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III.
[8]Dicono che i frati non lavorano, che i religiosi sono inutili, però non è vero. Entrate pur entro, ma levatevi i calzari perché sopra è scritto: "Luogo sacro". Entrate, eccolo un tempio che comprende molti santuari. È il convento dei benedettini in Altaich4. Mirate là uno stuolo di religiosi con la penna in mano, con gli occhi fissi sopra volumi che trascrivono. Non levano mai lo sguardo e hanno i piedi legati con catene appiè di quella tavola. Nel mezzo di quelli è la solitudine del silenzio, il fervore del pio meditare. Sono smunti in viso, infiacchiti nella persona. Manifestano d'aver lo stomaco infranto per la lunga fatica, ma non desistono. Si incatenano con i piedi là come per dire: "Morire nel santuario del lavoro, a fine di tramandare ai posteri la luce di dottrina che è nei volumi dei dottori illustri e dei padri santi".
Più là è una scuola della sapienza. Quest'è il santuario di quegli ingegni più eletti, che consumano essi medesimi la vita [9]sui codici antichi, ma per studiarvi sopra le regole del retto vivere. Vengono là i laboratori delle arti, delle industrie, e seguono gli esercizi delle umane scienze. Anche questi sono santuari dai quali esce tutto ciò che di meglio è nei monumenti sacri ovvero nelle scoperte utili. Perfino si trova chi pone la sua soddisfazione in schiantare boscaglie, in dissodare terreni incolti, in asciugare paludi stagnanti, e questi ritornano stanchi la sera a depositare come doni presso all'altare gli strumenti dell'arte nobile.
Nel mezzo a tutti è il santuario dell'educazione dei giovinetti, perché è scritto che omnia gymnasia sunt monasteria et monasteria gymnasia. Quei fanciulli vispi volgono l'occhio scrutatore a tutte le scuole dei santuari accennati, perché la loro brama è di intendersi del meglio in tutto. Condiscono
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poi lo studio con il santo timor di Dio. Non ne dubitate.
Presto questi giovani saranno pastori di un popolo nella religione, maestri intelligenti nell'arte, scopritori nelle scienze, e presso alle corti dei troni dei re saranno cercati con gara, e tutti chineranno riverenti la fronte al modesto dicitore che espone gli insegnamenti ricevuti [10]all'ombra del santuario nei conventi.
Fra quei giovani studiosi è un fanciulletto che raccoglie intorno a sé l'attenzione di quegli uomini del santuario. I maestri in parlarne dicono: "Gottardo nello ingegno è come il fulgor di stella che è per apparire"; i condiscepoli sclamavano: "Gottardo è un santo". E gli attenti lavoratori nelle arti aggiungevano: "Impossibile fissare in volto Gottardo e non migliorare il proprio cuore". Il medesimo vescovo di Salisburgo lo distinse fra tutti e disse: "Gottardo nel giardino di questo monastero è una rosa carissima, è un giglio assai candido. Gottardo voglio che di sua presenza adorni la casa del vescovo", e se lo accompagnò alla propria residenza.
È dunque vero che i frati non lavorano, che i religiosi sono inutili?... Voi mi intendete.