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DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO II XLVI. I persecutori e le vittime |
XLVI.
I persecutori e le vittime
<1.> [297] Lo diceva il divin Salvatore con espresso discorso a' suoi discepoli: “Gli avversari hanno perseguitato me, copriranno ancor voi di vessazioni. Non deve lo scolaro essere troppo addietro dal maestro. Sarete ingiustamente tradotti dinanzi ai tribunali e più ingiustamente sarete condannati. Vi toccheranno tormenti e mali di molta forza. Quando ciò avverrà, ricordatevelo che io ve l'ho annunziato”362.
Siamo a principio del secolo settimo della Chiesa. Scorgiamo come ben si verificano anche in questo periodo le previsioni del divin Salvatore. Sappiamo poi ben valercene per profittarne ancora meglio.
<2.> Entriamo in Costantinopoli. Giustiniano ii sembra nato per perdere sempre contro ai nemici dello impero. Sembra cresciuto per tribolare con più fina crudezza i suoi. Lo scorgemmo quando in Costantinopoli, stanchi delle sue stranezze e crudeltà, gli si ribellarono i sudditi e, tagliatogli il naso, il rilegarono allo esiglio nel Chersoneso Taurico, l'attuale Crimea.
- 369 - In quel luogo per odio di Costante era morto il martire san Martino. In questo luogo si attenta pure alla vita dai greci a Giustiniano.
Questi si era ristorato dei patimenti sofferti. Al manco di naso tagliato aveva supplito con lamina d'oro adunca. Portava così il naso d'oro. Or non è a dire quanto infuriasse a vista di quelle minaccie. Gridò come un leone ferito: “Le [298] onde di mar procelloso mi assorbano se io la perdonerò ad un capo solo”. Da questo momento si ricominciano le vittime miserande.
Era l'anno 705. Giustiniano si fa porgere mano dai bulgari e con quindicimila combattenti è sotto a Costantinopoli. Dopo fiero combattimento, profitta delle tenebre notturne e per un acquedotto entra in città. Tosto fu sopra allo imperatore Tiberio Absimaro ed a Leonzio. Se li pose sotto ai piedi e per un'ora si divertiva in tener loro il calcagno sulla gola, finché con barbarie ferina fe' tagliarne quei capi. Il patriarca Callinico era innocente, ma fu trucidato perché intese che aveva disapprovato i suoi eccessi. I maggiorenti del regno finse <di> elevarli ai primi posti e, quando furono là, mozzò loro parimenti il capo. Molti invitavali a desinar con gusto alla sua mensa e poi facevali strozzar alla sua presenza. Mandò due navi per riprendere appo i musulmani la moglie Teodora col figlioletto, e furono affondate dalle procelle. Scriveva il turco: “Che bisogno è di far pericolare tanta gente? Per accompagnare una donna ed un bambino non bastava un uomo solo?”
Pervenuto poi con altre navi, Giustiniano fa perire fra immensi tormenti l'antico segretario Gioannicio363. L'innocente in spirare sclamò: “Ci vedremo al giudizio del Signore”.
3. Dopo ciò Giustiniano rivolge tutta l'ira sua a<gli abitanti di>Chersone, dai quali in tempo di esiglio non fu con troppo buon garbo trattato. Mandò una nave con ordine di infilzare uomini e donne e di affondare nel mare i fanciulli. I chersonesi sostennero non poco, ma si difesero con gagliardia. - 370 -Invia altra nave e questa affonda. Giustiniano muove guerra agli alleati bulgari e ne è sconfitto. Rimanda nuovi eserciti per estirminare <gli abitanti di> Chersone [299] e questi si alleano alle città finitime e chiamano in soccorso i musulmani.
Il general Mauro, inviato di Giustiniano, viene con animo di spianare la città e di far massacro di tutti, ma trova che è impossibile. Che fare? Vorrebbe ritornare a Costantinopoli, ma teme l'ira di Giustiniano. In questo frangente Mauro stesso si unisce ai chersonesi.
Giustiniano, non potendone più da sentir l'esterminio de' suoi creduti avversari, s'affretta per averne notizia più sollecita fino a Nicomedia. Ma in questo frattempo Bardane Filippico entra imperatore salutato in Costantinopoli.
La regina, madre del fanciullo Tiberio, mette al collo del bambino un fascio di reliquie sante e nella destra la santa croce del Salvatore e poi grida: “Afferrati all'altare e dimora là; io supplico sul limitare della chiesa perché tu sia salvo”. Vengono gli sgherri mandati da Bardane e questi non ascoltano lagrime di madre o strida di figlio. Tiberio è trucidato. Poco stante troncano il capo allo stesso padre Giustiniano. L'infelice aveva rilegato e fatto morire a Chersone il pontefice san Martino364. Da Chersone ripeté la rovina propria e della famiglia.
