Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Da Adamo a Pio IX (II)...
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DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO II

XLVIII. Di due figli di una madre santa l'uno è snaturato, l'altro poi dabbene

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XLVIII.

Di due figli di una madre santa

l'uno è snaturato, l'altro poi dabbene

  1. [319] Santissima è la Chiesa, pietosa nostra madre. Ma tra' figli di essa ha alcuni che sono buoni; hanno poi anche altri che sono tristi. I primi la consolano, i secondi le sono motivo di immenso dolore.

  Nella seconda metà del secolo settimo, Carlomagno, degnissimo figlio della Chiesa di Gesù Cristo, disponevasi a rallegrare il cuore della madre sua. Costanino Copronimo poi, tristissimo imperatore a Costantinopoli e cristiano bestemmiatore, le stracciava alla genitrice il cuore con acerbissimo tormento. Scorgiamo parte a parte gli avvenimenti che all'uno e all'altro si riferiscono.

  Costantino Copronimo appariva come un degno ministro di Satana. Il Lucifero se lo vedeva che gli uomini, dal fissare lo sguardo alle immagini benedette, tosto lo elevavano al paradiso ed a Dio. Ne concepiva dispetto cocente il satanico, però si valse di Copronimo per rimuovere alle immagini sante guerra accanita. Costantino atterrava i monumenti nei quali fosse una im<m>agine dipinta. Sfogava sovrat<t>utto il suo veleno contro agli edifizii delle chiese e contro alle persone dei monaci.

  2. Nel convento di sant'Aussenzio erano religiosi in copioso numero. Stefano, il superiore, disse ai suoi: “La iniquità innonda, la eresia serpeggia in [320] ogni angolo. Ripariamo - 388 -dove il contagio è minore. Il Ponto Eusino385, Cipro e Roma sono le provincie nelle quali meno potente è l'errore. Ripariamo nel territorio di questi confini, ciascuno come meglio può”. Stefano era stato consacrato a Dio nel seno della propria genitrice. A trent'anni fu abate del monastero di sant'Aussenzio.

  Poco di poi Costantino, rotto in guerra dai bulgari, sfogò l'ira sua contro ai cattolici. Facevali distendere sugli eculei, mutilava loro le orecchie, il naso, la lingua. Protestava di farla finita con chi ancora venerasse un'immagine. Prometteva premi a chi inventasse tormenti nuovi a torturare. Egli stesso assisteva ai supplizi e godeane come a spettacolo di festa gioconda.

  Il santo abate Stefano osservava e dolevasene vivamente in cuore. Sant'Andrea Calibita386 venuto innanzi allo imperatore disse: “Se tu adori Gesù Cristo, come osi insultare la sua immagine?...”. Costantino arse di sdegno; comandò alla plebe che l'insultasse e questa venuta addosso a lui lo coprì di sassi e con tante ceffate gli ruppero la mascella.

  Stefano era coperto con pelle di pecora e aveva una cintura di ferro. Si era scavata una grotta in forma di gabbia e entro dimorava in orazione con Dio. Per il continuo pregar genuflesso aveva le ginocchia inaridite. Molti si facevano a visitarlo, ed ei confortandoli operava di frequente un prodigio di guarigione. Un Giorgio Sincleto387, mandato dal Copronimo, si finse divoto, si batté il petto, fece spuntar sulle ciglia due lagrime e pregò: “Ricevetemi nella santa vostra regola”. Stefano gli rase il capo e gli diè l'abito. Stando così, Giorgio fugge di e viene al Copronimo e si mostra al popolo dicendo: “Ecco come Stefano mi ha ammaliato”. Tosto le turbe furenti muovono incontro al monastero di sant'Aussenzio, [321] ne strappano Stefano dalla sua gabbia e conducendolo con obbrobrio lo coprono d'insulti, lo costringono alle catene e gli - 389 -fanno sopportare tormenti crudi come la rigidezza di clima che si mostrò in quell'anno.

