasteri in patria nella Calabria, dicendo: “A ristorare i danni cagionati dai barbari uopo è applicarsi allo esercizio di studio e di preghiera”. Scrisse un Trattato dell'anima e Dell'istituzione alle divine lettere. Adunò i libri da tutte parti del mondo: i commentari della sacra Bibbia, gli atti dei quatto concili ecumenici di Nicea, di Costantinopoli, di Efeso, di Calcedonia. Adunò i libri delle Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio, le Storie ecclesiastiche di Eusebio. Raccolse pure libri di cosmografia e di geografia, affinché i suoi monaci stando seduti imparassero <a> viaggiare. Raccomandava lo studio dei Padri.

  A quelli poi che a vece di sangue nelle [251] vene parevano aver gelo, raccomandava il libri di Virgilio, del Columella, di Emiliano per coltivare i campi, gli ortaggi, le api. Soleva dire: “Son questi frutti che amministrati agli infermi divengono doni celesti”. Insegnava le arti della medicina, della farmacia facendo studiare i libri di Galeno, di Ippocrate, di Aurelio Celso. Istituiva l'arte di legare i libri, e fornì i suoi monasteri di lucerne perpetue, di oriuoli a sole e ad acqua. Compose il Trattato delle sette arti liberali, la gram<m>atica, la rettorica, la dialettica, l'aritmetica, la musica, la geometria e l'astronomia284.- 328 - Cassiodoro visse più di un secolo e fu amico intimo a Boezio.

  Il pontefice Silverio dimorava nella Licia in esiglio, condannatovi da Giustiniano e da Belisario. Le mogli di costoro, Antonina e Teodora, donne di pessima fama e adultere pub<b>liche, comandavano sulla volontà dei reggenti dello impero. Avevano poi ottenuto che Silverio, intrepido difensore della fede, fosse accusato come ribelle e congiuratore, e però che fosse deposto. A suo luogo fecero eleggere l'arcidiacono Vigilio allo scopo di fargli condannare il Concilio calcedonese e conservare nella sede di Costantinopoli Antimo, deposto da sant'Agapito pontefice. Vigilio invero fu colpevole in ciò, ma si dolse e ne fece aspra penitenza; sovrat<t>utto ebbe a soffrire per abbattere l'eresia dei Tre Capitoli. Cassiodoro aveva notato i luoghi pericolosi a non leggersi nelle opere di Origene e fu obbedito, ma in oriente i monaci scesero a dispute e poi a percosse ripetute.

  7. Giustiniano, che lasciava perire i suoi eserciti per farla da teologo, credé <di> riassumere gli errori di Origene sulla preesistenza delle anime, [252] sulla risurrezion dei corpi, sopra l'animazione degli astri. Scritti di Teodoro di Mopsuestia, del vescovo Iba285 e di Teodoreto minacciavano il Concilio di Calcedonia e sostenevano indirettamente gli errori ad Origene attribuiti e condannavano i dodici anatematismi di san Cirillo.

  L'eresia era sottilissima. Le quistioni versavano maggiormente intorno alle persone che intorno alla fede. Vigilio ne scrive un giudicato che poi non è accettato dagli occidentali. Giustiniano aduna un concilio in Costantinopoli, ma permette che vi parlino solo i vescovi greci. Il pontefice protesta, fugge e ripara nel tempio e si stringe alle colonne del santuario. Pretore e soldati l'assalgono, lo strappano pei capegli, per la barba, per le gambe e minacciano <di> schiantar le colonne, e Vigilio rimane fisso , quando Giustiniano invitollo a ritornare - 329 -a palazzo promettendo di difenderlo. Ma si ebbe maltrattamenti assai, onde di notte riparò nel tempio di sant'Eufemia in Calcedonia dove ammalò gravemente.

  In occidente era un duolo altissimo, ma non così in oriente, dove i vescovi attendevano al godimento delle ricche mense. Giustiniano per farlo ritornare emise decreti in favore della fede, adunò col pontefice un concilio nella Sicilia, ma non accettando Giustiniano il giudicato di papa Vigilio, finalmente l'imperatore condannò il pontefice allo esiglio.

  Però Narsete ed i patrizii romani chiesero con alte istanze che fosse richiamato e l'ottennero con immensa gioia di tutti. Vigilio con molta prudenza, tacendo dei maltrattamenti sofferti o di più cose seguite, in una costituzione sua chiarì la verità e fecela accettare dagli occidentali come dagli orientali. In questo fatto il nodo delle difficoltà stava soprat<t>utto nel [253] reputar di Vigilio che opportuno non fosse in tale momento di chiarire la verità in contesa. Così con molti patimenti il pontefice Vigilio rassicurò la società cristiana.

