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DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO II LXI. Un colmo di male |
LXI.
1. [451] Siamo in tal momento da dover fissare mesto mesto lo sguardo sopra un cumulo di male. Disse il divin Salvatore a' suoi discepoli: “La mia Chiesa è simile ad una rete che accoglie ogni genere di pesci. Il pescatore li riversa poi nella barca e ne fa la scelta; i buoni li ripone, i fracidi li rigetta”590. Intorno alla metà del secolo decimo, in questa rete misteriosa insieme con i pesci buoni siam costretti <a> mirarne anche dei tristi non pochi. Il male parve giungere al colmo. Ma Dio lascia fare e non sopraffare. La Chiesa è in buona custodia di Gesù Cristo.
Facciamoci daccapo. Giriamo lo sguardo entro Costantinopoli. Quei meschini trattano gli interessi di Gesù Cristo con sordida avarizia. Si valgono di Gesù Cristo per isfogo di ambizione e di cupidigia. Si affiggevano agli angoli delle vie, in quella massima città, pubblici avvisi che dicevano mettersi al pubblico incanto ed al miglior offerente i beneficii in cura d'anime, non che lo stesso patriarcato. Quale avvilimento! Intorno ai santi altari pensatelo come crescesse la sordidezza.
2. Ildebrando, incaricato dallo imperatore a trovare un pontefice, lo rinviene in Germania nel vescovo Guebardo591. Ma questi manda <a> dire al re: “Il ciel vi guardi che pensiate a me, perché io sono peccatore”. Gli rispondono i maggiorenti: “Iddio lo vuole; assumete il governo della Chiesa di Gesù Cristo”. Ed egli dolente riceve il nome di Vittore ii e piega le spalle al grave peso.
Or ben [452] sapendo di Costantinopoli e di Michele Cerulario che vi favoriva lo scisma, manda tre suoi legati perché vi trattino con zelo la gloria di Gesù Cristo. Michele mal si arrende e i vescovi escono in questa esclamazione: “Il Cerulario lo vegga e lo giudichi Iddio!” Michele Cerulario morendo - 505 -lasciò il patriarcato a Costantino Licude. I legati pontificii ottennero che il monaco Niceta dicesse anatema al suo scritto Degli az<z>imi, del sabato e del matrimonio dei preti, anatema a chi ardisse impugnare l'autorità del papa. Gli stessi legati, facendosi a visitare nel tempio intorno all'altare del Santo dei santi, compresi da alto duolo rimproverarono: “Perché pigliate con un cucchiaio il pane eucaristico sminuzzato?... E come non ne raccogliete le bricciole, e asciugate le patene con foglie di palma ovvero con una spazzola di setole?... E nella sera dei giorni di digiuno perché interrompete con erbaggi la astinenza sacra?”
Ma i greci, sempre duri, perseverano fino ad oggidì in una cecità desolante. Rifiutano la luce di pieno giorno che lor vien da Roma, ed eccoli avviliti e screditati popoli nella società dei cristiani. I sacerdoti greci sono i loro papassi592, padrifamiglia che han cuore per la propria casa e non ne serbano per l'onore della casa del Signore. Fra loro non si trovò mai più l'esempio di chi imitasse le prove di Carlo Borromeo o del vescovo Belzunzio593. Fra i greci, i cristiani che sentansi feriti in cuore per trovare un balsamo ricorrono ai monaci celibi e presso a questi confessano i propri falli.
3. Il pontefice Vittore ii levò alta la sua voce contro ai simoniaci di tutto il mondo. Adunò concili, chiamò il vescovo sant'Ugo, e tanto parlò e tanto pianse che alcuni si ravvidero. Gridò altresì contro agli usurpatori dei beni delle Chiese. Regola la tregua di Dio. Ai gemiti di Vittore594 aggiungeva i propri sant'Annone, arcivescovo di Colonia[453], il quale in predicare scioglievasi in lagrime e faceva piangere gli uditori suoi. In discorrer ai grandi od in riprenderne le loro colpe sclamava: “Guai a voi, i quali date scandalo tanto più funesto quanto più sublime è il luogo in cui sedete!”