4. Bardane scrisse per ottenere da Roma il favore del papa, ma il pontefice non gli rispose. Anche Bardane era infetto della eresia monotelita. I saraceni innondavano nello impero ed egli distemperavasi in godimento e lasciava perire i sudditi.
La fazione verde che era in Costantinopoli fu sopra a Bardane e gli fe' schizzar gli occhi dalle orbite. Fu poi gridato imperatore Artemio il quale, a spese di tante sciagure in altri, apprese doversi rispettar la Chiesa e amare i sudditi. Il pontefice se ne rallegrò ed il patriarca Giovanni invitava [300] i sudditi - 371 -a confortarsene dicendo: “Quando sta bene il capo, ne godono le membra”.
Artemio morì presto e gli succedé Anastasio365, ottimo imperatore; ma i greci, usi <ad> averne troppo sovente dei tristi, non ne profittarono. I saraceni furono daccapo ad invadere l'impero fino alla Spagna. Anastasio mandò sue truppe a Rodi, ma queste, pervenute a vista del campo di battaglia, rifiutano <di> cimentarsi. Gridano: “Morte ad Anastasio!” Si stringono poi intorno a certo Teodosio, riscuotitore delle imposte, e sclamano: “Sii tu il nostro imperatore!” Risponde costui: “Pazzi! Pazzi!” Ma gli altri lo forzano ad accettare. Si accostano fuoribondi a Costantinopoli e l'incendiano. Anastasio ripara a Tessalonica e grida: “Salvatemi il patriarca e gli amici più cari!” E' ascoltato ed egli assume l'abito monacale e si rende sacerdote. Era l'anno 716.
Accadde che un mercante della Tracia366, stanco di sé, si arruolasse fra' soldati di Giustiniano. Venuto questi in qualche bisogno, ebbe in regalo dal milite Leone 500 pecore. Giustiniano lo elevò nel grado della milizia. Era Leone ben fatto e aitante della persona. Costui gridò a' suoi soldati: “Io posso meglio governare che il gabelliere Teodosio. Moviamogli incontro”. Leone fu applaudito imperatore nel tempio di santa Sofia nell'anno seguente, 717. Teodosio prese la via dell'esiglio. Entrò in un convento, scavò il proprio sepolcro e vi scrisse sopra: Sanità, o sia guarigione di tutti i mali.
5. Leone, detto Isaurico, ebbe un figlio che nomò Costantino Copronimo. Comandò a tutti gli ebrei che ricevessero il Battesimo e questi obbedirono per non aver mozzo il capo. Obbligò parimenti i manichei, e questi piuttosto che obbedir si bruciarono vivi turbe a turbe.
[301] Intanto i saraceni si fanno ancor presso a Costantinopoli. Questi parlarono a Leone così: “Che fai tu delle immagini che dici sacre?... Non paventi <di> adorare un idolo di - 372 -legno o di pietra?...”. “Vero, vero! -- rispose Leone -- Rovina alle immagini! Morte ai cristiani che venerano le immagini! Sono idolatri detestabili!”
Intanto colla sua destra abbatte in Costantinopoli la miracolosa immagine del Salvatore chiamata Antifoneta. Il popolo si commuove. San Germano, patriarca della città, ne inorridisce; ne avvisa l'imperatore e scrive al vescovo di Claudiopoli. Il popolo greco se n'addolora, ma Leone colpisce statue, rovescia vasi sacri, calpesta monumenti, disonora i templi santi. Aduna le immagini le più venerate, e con il fumo di quelle che abbruciano soffoca i cristiani più zelanti che con i piedi sospende al capo di alberi piantati.
L'imperatore poi, ruggendo come il leon della foresta, si rovescia con ischiaffi contro alla persona veneranda del patriarca san Germano367. Questi risponde: “Se per causa mia è venuta questa tempesta, sia io buttato in mare. Rinuncio al pallio ed alla sede di Costantinopoli”. I soldati tumultuanti gli surrogarono Anastasio, ambizioso personaggio.