  In Francia avveniva questo. Childeberto re di Parigi, che da pagano si era reso cristiano assai pio, si collega a Clotario e assale Saragozza di Spagna. I cittadini di quella recavano in processione il corpo di san Vincenzo e supplicavanlo di aiuto. In veder questo Childeberto sclamò: “Come poss'io atterrare un popolo di santi?...”. Volse addietro a condizione che gli concedessero una reliquia di quel corpo santo, e ottenutala portolla in trionfo a Parigi. Qui eresse un tempio in forma di croce, con cupola dorata, ornato di marmi e di figure assai pregiate.

  In Francia due concilii in Orleans firmavano la fede e la disciplina. Caduto infermo Childeberto286, san Germano vescovo di Parigi287 il guarì. Allora il re mosse a gara con il vescovo in soccorrendo ai poveri ed ai prigionieri, vendendo benanco le masserizie di casa.

- 330 -  San Firmino otteneva da san Benedetto l'abate san Mauro per un convento in Angiò288. San Maglorio con san Gilda predicava ai bretoni. San Sacerdote, <sant'>Aureliano, san Nicezio, sant'Agricola, san Gallo, sant'Eleuterio289, sant'Albino, san Leobino illustravano molte sedi della Gallia. Santa Radegonda erigeva conventi nel Poitù.

  Morto poi Childeberto, gli succedé Clotario il quale ebbe a combattere con il proprio figlio, che uccise. Clotario si paragonava a Davide ma con poco buona ragione. Morirono anche Belisario e Giustiniano nel 565. Quest'ultimo con la sua mania di teologizzare era caduto in eresia pub<b>licando con editto che il corpo di Gesù Cristo fu sempre incorruttibile, epperò incapace di patire.

  8. [254] Il successore Giustino ristorò i danni dello zio e fu salutato con applauso. Presto però si abbandonò alle libidini ed alle crudeltà. Cacciò da Antiochia Anastasio patriarca.

  Nondimeno avanti <di> morire compié ancora due opere buone. Diè facoltà al ministro di far giustizia in tutto e sopra tutti. Questi cominciò da un general d'armata che condusse con ludibrio nella città facendo gridare: “Ecco come si puniscono i ladri”. E sentendosi morire elesse a succedergli un Tiberio della Tracia290, soldato onesto e intrepido. Gli disse: “Impara dai miei traviamenti a condurre meglio la vita”, di poi presentollo al popolo.

  In questo avvicendarsi di tempi e di persone il mondo si disponeva a fissare il guardo nel pontefice Gregorio il Grande ed a compiacersene come in un salvatore della cristiana società. Così sarà sempre vero che la Chiesa di Gesù Cristo come una madre pietosa compatisce e soccorre ai mali de' figli suoi.

- 331 -Riflessi

1. San Giovanni predice la caduta di Roma.

2. Belisario greco in Italia.

3. Totila saccheggia più volta Roma. Desolazioni altresì nel resto d'Italia.

4. Cosroe di Persia desola l'oriente.

5. Disastri coprono Costantinopoli e più altre città d'Asia.

6. Pietà della Chiesa in mezzo a tante sciagure. San Benedetto. Cassiodoro.

7. Giustiniano favorisce gli errori di Origene. Il pontefice Vigilio. Santi Germano, Firmino, Mauro, Maglorio e più altri.

8. A Giustiniano succede il nipote Giustino.





p. 322
278 Cfr. Ap 18, 2s.



279 Originale: Teodoto; cfr. Rohrbacher V, p. 131.



280 Originale: Milano, di cui il vescovo.



p. 324
281 Originale: Norsete; cfr. Rohrbacher V, p. 138.



p. 325
282 Originale: gebiti; cfr. Rohrbacher V, p. 139.



p. 326
283 Originale: Antardo; cfr. Rohrbacher V, p. 141.



p. 327
284 Originale: la dialettica, l'etimologia, la musica, la geometria e l'astrologia; cfr. Rohrbacher V, p. 151.



p. 328
285 Originale: vescovo di Iba; cfr. Rohrbacher V, p. 162.



p. 329
286 Originale: Childerico, ripetuto nel paragrafo; cfr. Rohrbacher V, p. 196.



287 Originale: d'Autun; cfr. Rohrbacher V, p. 195.



p. 330
288 Diversamente in ROHRBACHER V, pp. 191-192: «Innocenzo del Mans, successore di Principio, sostenne la riputazione della sua Chiesa [...] Credesi che appunto a richiesta sua san Benedetto inviasse nelle Gallie san Mauro suo discepolo, che vi fondò il monastero di Glanfeuil nell'Angiò».



289 Originale: Eleesterio; anche per la precedente integrazione Rohrbacher V, p. 193.



290 Originale: Frigia; cfr. ROHRBACHER V, p. 208.



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