  3. Era l'ottobre del 763. Nel Ponto Eusino, e per lo spazio di trenta leghe, l'acqua di mare si rapprese. Il ghiaccio crebbe grosso fino a 45 piedi. Venti piedi di neve venne<ro> a posarsi sopra, sicché le vetture attraversavano il mare. Nel febbraio del prossimo anno vennero giornate calde, onde il ghiaccio si disciolse a poco a poco. Apparivano fra le onde monti di ghiaccio galleggiante con entro cadaveri di bestie e vittime di uomini. Nel marzo susseguente venne un calor di fuoco e nella state siccità desolante.

  4. In mezzo a queste minaccie, Costantino si faceva frenetico. Venuto dinanzi al patriarca, disse: “Non è vero che la Vergine sia madre di Dio”. Vinto ancor dai bulgari, si sfogò sopra ai cattolici che tolse a mutilare, ad uccidere e scarnificare. Per colmo di confusione faceva camminare per Costantinopoli i monaci intrepidi al fianco di persone di pessima vita. Questo scandaloso trattamento usollo parimenti con i più cospicui ufficiali dell'imperiale palazzo. Strategio morì sotto il peso di immensi patimenti. Il popolo se ne commosse, e Costantino venuto diessi a flagellar barbaramente tutti quelli che trovò dolenti. Il patriarca della città diè segno di debolezza, e questi fu colmo di onori. Non pochi altri o del clero o del laicato vennero pur meno al peso di tante prove.

  Il Copronimo, non avendo più con chi irrompere, distrusse i mosaici più belli delle sale imperiali. Si accostò alle reliquie di santa Eufemia in Calcedonia e le disperse. Il patriarca disapprovò e fece raccogliere quegli avanzi preziosi. Per questo il [322] Copronimo lo dannò allo esiglio dopo averlo crudamente maltrattato. Nei giuochi del circo divertivasi l'imperatore in svellere le barbe, i capegli, le sopracciglia dei cattolici, calpestarli nel collo e troncar loro il capo.

  L'abbate Stefano sciolto dalla carcere venne a riporsi nella sua gabbia. Il popolo novellamente traeva a lui ed egli guariva i c<i>echi, salvava i naufraghi, curava con l'imposizion delle mani le malattie. Il governator della Tracia chiama intorno a sé per minacciarlo Stefano, ma in quest'ora cade da cavallo e muore. Costantino chiamollo parimenti a sé e trattò intorno a - 390 -lui più come un capo di cannibali che come governatore di cristiani. Stefano disse francamente: “Se hai fermo la mia condanna, conducimi pure alla morte”. E tolta in mano un'im<m>agine dell'imperatore la calcò sotto ai piedi dicendo: “Come tu vuoi che si calpesti l'immagine di Cristo, sarai contento che prima si calpesti la im<m>agine tua”. Il Copronimo lo sopraf<f>ece di nuovi maltrattamenti. L'abate Paolo, che si trovava presente, fu alla sua volta interrogato, e rifiutando egli di recare a Gesù qualsiasi ingiuria, il Copronimo schiacciollo fra due travi e, accesa una fiamma di paglia, fecelo morire soffocato.

  Gli ufficiali dello imperatore non la cedevano punto in crudeltà. Lacanodracone388, governatore in Asia, nella sera del Giovedì santo colse i religiosi di un insigne monastero mentre celebravano le sacre funzioni proprie della solennità. Sobbissò il convento e rovesciò sopra l'edificio le macerie del monte sovrastante.

  5. Stefano in altro luogo stava pregando. Aveva convertita la propria carcere in un monastero di lodi. Terminate le preci di quel , sorse Stefano [323] a dire: “Arrivederci in cielo; io mi preparo al mio passaggio”. Passò la notte in orazione e venuta l'alba continuò: “Non devono le cose sacre essere profanate dai cani”. Depose il mantello e la coccolla e stette con la semplice veste di pelle. I soldati lo vengono <a> riprendere, lo percuotono tra via, l'abbandonano come morto sul limitare d'un tempio. Stefano si riebbe, operò prodigi. Gente di palazzo che s'abbatté scese a baciare riverentemente le mani a Stefano. Lo che appena seppe Costantino gridò: “Io non sono più vostro imperatore... Ha fra di voi chi venera Stefano, il capo degli esecrabili”. Gli eunuchi lo confortavano a non temere. Intanto si fecero daccapo sopra Stefano e fecero in lui tutto quello che poterono di maltrattamenti, finché morì e fu sepolto in una cloaca. I carnefici ritornando raccontarono minutamente i particolari allo imperatore, il quale divorando a due palmenti si smascellava dalle risa.

