Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Da Adamo a Pio IX (III)...
Lettura del testo

DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO III

LXXVI. La fede divina e la ragione umana

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LXXVI.

La fede divina e la ragione umana

  <1.> [150] Hanno cristiani che percorrono il cammino della propria vita con dire assiduamente: "Il Signore scorge i passi miei, la mia fiducia è sovrat<t>utto in Dio" e operano nel nome del Signore sempre.

 

  Ha poi uomini cristiani che percorrendo il proprio pellegrinaggio dicono: "Dio è, e noi ben l'intendiamo, ma il Signore ci ha dato una mente per intendere delle umane cose e una ragione per giudicare. Egli ci ha dato la potenza di regolare nel mondo le nostre azioni. Con la forza di ragione che Dio donò dobbiamo aiutarci al meglio della vita nostra". Or non è dubbio che quei primi istituiscono ragionamento ottimo, che minore in bontà ma pure onesto è il discorso dei secondi.

 

  Ma si trova uomini che puramente vogliono intendere e operare in conformità della semplice ragione umana, e questi operano non secondo la fede cristiana ma secondo la mente pagana.

 

  2. Pensarono santamente e praticarono da cristiani di fede in questo periodo del decimo terzo secolo i fedeli d'Europa. I cristiani d'oriente poi operarono e pensarono con minor bontà. Gli uomini del paganesimo o del nestorianismo, che sono i seguaci di Nestorio e in caso presente i tartari dominatori, eglino si trovano al di sotto di tutti. Spesso s'avvolgono in abisso tenebrosissimo. Facciamoci a considerare queste tre parti.

 

  [151] Siamo anzitutto in questa bellissima parte di mondo, l'Europa, la quale riceve tutto il meglio di fede e di pratica che al suo danno va perdendo l'oriente. In Europa, quasi esercito schierato in ordine di battaglia, sorgono gli ordini ammirabili di san Francesco e di san Domenico. Ruggero Bacone, Alessandro de Hales, Scoto e san Bonaventura tra i francescani, e fra i domenicani Vincenzo di Beauvais, Alberto Magno, san Tomaso elevansi dottori fra le genti per dire: "Non è vero che - 662 -la filosofia cristiana del Salvatore contrad<d>ica alla filosofia della ragione umana di Platone, di Aristotile, di Cicerone". In dirlo sciolsero i volumi del loro sapere al cospetto delle genti e continuarono: "Con un sistema di ragionare, che da noi si denomina scolastico, tutto il mondo può intendere e vedere in più breve termine che mai".

 

  Primo e più che tutti san Tomaso mette innanzi la sua Somma. La Somma di san Tomaso riporta 512 quistioni generali da cui ne deduce circa <da> tre a quattro mila particolari, che poi scioglie con mirabile chiarezza. Nella Somma compendia il meglio dello scibile umano, come nel Credo cattolico si compendia la sostanza dello Evangelo di Gesù Cristo. Il pontefice Giovanni xxii disse aver fatto san Tomaso tanti miracoli quante difficoltà ebbe disciolte. Il Concilio di Trento presso ai libri scritturali poneva il libro della Somma di san Tomaso. Un famoso eresiarca scriveva: "Togliete Tomaso ed io dissiperò la Chiesa".

 

  Al fianco di san Tomaso cresceva Giovanni Scoto, che fu detto il Dottor sottile per l'estrema finezza delle sue idee. Si distinse nella questione allora vivacissima degli Universali, che è intorno a ciò che ha di comune negl'individui d'un medesimo genere o d'una medesima specie. Intorno a che volontieri quei dottori insigni praticavano questo di san Paolo che dice: "Provate tutto e ritenete quello che è buono"190

 

  [152] In questo stesso tempo a Vercelli il benedettino Gersen191 nel suo libro della Imitazione di Cristo scriveva un trattato di morale religiosa in un ordine claustrale. "Entrate nella cella -- dice Gersen -- troverete quello che avete perduto fuori; filosofia somma è quella di bramare <di> essere ignorato e stimato da niente".