Intanto Leone continuava sue carneficine. In Costantinopoli era un tempio rinomato detto Ottagono perché otto portici circondavanlo. In questi stavano i sapienti dell'accademia, il fiore dei savi dello impero. Li interrogò dunque Leone: “Faccio io bene a strugger le immagini?” Risposero: “Voi operate pessimamente”. Leone montò in furore e fe' bruciar il tempio con gli studiosi sapienti. Si avvicina poi alle porte di Calce e atterra l'immagine d'un divoto crocifisso, lasciando tuttavia inalberata la croce. Una turba di donne piangono come desolate. Leone le fa bruciar vive, e per [302] dieci anni continua un regno di terrore, di carnificine, di sangue. Per dilettarsene vieppiù impeciava i corpi vivi e vi dava fuoco. In maggior numero mandavane allo esiglio.
Sorse poi a scriverne al pontefice, allora san Gregorio ii, lamentandosene: “I miei sudditi sono ribelli”. Rispose il pontefice: “Tu scrivi minacciando, ma non sai che il pontefice è mediatore tra l'oriente e l'occidente?... Papa san Martino e - 373 -l'arcidiacono Massimo dal tuo predecessore Costante368 furono fatti morire nello esilio369 di Chersone, ma essi sono santi... Piaccia al cielo che ti ravveda... Per cagion tua mi torna grave la vita... ma non temo le tue minacce. Intanto perché la intenda, ripeto la vera dottrina della Chiesa intorno alle sacre immagini”.
6. In Damasco ed al servizio dei saraceni sedeva in alto posto un cristiano fatto servo, che le molte sue ricchezze spendeva per redimere gli schiavi e sollevare i miseri. Costui s'aveva un figlio di nome Giovanni. Un bel dì gli si presenta al genitore un monaco Cosma che dice: “Non mi duole morire in questa schiavitù, ma vorrei far apprendere almen da uno la scienza che io possiedo”. Rispose quel padre: “Istruitemi il Giovannino mio”. Cosma era il più dotto di quei tempi e ammaestrò per bene Giovanni. Il quale un bel dì disse: “Nol dovrei, perché non son da tanto, ma i mali della Chiesa son tanti...”. Intanto emise un libro intorno alle sante immagini e mandonne copia, con preghiera, allo stesso Leone. Questi rispose da sconoscente scellerato. Imitò la scrittura calligrafica di Giovanni e scrisse al governator di Damasco protestando che Giovanni aveva cercato <di> ucciderlo. Per questo il santo riparò alla laura di san Saba presso a Gerusalemme, dove continuò <ad> illuminare la terra con molti suoi scritti. Condiscepolo a san Giovanni era sant'Andrea di Creta, [303] che descrive il martire san Giorgio vittorioso delle ruote, dello eculeo, dei veleni, delle punte arroventate.
Leone Isaurico inferociva vieppiù. Manda certo Paolo perché strappato Gregorio da Roma l'uccida. Il popolo, avutone sentore, è sopra il sacrilego per farlo in brani, ma san Gregorio lo salva. Rimanda altro emissario, Eutichio, che non incontra miglior sorte. L'imperatore largheggia coi duchi d'Italia perché con lui movano guerra al pontefice, e san Gregorio invoca l'aiuto di Carlo Martello di Francia. Ravenna - 374 -contrad<d>iceva allo imperator Leone, e questi in più riprese manda per esterminare la città, ma le onde affondano le sue navi. I ravennati in digiuno ed in cilizio si fanno a pregare e sono esauditi. Ricordano quei cittadini la vittoria del 26 giugno 733 che li assicurò con manifesto prodigio.
Gregorio iii, succeduto a san Gregorio ii nel giorno stesso che accompagnava i funerali del defunto, adunò concilio e mandò un sacerdote, Giorgio, per presentar sue lettere a Leone. Giorgio, colto da timore, ritornò, onde il pontefice ed il concilio altamente lo biasimarono. Mandò altri, cioè Costantino e Pietro, difensori della romana Chiesa. Or Costantino fu arrestato in Sicilia e costì detenuto, Pietro poi per altra via e con molta intrepidezza consegnò le lettere conciliari a Leone. Il quale, imperversando, confisca i beni di molte chiese, smembra molte diocesi, aggrava sui nati il peso del testatico.
Nel 741 avvennero tremuoti in tutto l'oriente. Costantinopoli fu scossa e vide rovesciarsi le mura e gli edificii principali. Il popolo riparò al campo. La Tracia fu pure coperta di rovine insieme con Nicea e con <la> Bitinia. Molte città dello Egitto sprofondarono[304]. Il mare muggì spaventoso, seppellì i vascelli che recava sul suo dorso.
Leone aggrava le tasse, ma finalmente dopo 24 giorni di tormentosissima malattia spira fra orrendi ruggiti addì 18 giugno370 di questo stesso anno. La superbia rese cieco e superbo questo crudo imperatore. Leone rovinò l'impero con perdere affatto quella preponderanza che aveva già in tutto l'occidente.