- 391 -  6. Se non fosse stato crudo come una tigre, il Copronimo389 poteva entrare in parentela con Carlomagno, il quale era contento di dargli in isposa la propria figlia Rotrude. Ma Irene, la regina madre, volle che il figlio si sposasse ad un'armena di nome Maria. Costantino obbedì, ma presto incarcerò la madre perché si pretendeva imperatrice, presto ripudiò la legittima consorte per isposarsi a Teodota, donzella di costei. L'abate Giuseppe benedisse a quel nodo scandaloso, si fecero feste per quattro ; i principali del regno se ne rallegrarono e, seguendo l'esempio del re monarca, impararono a rompere come lui il legame di unione santa e distemperarsi in godimenti illeciti. Tarasio patriarca seguiva <a> protestare: “Piuttosto la morte che fallire nel proprio dovere”. Intanto scomunicò l'abate Giuseppe.

  San Platone con il nipote [324]Teodoro, nobilissimi patrizii che si erano resi monaci, ne informarono il pontefice, ne scrissero ai vescovi d'Asia. Vescovi e monaci del Bosforo e del Chersoneso si uniscono per dichiarare Costantino rescisso dalla Chiesa. Allora la madre Irene gli fa strappare gli occhi finché muoia. Rimasta poi sola, si dichiara imperatrice e per procacciarsi affetto dai sudditi richiama esigliati, versa a piene mani tesori per gli infelici, fonda ospedali, diminuisce imposte. Fu legger compenso a tante iniquità. Costantino, se si fosse sposato a Rotrude e congiuntosi con Carlomagno sotto la guida del pontefice, si sarebbe ritolto ai saraceni la Siria, l'Egitto, l'Africa.

  Ma l'oriente era troppo freddo nella fede. In un conciliabolo adunato dal Copronimo 300 vescovi diedero segno di imperdonabile timidità. Nel 780 il patriarca Niceta favorì l'errore del Copronimo. Il patriarca Paolo non fu meno cortigiano, ma venuto a morte ne mostrò cordoglio vivo. Fu in questo punto che volsero l'occhio sopra Tarasio segretario dell'imperatore. Questi ripudiò costantemente, ma forzato ad accettare - 392 -disse: “Sì, purché diate mano con me a convocare un generale concilio per curare i mali della Chiesa”.

  I vescovi dell'occidente e dell'oriente convennero dunque in Costantinopoli e poi a Nicea. A lungo e con la scorta dei testi scritturali e patristici confermarono la cattolica dottrina sul culto delle immagini. Accettarono in buon numero vescovi caduti nel conciliabolo del Copronimo, i quali dolendosi sclamavano: “Abbiamo peccato dinanzi a Dio, alla Chiesa, al concilio. Non costretti da forza veruna, ma acciecati dalla ignoranza nostra, abbiamo fatto il male”. Soscrissero i vescovi, segnò il suo nome Irene stessa e così ebbe termine il secondo concilio niceno, settimo ecumenico, che finalmente pose fine alla persecuzione che per [325] tanti anni perseverò con ostinatezza cruda e con sanguinosa ferocia.

  Ma quanto un figlio scellerato corruccia il cuore della madre, tanto il consola un figliuolo savio, come si vedrà nella seguente lezione.

Riflessi

1. Costantino Copronimo imperator greco persecutore.

2. Santo Stefano.

3. Geli nella vernata 763.

4. Frenesie di Costantino.

5. Martirio di santo Stefano.

6. Languor di fede in oriente.





p. 388
385 Originale: Il Ponte Eusino, ripetuto nel capitolo; cfr. Rohrbacher VI, p. 94.



386 Originale: Calebita; cfr. Rohrbacher VI, p. 95.



387 Originale: Sancleto; cfr. Rohrbacher VI, p. 97.



p. 390
388 Originale: Lacanodragone; cfr. Rohrbacher VI, p. 106.



p. 391
389 In Rohrbacher VI, pp. 167-172, gli episodi riassunti di seguito (Se non fosse stato[...] la Siria, l'Egitto, l'Africa.) sono riferiti a Costantino VI invece che a Costantino V Copronimo.



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