 

  San Tomaso e san Bonaventura e il Gersen sorpassano di gran lunga i filosofi antichi. Sorpassano gli ingegni eletti di Bossuet, di Fenelon, di Malebranche, di Pascal. San Tomaso conduceva i principi temporali a<i> piè del sommo pontefice e - 663 -diceva: "Come il corpo è sommesso all'anima, così il potere civile è obbediente allo spirituale". Le genti dei pagani, degli eretici manichei e dei traviati condusse innanzi al Cristo salvatore con il suo libro Della verità della fede cattolica contro i gentili e sbalordì tutti con dire: "Iddio, bontà suprema, in modo supremo si umiliò nella incarnazione, e noi insuperbiremo tuttavia contro alla pietà dell'Onnipotente?"

 

  3. San Tomaso, figlio di Landolfo conte di Aquino192, nacque nel 1226 e fu a 10 anni alla università per domandare con brama vivissima: "Chi è Dio?" E trovato che il Signore è l'ente supremo ed ottimo, degno di tutti gli affetti del cuor nostro, Tomaso per servirlo con maggior fervore venne al monastero di Monte Cassino e poi a Napoli dove, aspirando a farsi religioso fra i domenicani, i genitori il minacciarono e fattolo chiudere nel castello di Rocca-Secca per due anni il lasciarono in quello, reclamando intanto alla Santa Sede. Ma Roma, che è sempre il rifugio ultimo dei perseguitati, sostenne la buona causa di Tomaso, il quale poté finalmente evadere dalla carcere e servire lietamente a Dio. Studiò a Parigi e poi a Colonia da Alberto Magno.

 

  In questa capitale chiamavanlo per dispregio il bue di Sicilia, ovvero il bue mutolo193; ma rispondeva per tutto il maestro: "Costui emetterà tali muggiti da farne [153] echeggiare tutta la terra".

 

  In leggere a pubblica mensa fu ammonito194 e ripeté con accento breve una parola che pur giustamente aveva pronunciato con accento lungo. Diceva poi: "Poco importa che un vocabolo sia pronunciato in modo breve o lungo, ma importa assai praticare l'umiltà e l'obbedienza religiosa".

 

  Ai 25 anni professò teologia e ascese poi tosto al grado di bac<c>elliere, dove per un anno insegnava spiegando il Maestro delle sentenze. In seguito ammaestrava come dottore, avendo sotto di sé un bac<c>elliere dipendente. San Luigi re di Francia - 664 -invitavalo con piacere alla sua mensa. Tomaso, che di frequente era astratto ne' suoi pensieri, accadde un che nel meglio della mensa battesse col pugno sulla tavola sclamando:  "Conclusum est adversus manichaeos. Ma <ho> trovato argomento contro ai manichei!" Tomaso in levarsi da studio guariva le infermità corporali, illuminava rabbini ebrei a conoscere ed abbracciare il Vangelo del Salvatore.

 

  In pregare elevavasi in estasi. Il divin Salvatore apparendo gli diceva: "Tu hai scritto cose eccellenti di me, o Tomaso; or che ti darò io di premio?" E Tomaso al Signore: "Non altro che voi, o mio Dio". San Tomaso si incontrò in Bonaventura il quale scriveva la vita di san Francesco, suo patriarca e istitutore. Disse tosto Tomaso: "Lasciamo che un santo scriva la vita di altro santo".

 

  4. Una donna si era accostata a san Francesco per raccomandarsi alle preghiere sue. Rispose Francesco: "O buona ventura!" Quella chiamò Bonaventura il bambino che presto le venne in luce.

 

  Giovinetto tant'alto, Bonaventura ardeva di brama vivissima e fu prodigiosamente comunicato da un angelo. Egli apprese a parlare a Gesù con cuore da serafino. Fu di poi altresì chiamato Dottore serafico. A 35 anni ed insegnando a Parigi fu eletto superiore generale dell'ordine francescano.

 

  Clemente iv lo elesse arcivescovo di York, ma [154] Bonaventura tanto pregò che ne fu esonerato. Godeva meglio occuparsi negli umili servigi del convento. Mentre stando in cucina lavava i piatti, gli fu data notizia che era elevato ad altro vescovado e che il pontefice stesso recavasi a Firenze per consecrarlo.

