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IV.
Pio ix, vescovo dei vescovi, guardava da Roma ad una turba di giovanetti in [11]Torino, e trovatili buoni li regalò di sue preziose memorie. Spesso fanciulli ingenui scrivevangli loro lettere ed egli, il pontefice, leggevale, e trovata in esse l'espressione della innocenza, prendeva a rispondere di suo pugno. Pio ix pareva crescesse in bontà ogni volta che si faceva a benedire i fanciulli.
Il vescovo di Salisburgo godeane altamente in cuor suo nello scorgere alla innocenza del suo Gottarduccio. Volevalo
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seco alla mensa per essere edificato5. Volevalo seco alla preghiera per essere meglio esaudito. Seco lo voleva allo studio per avere eccitamento più vivo alla fatica. Un giorno fissollo con speciale diletto in viso e, scortolo quasi volto di spirito celeste, disse: "Che tardo io ad ascrivere fra gli allievi del santuario quest'angelo di giovinetto?". In dirlo si mosse a benedirgli l'abito sacro e, fattoselo accostare, con trasporto gli comunicò in nome della Chiesa di Gesù Cristo la podestà sopra ai demoni. Gli conferì la podestà per attendere alla custodia ed allo splendore della casa del Signore. Diede altresì al novello levita la podestà di leggere i Libri santi. Gottardo fu ebbro di gioia. Poi, come chi si trova carico dei favori celesti, che teme smarrirne parte in aperto delle umane [12]apparizioni, sclamò: "Al convento! Al convento, perché io custodisca meglio la grazia del mio Dio!". Parve questa voce al vescovo una inspirazione discesa da alto, perciò ripeté a Gottardo: "Ritorna pure al monastero, perché il più caro asilo è il più sicuro".