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XVI.
Due parole alle sponde dell'Adda e del Mera
A voi, buoni valtellinesi, ricordo questo. Un sacerdote Pietro Antonio Omodeo17, dottore in sacra teologia, prestava i suoi importanti servigi presso a più che un vescovo illustre nelle Romagne, quando i suoi buoni compaesani di Sernio18 vennero a pregarlo <che> si degnasse <di> accettare la cura delle loro anime. Il pio sacerdote accondiscese e venne fra <i> suoi. Era in Sernio un tempio a san Gottardo alquanto guasto. Il parroco Omodeo ne fu dolente e rappresentò ai popoli del terziere superiore e agli altri del terziere di mezzo e dello inferiore19 l'opportunità di ristorare quel santuario. A tale scopo già nel 1594, coi tipi di Hieronimo20 Frova, diede a luce in Como in un libro la vita di san Gottardo. I popoli valtellinesi ne furono molto contenti. Riattarono il tempio in discorso [31]e poi tolsero ad edificarne altri, quanti scorgiamo con soddisfazione in più luoghi e di Valtellina21 e della valle di Chiavenna.
Vi scorgo, buoni valtellinesi, riverenti ancora adesso e fiduciosi - 43 -alla memoria del santo illustre. Continuate il costume lodevole. Ad incoraggiarvene viene una matrona pia. Essa è madre e tiene colla destra un figliuolo benedetto. Chi è quella madre?... È santa Chiesa, sposa del Signore. E quel figlio?...
Egli è san Gottardo, sposo di Gesù.