 

  5. Luigi re di Francia pensava e voleva come Tomaso e Bonaventura; di portamento maestoso, di modi affabili, elevavasi dalle spalle in su sopra il capo delle stature più alte che il circondavano. Di Luigi ix scrisse Voltaire: "Ha reso trionfante e incivilita tutta la Francia e fu in tutto il modello degli uomini. La sua pietà, che era quella degli anacoreti, non gli tolse le virtù regali".

 

  Luigi disotto alle vesti pompose del re di Francia portava costantemente un cilizio armato. Poneva sua gioia in passare le - 665 -ore dinanzi al Santissimo Sacramento. Nei giorni solenni della Settimana santa stavasi assorto in compatire ai patimenti del Salvatore, ovvero ripassava da chiesa a chiesa pregando sommessamente e spargendo copiose elemosine ai poveri che accorrevano sul suo passaggio. In giorno di Venerdì santo vestivasi da povero e da peccatore e, venuto con i suoi figli dinanzi allo altare sul quale stavano esposte le relique adorabili della croce e della corona di spine del divin Salvatore, accendevasi come un serafino d'amore e lagrimando si accostava a quei pegni sacrosanti dell'amor di Dio inverso agli uomini. Luigi digiunava con molto rigore, non dispensando<se>ne tampoco in tempo di infermità.

 

  Raccomandavasi sovente alle preghiere dei religiosi francescani e domenicani, cui amava di speciale predilezione. Diceva a' suoi confidenti: "I religiosi quando sono esemplari piacciono sopram<m>odo a Dio ed agli uomini... Devono tutti i sacerdoti guardarsi dallo attacco alle sostanze terrene".

 

  Quando mosse la impresa sua in soccorso di Terra Santa, gli accadde di incontrarsi fuori Nazaret con un monte di cadaveri di cristiani molestati dal barbaro [155]Gayouk195. Luigi rivolto a' suoi disse: "Seppelliamo questi che sono i martiri di Gesù Cristo". Dopo aver faticato in seppellire per cinque , riprese: "Né questa perdita né qualunque altra saprebbe separarmi dalla fedeltà che debbo al mio Dio".

 

  Nello intendere che la propria madre, la regina Bianca, era morta parve inconsolabile e per due giorni ricusò <di> parlare a chicchessia, quando il siniscalco Joinville gli disse: "Un uomo saggio non deve dal volto lasciar trasparire l'affanno suo, per non affliggere gli amici e rallegrare gli inimici". E Luigi pregò all'alto: "Vi ringrazio, o Signore, d'avermi accordato una sì buona madre; voi richiamata l'avete quando vi è piaciuto". Mandava sue elemosine per riscattare mille schiavi cristiani nello Egitto. Dimorava volontieri in Terra Santa per fortificare i castelli contro ai saraceni. Molti tra i maomettani - 666 -ne convertì. Molti tra i convertiti196 accompagnò con sé alla Francia. In accomiatarsi il patriarca di Gerusalemme piangeva di tenerezza, e stando sul vascello adorava il Santissimo Sacramento, e tre volte in ogni settimana faceva predicare alla sua gente.

 

  Pervenuto a Cipro diede in uno scoglio. La nave pareva fracassata omai; Luigi scherzando diceva: "Scorgetelo ora se il Re del cielo dura fatica veruna a far tremare la famiglia sua d'un re della terra". Avrebbe voluto dimorare in Cipro fino all'arrivo di nave più sicura, ma riflettendo che molti de' suoi sudditi non avrebbero più potuto restituirsi alla patria, disse:  "Marciamo tutti nel nome del Signore, benché il legno nostro sia fragile assai". In Francia fu incontrato con giubilo de' suoi. Luigi prendeva argomento per dire: "Una signoria solo si perde per difetto di giustizia... La vera e miglior politica è l'amor di Dio e degli uomini".

 

  Si applicò con particolare fervore ad amar Dio. Interrogato se gli piacesse meglio la Messa o la predica, rispose: "Quanto a me, io amo meglio trattenermi una mezz'ora con un amico che udire il suo [156] servo parlarne le ore intiere". E si applicò con eguale intensità al buon regolamento dell'ordine. Punì severamente gli abusi di giustizia, smorzò le guerre civili, conchiuse la pace con il re d'Inghilterra il quale, ammirando tanta bontà del sovrano, recò sulle proprie spalle, per accompagnare, il primogenito testé defunto del re di Francia.