Vittore, affranto dalle sollecitudini, passò da questa vita. Ildebrando, lagrimandone, provvide che il cardinal Federigo - 506 -di Lorena ne occupasse la sede. Se ne dolse Federigo595, ma alfine replicò: “Si faccia il voler di Dio” e assunse il nome di Stefano ix. Questi volse subito lo sguardo a Pier Damiano che viveva nella solitudine e rimproverollo dolcemente così: “Or come lasci la Chiesa per pensare al tuo agio? Rinuncia alla solitudine e assumi il vescovado di Ostia”.
Nella Francia narbonese, come in Costantinopoli, i beneficii ecclesiastici esponevansi al pub<b>lico incanto. Nella Lombardia i sacerdoti in cura d'anime non pensavano che ai cani ed alle caccie, erano lupi rapaci. In Milano, nel giorno che l'arcivescovo Guido per la prima volta celebrò, tutto il popolo uscì di chiesa; alcuni amarono morire piuttosto che obbedire ad un vescovo dissoluto e simoniaco.
Arialdo predicava instancabilmente. Il popolo serravagli596 intorno e con lui deplorava i pessimi mali della simonia e della dissolutezza. Guido minacciava Arialdo, e per farlo cessare da declamare ed inveire contro al vescovo ed al clero appellò a Roma. Il pontefice Stefano mandò suoi legati Ildebrando, san Pier Damiano e Anselmo, che fu poi Alessandro ii. Questi invero riconobbero l'eccesso di vizio e inorridirono dicendo: “Sei pur mostro esecrando, simonia maledetta!”
Arialdo ebbe ancor da patire assai. Pugnò tuttavia intrepido per anni dieci, finché con Erlembaldo presenta a Guido decreto di scomunica. Questi infuria e grida: “Arialdo e Erlembaldo597 ci [454] vogliono schiavi!” Arialdo alla sua volta arringa il popolo e sclama: “Chi è con sant'Ambrogio esca dalla chiesa e lasci Guido!” Eran presenti sette mila persone. In poco momento di tanta moltitudine non rimasero che dodici persone.
Il clero fu addosso ad Arialdo gridando: “Fuori <da> Milano! Via da noi il disturbatore! Si interdicano tutte le chiese finché Arialdo non sia uscito!” Arialdo fu condotto da Milano al Lago Maggiore dove, novella Gezabele, la nipote - 507 -dello arcivescovo Guido comandò che Arialdo fosse tolto fra' vivi. Arialdo raccolse la palma del martire nel 1066. Dieci mesi di poi la salma dello intrepido predicatore ricompare incorrotta alle rive del lago. I cristiani che ne intendono accorrono con splendor di sacro rito ed elevando il corpo di Arialdo sclamano con tripudio: “Così il Signore glorifica i servi suoi!” e procedendo con processione divota riportano quella salma santa nella chiesa di san Celso entro Milano.
4. A Stefano ix era succeduto papa Alessandro ii598. Questi invia suoi legati Mainardo e Giovanni, che predicando pur sempre contro alla simonia, sedano tumulti e contengono il popolo dalle arsioni. San Pier Damiano, ponendo sempre attenzione alle premure del pontefice, aduna concilio a Chalons. In passare per Clunì trovò che i monaci, benché esemplari, pascevansi con qualche abbondanza. Ne fu meravigliato Pietro, ma l'abbate gli soggiunse: “Dimorate per otto dì con noi”. Pietro acconciossi; iscorse poi tanto lavoro di preghiera e di azione in quei monaci che prorompendo in esclamazione disse: “Vero, vero; necessario è pascersi per faticare. La soverchia austerità produce rilassatezza”. E dicevalo agli amici suoi: “I monaci di Clunì sono sì occupati che non trovano punto tempo per peccare”.
5. [455] Il colmo di male nella Chiesa in quest'epoca non proveniva solo dai vizii accennati. La radice era tutta nella prepotenza degli imperatori germanici i quali volevano imporsi alla Chiesa. Il potere civile entrando nel governo della Chiesa imponeva alle sedi del vescovo e per esse nelle sedi di ogni par<r>oc<c>hia personaggi che in tutto fossero piag<g>iatori dell'impero e indulgenti alle passioni dei grandi. Se i ministri nella Chiesa sono cattivi, la colpa è sempre dei tristi potenti che adoperano a ciò loro sforzi.