7. L'occidente alla sua volta pareva perire sotto la scimitarra dei saraceni, che da Spagna erano penetrati in Francia ed ivi <avevano> atterrate città, distrutti templi, fra i quali questo di san Martino e di sant'Ilario. La Francia era divisa da fazioni e infiacchita per le divisioni in molti regni. La Provvidenza suscita allora Carlo Martello, che aduna i principi divisi intorno a sé, rompe in diversi scontri le forze nemiche e finalmente le strugge non senza manifesto prodigio nel campo fra - 375 -Tours e Poitiers nel 732. In una giornata che si combatté da mane a sera perirono 375 mila musulmani condotti da Abderamo, e così fu salva l'Europa intiera.
In queste guerra sostenne il martirio fra crudi patimenti san Teofredo. In Marsiglia la badessa Eusebia, per non esser violata dai turchi, <si> tagliò il naso e si sformò nel viso. Quaranta vergini imitarono quell'eroico esempio.
Nel celebrato monastero di Lerino erano 500 religiosi. Il superiore san Porcario371 conosce sovran<n>aturalmente che il convento sarà depredato. Porcario allontana 36 giovani novizi e 16 fanciulli e dice agli altri: “Abbandoneremo la nostra rocca?” E gli altri, ad una voce: “No, morire intrepidi!” Muoiono allora massacrati dalla scimitarra saracena. Uno solo scampa l'eccidio generale e questi vien <a> chiamare i novizii ed i fanciulli nascosi e con questi ripopola il monastero di Lerino.
[305] San Claro predisse parimenti le devastazioni che i saraceni avrebbero operato nel Viennese. San Pardolfo372, figlio di contadini, s'armava di cilizio la persona e attendeva alla costruzione di monasteri. Sant'Eucherio, vescovo d'Orleans esigliato a Colonia, tornava tanto caro a quei fedeli, che tosto si affrettavano per versare in sue mani le proprie sostanze e dispensarle ai poveri.
San Rigoberto otteneva che gli fossero restituite nella guerra due campane. Sant'Uberto era braccio forte in difesa della fede. Altri vescovi si trovò che impugnando l'armi comandavano in questo periodo eserciti. Più che vescovi, questi erano guerrieri.
Nella Italia Gregorio ii, il santo, ristorava la disciplina ecclesiastica. Mandava Petronace a ristorare il convento di Monte Cassino fondato da san Benedetto. Paldone, Tatone, Tasone, tre nobili cugini in Benevento, gli porgevano aiuto. Incominciano la propria impresa con recare semplicemente un cesto di pane.
- 376 - I conventi nella Europa ristorano le scienze, le arti, la morale. Se non fossero sorte queste istituzioni, l'Europa sarebbe ricaduta nella barbarie musulmana.
Il monaco Bonifacio da Inghilterra passò nella Francia e venne ad evangelizzare la Germania. Atterrò idoli, abbatté alberi idolatrati. Compie miracoli di guarigione, erige chiese e salva i popoli battezzati dall'eretico Eremvolfo. Inghilterra e Francia applaudono. Italia ne gode. Il pontefice Gregorio iii gli invia il pallio con il titolo e l'autorità di arcivescovo.
Per tre volte Bonifacio compie il viaggio da Germania a Roma per riferire al pontefice e ottenerne compagni. Il papa gli assegna san Vunebaldo [306]e san Villibaldo373, che pellegrinando erano stati in oriente e avevano riportato le tradizioni della assunzione della Vergine al cielo.
Oh come son belli i passi di chi viene evangelizzando la pace ed i beni celesti374! Questi intrepidi sono i grandi i quali un giorno con Gesù sederanno per giudicare la terra. I persecutori alla lor volta li scorgeremo abbattuti ai lor piedi. Non temiamo i tristi! Ci rivedremo un dì al giudizio del Signore!
1. I persecutori e le vittime.
2. Giustiniano ii rientra in Costantinopoli e fa strage de' suoi avversari.
3. Si attenta a vendicarsi di Chersone e ne ha la morte.
4. Imperatori che si avvicendano sul trono di Costantinopoli.
5. Leone Isaurico muove persecuzioni alle immagini sacre.
6. San Giovanni Damasceno e sant'Andrea di Creta. Nel 741 avvengono tremuoti in tutto l'oriente.
7. Carlo Martello resiste ai saraceni in occidente. Buone opere di monaci e di sacerdoti santi.