 

  Soleva dire: "Meglio mille lebbre che un peccato mortale". Provvide perché le iniquità di bestemmia, di dissolutezza, di profanazione dei giorni festivi fossero severamente punite. Nel conversare era egualmente condito che faceto. Diceva: "Dopo il pranzo il miglior libro a leggersi è quello dei quodlibet, che è di discorrere il meglio che a ciascuno piace".

 

  Francescani e domenicani erano altrui di ottimo esempio per il lor vivere casto, obbediente, disinteressato. San Luigi avevali sovrat<t>utto in istima.

 

- 667 -  6. Questo fu che cagionò un morbo di gelosia nei membri della università parigina. Guglielmo di Sant'Amore nel 1260 scrisse il libro Dei pericoli degli ultimi tempi, nel quale tolse a condannare la povertà dei religiosi mendicanti e dire che essi son di danno alla Chiesa...

 

  Si espulsero dai gradi accademici della università parigina. Alessandro de Hales, Scoto, Bonaventura, Vincenzo di Beauvais e san Tomaso a stento ottennero di sedere all'ultimo posto di quella scuola, eglino che certamente erano i primi di tutti. San Tomaso rispose con libri suoi, mostrando che il religioso, perché più degli altri attende per levarsi197 con Dio, meglio che altri ottiene il fine comune a tutti gli uomini. Provò esser conveniente che s'occupi in cura delle anime.

 

  Allo stesso Sant'Amore, che pretendeva lavorassero e non mendicare, rispose con altro libro nel quale concede esser vero che chi non lavora non mangi198, ma il lavoro essere ordinato a questi tre fini, cioè di evitare il furto, di non desiderare l'altrui, di guarire l'inquietudine.

 

  Nondimeno non tutti i seguaci di Francesco e di Domenico si attenevano [157] precisamente alle massime dei loro santi fondatori. San Bonaventura, che fu eletto generale dei francescani nel 1256, lagnavasene di quei religiosi che cercavano le cose terrene, che ambivano testamenti in loro favore, che litigavano con i par<r>oci, che avidi delle sepolture vivevano nell'ozio e nel vagabondaggio.

 

  San Bonaventura fu eletto al generalato dopo che fu deposto Giovanni di Parma, che fu accusato di aderire con soverchio ardore alla questione allora viva intorno agli Universali e intorno <al>le massime d'un libro detto Evangelio eterno, che pretendeva essere la perfezione dello stesso Vangelo di Gesù Cristo. Giovanni deposto se ne scusò e morendo avvennero sul sepolcro suo molteplici miracoli.

 

- 668 -  7. Fra Guglielmo di Ruysbrock199 con altri compagni portossi in Cina e sulle più remote regioni di Tartaria, dove sotto la tenda del nipote del gran Gengiskan parlò di Dio uno e trino, e nella capitale di Caracaroum amministrò sacramenti e rispose alle interrogazioni di quelle genti che domandavano:  "Vero è che il gran papa numera i 500 anni di sua vita?" San Luigi di Francia ascoltava queste relazioni, compiacevasene nell'animo proprio e pregava Dio.

 

  Le massime, le opere di Luigi il santo furono seme di quell'altre opere che si moltiplicarono fino all'Opera della propagazione della Fede ed alle altre che illustrarono la nazione di Francia. Altri personaggi e imperatori in altre regioni d'Europa operavano e sentivano all'opposto, e questi s'ebbero le sventure e la morte.

 

  8. Federico ii proseguendo il corso de' suoi arbitrii e delle tirannie molteplici cadde miseramente e la sua famiglia dinastica terminò in breve colla morte di Corradino.

 

  Morendo Federico ii nel 1250, Ezzelino da Romano, genero dell'imperatore tedesco, era detto il Feroce. Alla morte di Federico non ebbe più freno di sorta. Le [158] sue crudeltà sorpassavano quelle dei barbari più crudi. Per colmo di strazio faceva mutilare i cadaveri degli avversari che aveva fatto morire sul patibolo.