Intanto il male era cresciuto, tanto che a Milano si attentava alla vita di quelli che sforzavansi di attenuare il corso a questo torrente di iniquità. San Pier Damiani si ebbe pure attentati- 508 - alla vita. Appena nel Milanese si trovava sacerdote che non fosse stato ordinato simoniacamente. Era una società detta dei nicolaiti, dediti a tutte le sfrenatezze. Che fare? Si consultò se dovessero interdirsi tutte le chiese, ma il pontefice soggiunse: “Talvolta è opportuno lasciare impuniti i falli che son propri di tutta una moltitudine”. Punironsi i più rei. A Guido furono imposti cento anni di penitenza a redimersi in parte con copia di elemosine e di opere pie.
6. In quest'epoca i normanni, domiciliati nel Napoletano, obbedivano a Riccardo ed a Roberto offerendo un canone annuo al pontefice. Così principiò il reame di Napoli.
Altri dolori nella Chiesa era<no accaduti per> il duca Guglielmo nella Normandia, che avendo sposata la propria parente Matilde <figlia> di Baldovino, meritò poi di essere scomunicato. E nella Inghilterra premeva al cuore della Chiesa la lotta che ferveva fra inglesi e normanni sotto il regno di sant'Edoardo599. Vulstano vescovo sforzavasi <di> asciugare le lagrime alla pia genitrice, ponendo ogni cura nello zelo di preghiera e di predicazione. A consolar il cuore della desolata si tennero concilii in Roma dove intervenne [456]sant'Ugo di Clunì. Il re Ferdinando di Spagna adunò concilio in San Giacomo di Compostella e poi in Aragona.
Nella Danimarca Gotescalco600, genero del re, favoriva di gran cuore la cristiana fede. Sovrat<t>utto poneva attenzione perché in ogni città sorgessero conventi di religiosi e di religiose esemplari. Diceva: “Questi son seme che cresceranno in pianta olerosa”. Ma i sassoni erano ingordi nello imporre esazioni e balzelli tirannici. Se ciò non era, il più degli slavi si facevano cristiani. Adalberto vescovo con l'accento di sua voce avrebbe guadagnato i cuori più selvaggi da Groenlandia, da Islanda e per essa da America.
7. Ma altri vescovi, di Magonza e di Colonia, aderendo alla massima del potere civile che tutto vuole assorbire, conclusero- 509 - per venire al possesso dei tesori delle abbazie. I signori di Germania agognarono alle ricchezze dei beneficii ecclesiastici.
Un re fanciullo, Enrico iv, a cinque anni governava per mezzo della madre. Cresciuto avanzatuccio, cominciò <a> dire: “Fate voi”, e nol dismise finché si trattò di danneggiare ai diritti della Chiesa. I sassoni, che avevano avuto al governo tre Ottoni e sant'Enrico, or si mordevano le labbra in vedersi governati da una donna e da un fanciullo. Porsero materiale per una sommossa.
Il pontefice, allora Nicolò, volse parole di rimprovero a quei vescovi di Magonza e di Colonia, ma questi, infuriando, minacciarono <di> scomunicare lo stesso pontefice. Rimescolando poi le proprie alle molte fazioni che ribollivano in Italia e fuori, accadde che morendo in Firenze Nicolò, per colmo di duolo venisse eletto Cadaloo, vescovo di Parma, simoniaco e scandaloso pubblico. Un Gerardo <conte di>601 Galera, capo ladrone, aveva ottenuto questo insediamento sacrilego. Dolevasi Pier Damiani con dire: “Se Cadaloo ottiene il papato, la è finita per la [457] Chiesa” e rivolgendosi al clero in generale, dolevasi con soggiungere: “Misero guadagno è adunar ricchezze per lussureggiare! Che valgono cappe fregiate d'oro con gioielli incastonati?”
