Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Le glorie del pontificato...
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LE GLORIE DEL PONTIFICATO DA ADAMO AL GIUBILEO SACERDOTALE DI SUA SANTITÀ IL PONTEFICE LEONE XIII

XII. Il pontefice, il sovrano e il popolo

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XII.

Il pontefice, il sovrano e il popolo

  Il pontefice, il sovrano e il popolo sono tre, ma sono un solo. Il pontefice tutto comprende ed abbraccia; chi non è con il pontefice è nulla. Intendiamola bene questa verità altresì dall'esperienza del passato.

  Quello sventurato che fu Giuliano l'Apostata, benché consanguineo al gran Costantino, pretese esser troppo e fu nulla. Il superbo albergò nella sua mente tre ambiziosissimi progetti: riedificare cioè il tempio di Gerusalemme per poter poi dire che Gesù Cristo era un bugiardo, ritornare nel mondo il regno dell'idolatria per gridare sempre: "Non vogliamo che Gesù governi sopra di noi"; e giurò di esterminare i persiani, per indi sollevarsi come un Faraone: "Ora sono solo e sono il più grande di tutti e non è altri fuori di me né in terra né in cielo".

  Meschino e vile Giuliano! Meschino perché l'apostolo san Giovanni già lo additò a tutte le età come un Anticristo e ammonì contro di lui i fedeli dicendo: "Figliolini, ell'è l'ultim'ora e siccome vedete, l'Anticristo viene anche adesso- 978 -; molti sono diventati Anticristi, donde intendiamo che è l'ultim'ora. Sono venuti dietro a noi, ma non erano dei nostri. Chi è [41] bugiardo se non chi nega che Gesù sia il Cristo?"51.

  Né sol meschino, ma fu vile Giuliano. Egli per lavorare nelle sue inique imprese si finse sviscerato al cugino imperator Costanzo, mentre l'odiava di cuore. Tolse a vestir da monaco a fin di passare per un santone della Chiesa, mentre la Chiesa aveva in animo di metterla sotto ai piè e calcarle sul collo e farla calcare da tutti i demoni, dei quali per mezzo dello stregone Massimo si professava amico intimo.

  E dippiù Giuliano fu ingiurioso mentre, dicendosi amico e padre dei cattolici, teneva loro questo discorso impostore: "Per esser santi voi dovete esser poveri... a me le vostre sostanze. E dovete credere senza vedere, epperò voi non frequenterete scuola veruna di educazione. Eppoi dovete esser umili; per farvi un miglior bene, io vi tolgo da tutti gli impieghi".

  Giuliano divenne più ingiurioso quando dal labaro strappò il segno di croce sostituendovi la figura di un idolo sozzo, e poi che con questo vessillo infernale spinse i sudditi a consumarsi entro alle fosse, dalle quali in vulcano sgorgavano fiamme ad impedire le fondamenta del tempio <di Gerusalemme>52. Invano Giuliano condannò a perire più miseramente sul campo contro ai persiani un esercito numeroso dei sudditi suoi.

  Giuliano poi fu ingiurioso e vile con sé, mentre lasciatosi ingannare dai nemici propri si trucidò col suo stilo e bestemmiando gettava manate del suo sangue al cielo gridando: "Hai vinto, Galileo! Hai vinto!" Onde i soldati in trasportarne il cadavere a Tarso [42] la facevano da giullare e da com<m>ediante in tutto il cammino. Con canti lugubri e con piagnistei contraffacevano la voce, il gesto, il portamento dello imperatore. Ne scim<m>miottavano i difetti e volgevano in - 979 -deriso la sua spedizione, la sua rotta e la sua medesima apostasia. La terra medesima, sdegnando <di> riceverlo entro al suo seno, si scosse in terremoto e ne ricacciò la pietra sepolcrale.

  Giuliano fu nulla perché pugnò contro a Dio e contro al Vicario del suo Cristo. Gioviano e Valentiniano, che gli succedettero, mostraronsi devoti a Dio, ossequenti al pontefice e furono però carissimi al popolo che alla sua volta fu pure loro devoto come figli al padre.

  Gioviano tolse di subito a strappar dal labaro l'idolo di Giuliano e vi rimise il monogramma del Cristo. Indi invitò tutte le genti dell'impero dicendo: "Venite, io vi chiamo al Vangelo del Salvatore, ma vi aspetto come figli convinti, non come servi debellati".

  E abbracciandosi ad Atanasio, che più di tutti aveva sofferto nello esiglio, salutollo così: "Pieno di ammirazione per la tua santissima vita, per la tua somiglianza con Dio e per il tuo amore verso a Cristo nostro salvatore, noi ti prendiamo, onorandissimo vescovo, sotto la nostra protezione... Ritorna dunque alle Chiese sante, pasci il popol di Dio, e il pastore in capo al suo gregge preghi poi per la nostra persona, certi come siamo che Dio verserà su di noi e sugli altri cristiani le grazie più singolari, se tu ci concedi l'aiuto delle tue orazioni".

  Valentiniano alla sua volta si inchinava al pontefice[43] ed ai vescovi con dire: "A me che sono nella schiera dei laici non è lecito mescolarmi e cercar troppo ansiosamente nelle cose di fede. E però i vescovi, ai quali si appartiene, si radunino pure dove loro pare e piace". E morendo Aussenzio53 vescovo di Milano, Valentiniano parlò così al clero ed al popolo: "Pregate Dio che vi faccia trovare un uomo che vi governi nella pace e nella santità".

  Quei di Milano supplicarono con fede, e il Signore addì 7 dicembre di quest'anno 374 fece loro trovare Ambrogio. Ambrogio aveva allora 34 anni e fu vescovo e dottore illustre, il - 980 -quale colla parola e coll'esempio alla sua volta provò al mondo tutto che il pontefice, il sovrano e il popolo sono tre, ma sono un solo, felici quando d'un cuore e di uno spirito solo si congiungono per vivere della felicità di Dio.





p. 978
51 Cfr. 1 Gv 18s.22.



52 Per l'integrazione cfr. Rohrbacher III, p. 878.



p. 979
53 Originale: E morendo sant'Aussenzio ; cfr. Rohrbacher IV, p. 79.



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