  Papa Alessandro iv pub<b>licò contro Ezzelino una crociata che abbracciarono il marchese d'Este, il conte di San Bonifacio, le repub<b>liche di Venezia, di Bologna, di Mantova.

  Ezzelino squartava senza pietà uomini e donne. I crociati vennero meno per timidità e per indisciplinatezza, finché Ezzelino a 66 anni e dopo 34 di governo morì. In breve terminò sua vita anche Alberico, fratello meno feroce ma più infinto. La moglie di lui con sei figli e due figlie furon fatte perire. Così terminò la casa da Romano dopo un secolo di glorie e di delitti. Quale contrapposto con la persona e la famiglia di Luigi il santo, di cui noi ancor oggidì vedemmo i gloriosi rampolli!

- 669 -  Altri personaggi illustri seguivano le massime di Luigi e di san Tomaso. Pietro da Verona, superate le insidie dello zio e del padre che il volevano ariano200, in camminare poi per le pianure lombarde incontravanlo tanta folla di gente che il povero Pietro pareva doverne restare soffocato. Nel Milanese s'andava innanzi colla croce, collo stendardo, con trombe e tamburi. Sovente era portato entro una lettiga per impedire che la folla lo schiacciasse. Predicando a Milano nella Domenica delle palme del 1252 disse: "Io so di certo che gli eretici hanno concertato la mia morte e che hanno a questo effetto posto in deposito del denaro. Ma facciano pure quel che vorranno; io farò di più contro di essi dopo la mia morte che non ho fatto in vita". Pietro fu in breve martirizzato presso la borgata di Barlassina. Sul sepolcro di lui si operarono prodigi <in>numerevoli.

  Nell'anno seguente 1253 morì santa Chiara nel suo convento di san Damiano. Morì pure fra Elia dopo aver chiesta assoluzione dal sommo pontefice e venia ai [159] propri fratelli. In questo stesso anno morì san Ferdinando re di Castiglia201. In Viterbo, presso a Roma, la vergine santa Rosa porgeva di sé esempio con eroiche virtù congiunte ad un amore fervidissimo per Iddio.

 

  9. Il pontefice Urbano iv offeriva il regno vacante di Sicilia a san Luigi re di Francia, il quale temendo, benché senza ragione, non forse <che> potesse pregiudicare i diritti di altra persona, rifiutò. Allora fu chiamato Carlo, che poi uccise Corradino, ultimo rampollo di Federico. In questo frattempo il pontefice Urbano istituiva la festa del Corpo del Signore, ma non senza sostenere difficoltà gravissime e l'opposizione di alti ecclesiastici. Morto poi Urbano, la solennità si interruppe per lo spazio lungo di 40 anni.

 

- 670 -  Un pio e dotto ecclesiastico istituì nella università di Parigi il collegio della Sorbona in aiuto degli studenti poveri. Alfonso di Spagna descrisse la raccolta delle leggi dette Las Partidas202 e pose insieme le tavole astronomiche dette poi "alfonsine". Avrebbe potuto inseguire i saraceni, ed inseguendoli probabilmente gli spagnuoli l'avrebbero accompagnato come un uomo solo, ma nol meritò dal cielo perché ripudiò la propria consorte e perché induceva a sposare donne saracene ovvero prostitute203.

 

  Ad Oxford nella Inghilterra in questo periodo adunavasi un consiglio di 24, chiamato Parlamento arrabbiato, per la riforma del regno. Aveva Enrico iii san Tomaso a cancelliere. In Danimarca Abele per avidità di regnare uccise il proprio fratello Enrico. Quando in svolgere le carte trovò che Enrico avevalo eletto a succedergli, allora l'incolse un dolor veemente che facevalo sclamare: "Io sono il più infelice ed il più miserabile degli uomini di Danimarca".

 

  In Polonia i cristiani non pesarono a bastanza sulle braccia di Roma, nudrice delle nazioni cristiane, e trovavano argomento di scandalo in non cominciare a mo' dei greci i giorni quaresimali dalla Settuagesima.

 

  Nel 1251 Mindolf, principe di Lituania, ricevuto il [160] Battesimo scrive al papa per dedicargli il regno. Il pontefice risponde che l'avrebbe preso sotto la protezione sua.