Pietro nella sede di Firenze fu denunciato eretico e simoniaco. Giovan Gualberto, che aveva fondato l'ordine dei vallombrosani, ardeva di zelo. Porporati perseguitaronlo e facevano uccidere perfin de' suoi compagni, ma san Gualberto incoraggiava i suoi con dire: “Morire martire è la più gloriosa sorte. Pregate Dio che io possa dare il sangue per la fede”. Giovanni Gualberto viveva di provvidenza con i suoi. Spesso Dio con manifesto miracolo soccorrevalo dal cielo.
Come san Giovan Gualberto, così san Teobaldo conduceva vita mortificata e adunava sacerdoti a vita comune per la santificazione propria e delle anime. San Teobaldo nel sacramento di Confessione commuoveva i cuori più indurati.
- 510 - 8. Nella Inghilterra moriva sant'Edoardo re. Guglielmo602, che gli succede, intende con zelo ad edificare monasteri, a ristorare templi santi.
Lanfranco, costretto <ad> accettare il vescovado di Cantorberì, venne a Roma e ottenne che i monaci a luogo dei canonici funzionassero nelle cattedrali. Rivolta poi l'attenzione sua contro a Berengario, che chiamava la Chiesa romana adunanza di malvagi, difende contro allo eresiarca la fede nella santissima Eucaristia.
A Montecassino si era riconstrutto il tempio del celebre monastero. La basilica vi era lunga 105 cubiti, larga 43, alta 28, con atrio e pavimento a mosaico eseguito da operai venuti da Costantinopoli. Principi e patrizi avevano mandato loro copiosi doni. Il pontefice, allora Alessandro ii, venne in persona a compierne la dedicazione, concorrendovi 10 arcivescovi, 43 vescovi, molti abati [458] di monastero, con turbe di popolo venutevi processionalmente.
9. Ma un terribile avversario, Enrico iv, allevava la Germania contro alla Chiesa. Questo imperatore operava a capriccio entro al santuario santo. Faceva vescovi e disfacevali. Spesso in una diocesi poneva due vescovi che si osteggiavano per distruggersi. Faceva propri i beni delle chiese e se ne valeva per isfogo de' suoi capricci. Le dissolutezze di Enrico stomacavano. Agnese, la madre, inorridendo, venne a san Pier Damiano e condusse vita privata. Tutti i buoni ne erano desolati. Il vescovo di Magonza scrisse per rinunciare alla sede, ma non fu ascoltato. Enrico voleva non solo una parte, ma l'intiero del reddito delle chiese.
Si teneva circondato da satelliti pronti a qualsiasi eccesso. Il governo era in mano a frodatori ingiusti e crudeli. I sudditi angariati, che avessero voluto appellarsi al re, non erano sicuri di vivere. Uomini e donne adunavansi in conferenza per deplorare le scelleratezze di Enrico e porvi qualche riparo. I sassoni minacciavano <di> ribellarsi. Ai legati venuti da parte di Enrico risposero: “Riferite all'imperatore che se egli ha delle - 511 -armi, noi ne abbiamo pure... Questo sangue che ci scorre nelle vene, riferite che siamo disposti a spargerlo fino all'ultima goccia”. Mandarono poi per esporre le proprie querele al pontefice Alessandro ii. Questi guardò per l'ultima volta alla terra e gemé: “Il male è pervenuto al suo colmo. Signore, mostra la tua potenza e vieni! Mandaci un salvatore”. Ad Ildebrando, poi, che gli sarebbe succeduto col nome di Gregorio vii, disse: “Salva la Germania, salva l'Europa, salva il mondo!” In dirlo entrò nella tomba.
1. Buoni e cattivi nella Chiesa di Gesù Cristo.
2. [459] Vittore ii. Abusi in Costantinopoli.
3. Contro ai simoniaci nella Francia e in Italia. Arialdo603 combatte in Milano e vince morendo.
4. San Pier Damiani e i monaci di Clunì.
5. Prepotenze degli imperatori. Nicolaiti quanto viziosi!
6. Principii del regno di Napoli. Aspirazioni di diversi principi. Sant'Adalberto quanto onorato!
7. Usurpazioni di beni ecclesiastici in Germania.
8. Sant'Edoardo re e Lanfranco arcivescovo nella Inghilterra.
9. Dissolutezze di Enrico iv. I sassoni gli resistono.