 

  10. La massima e la pratica cattolica si affievoliva maggiormente in oriente. Il patriarca Arsenio, avendo inteso che l'imperatore Michele Paleologo aveva fatto cavare gli occhi al giovine principe Giovanni Lascaris, scomunicollo dicendo: "Ho messo entro al mio seno una colomba che si cangiò in serpe e mi ha fatto una mortale ferita".

 

  Il Paleologo levossi dicendo; "Mi vorreste voi deporre dal trono?..." e fece intendere che avrebbe ricorso a Roma, lo che pei greci sarebbe stato atto di minaccia gravissima.

 

- 671 -  I greci del secolo xiii erano divenuti una nazione di infanti ovvero di vecchi rimbambiti. Il Paleologo processò il patriarca e mandollo in esiglio sul Procon<n>eso. Elesse poi nello stesso tempo altri patriarchi, Germano, Giuseppe e Arsenio, per lo che nella stessa Chiesa erano tre vescovi e tre partiti di popolo, quasi altrettanti scismi.

 

  I romani si adoperavano per la riunione ma invano. Carlo di Sicilia minacciava <di> invadere il Paleologo e gli sarebbe stato facile sgominarlo. Allora l'imperator greco scriveva al pontefice supplicandolo a farsi mediatore di pace e prometteva le più liete speranze per sé e per il popolo. Ma erano finzioni greche come al solito.

 

  11. Gente al tutto aliena dalla massima e dalla pratica cattolica erano i tartari pagani, i quali percorrevano dal Giappone e dalla Corea fino all'Ungheria ed all'impero bisantino. Il tartaro aveva in animo di assalire fino agli ultimi confini della China. Così si formò il più vasto impero della terra, che comprendeva la Cina, la Tartaria, il Pegù, il Tibet, il Tonchino, la Cocincina.

 

  Lo stesso imperator tartaro mosse ad assalire il [161] califfo Mostasem204, il quale lurido nel costume, superbo nella mente, crudo nel cuore, perì addì 10 febbraio 1258 o 656 anni dopo Maometto. Perì e fu l'ultimo successore dello im postor Maometto.

 

  Il pontefice, allora Alessandro iv, inorridendo al progresso dei barbari di Tartaria, provvedeva a ciò <che> non invadessero Terra Santa e di alla stessa Europa. Ne scrisse a san Luigi, che ordinò <che> si raddoppiassero le preghiere, si promovessero processioni, si punisse la bestemmia, si reprimessero i peccatori, si bandisse la superfluità delle mense e delle vesti. In Inghilterra si faceva altrettanto.

 

  Intanto Bela re d'Ungheria scrive al papa perché aiuti la crociata contro ai tartari. Il pontefice accondiscende a condizione che non venga con ciò ritardata la crociata in favore di Terra Santa. In Acri si era fatto un macello dei cristiani. I - 672 -frati Giacomo e Geremia esortavano con viva fede al martirio.

 

  Per affrettare la spedizione in Terra Santa san Luigi incaricava i par<r>oci, e con essi i più assennati, per esigere le decime e le imposte che volevansi a ciò. I manichei contrad<d>icevanlo con ira accanita; calunniavano al re, quasi intendesse far perdere la fede con tante sue esigenze.

 

  Gli ebrei nel 1255 rinnovarono la passione del divin Salvatore sopra un fanciullo. Altro fanciullo gettarono in una fossa vivo e più altri uccidevano per odio alla fede. Per tanti eccessi 90 ebrei furono appiccati nella città di Londra.

 

  12. Ma non ostanti questi impedimenti, san Luigi affrettò la spedizione e si incamminò alla volta di Tunisi per convertire quel sovrano con il quale era in relazione da lunga pezza. Gli inviò dunque quest'ambasciata: "Dite da parte mia al re, vostro padrone, che vorrei, tanto io desidero la salute dell'anima sua, passare il rimanente de' miei giorni presso i saraceni [162] senza mai vedere la luce del sole, purché egli e il suo popolo si facessero cristiani di buona volontà". Come Luigi, così pensavala la sorella propria Isabella di Francia, la quale passava i giorni della sua vita in molta austerità di penitenze e di silenzio e in fervore di carità a Dio ed ai poverelli del Signore. Morì a 45 anni di vita nel 1270.

 

  Intanto san Luigi partito da Cagliari venne a Tunisi, dove disse a quel re: "Io vi do il proclama di nostro signor Gesù Cristo e di Luigi re di Francia, suo sergente!" Intanto si accingeva per combattere, ma i calori dei mesi estivi, le febbri acute, le dissenterie cagionate da malaria e da cattivo nutrimento condusse<ro> al sepolcro Giovan Tristano, il figlio del re, e con lui i primari che accompagnavano. Egli stesso il re san Luigi ammalò e stando tuttavia già assai male riceveva i legati dello imperatore Paleologo. S'avvide del suo prossimo passaggio, epperò affrettossi <a> dare ai figli che gli rimanevano i più salutari consigli. Nel colmo del suo male andava sospirando: "Chi manderemo noi per convertire questi di Tunisi?... Ed a Gerusalemme andremo noi!...". Intanto con volto guardava al cielo. Ripeté questo del Salmista: "Entrerò - 673 -nella tua casa, o Signore, adorerò il tuo tempio santo"205. In dirlo spiccò il volo dalla terra al cielo.

 

Riflessi

 

1. Vani pensieri del pellegrino che si incammina quaggiù.

2. Ruggero Bacone, Alessandro de Hales, Scoto e san Bona

ventura discepoli di san Francesco. Vincenzo di Beauvais, Alberto Magno, san Tomaso discepoli di san Domenico.

3. San Tomaso.

4. San Bonaventura.

5. San Luigi re di Francia. Sua carità in Francia, sua fortezza in oriente. Ritorno.

6. [163] Scritti di Guglielmo Sant'Amore confutati da san Bonaventura <e da san Tommaso>206.

7. Guglielmo di Ruysbrock207 in Cina.

8. Federico ii ed Ezzelino da Romano.

9. Istituzione della festa del Corpo del Signore. Cose religiose di Spagna, di Danimarca, di Lituania.

10. Il Paleologo di Costantinopoli.

11. Tartari. Caduta del califfo Mostasem.

12. San Luigi muore in Tunisi.

 





p. 662
190 1 Ts 5, 21.



191 Originale: Gersene, ripetuto nel paragrafo; cfr. Rohrbacher X, p. 45.



p. 663
192 Originale: Aquano; cfr. Rohrbacher X, p. 52.



193 Originale: per dispregio il bene di Sicilia ovvero il bene mutolo; cfr. Errata corrige.



194 Originale: ammonitore.



p. 665
195 Diversamente in Rohrbacher X, p. 70, dove si legge che l'uccisione di questi cristiani era avvenuta a Sidone ad opera del sultano di Damasco.



p. 666
196 Originale: convitati.



p. 667
197 Lezione probabile: legarsi; «[San Tommaso insegnava:] Per conoscer la natura della religione esaminiamo l'origine della parola. Il nome di religione, come insinua sant'Agostino, viene da rilegare», Rohrbacher X, p. 93.



198 2 Ts 3, 10.



p. 668
199 Originale: Reupbrok; cfr. Rohrbacher X, p. 101.



p. 669
200 Diversamente in Rohrbacher X, p. 116: «Lo zio gli [a Pietro] volle far dire che Dio non è l'autore della cose visibili; perciocché quegli eretici erano manichei».



201 Diversamente in Rohrbacher X, p. 138: «[San Ferdinando III di Castiglia] spirò tranquillamente ai 30 maggio 1252, in età di cinquantatré anni».



p. 670
202 Originale: Las-Partilas; cfr. Rohrbacher X, p. 140.



203 In Rohrbacher X, p. 140, l'episodio qui riassunto (ripudiò la propria consorte [...] ovvero prostitute.) è riferito a Alfonso III di Portogallo invece che a Alfonso X il Saggio.



p. 671
204 Originale: Mottassem, ripetuto nei Riflessi; cfr. Rohrbacher X, p. 187.



p. 673
205 Sal 5, 8.



206 Per l'integrazione cfr. Rohrbacher X, p. 92.



207 Originale: Ruysbrok; cfr. nota 199.



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