IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
UN FIGLIO ILLUSTRE DEL POPOLO CRISTIANO CENNI BIOGRAFICI INTORNO A FR<A> EUSEBIO MARIA DA DONGO VESCOVO IN HU-NAN III. Volere è potere |
III.
[12]L'aere intorno risponde ancora l'eco delle feste che un umile paesello in quel di Bergamo ha fatto ad un illustrissimo figlio del popolo, il cardinale Mai. Questo nome è la figura veneranda di un personaggio che in sé solo racchiude la scienza di un secolo. E i dotti bolognesi passano con gioia
- 83 -
presso alla casa del falegname Mezzofanti19. Vi guardano entro con rispetto ed esclamano: "Salve, figlio illustre del popolo artigiano! Salve, cardinal illustre di santa Chiesa!". Il Mezzofanti era una pentecoste umana. Conosceva addentro settanta linguaggi e ne discorreva con precisione trecento loro dialetti.
Il figlio del falegname bolognese ci salutava per l'ultima volta da Roma nel 1849.
Volere è potere. Questa massima è delle [13]menti gagliarde, è propria de' cuori intrepidi. Il figlio del popolo, che è il cristianello della abnegazione, spesso abbraccia questa massima e ottiene.
Figlio d'un falegname in Dongo è il vescovo Semprini. Vi era nato nel dicembre 1823. Addì 15 gennaio 1878 scriveva a suoi cari da Ken-kion nella China: "Non sono che pelle ed ossa, eppure il buon Dio mi porge forza per operare. Pesano su di me le cure del vescovo, mio vicario apostolico, morto testé... Sono occupato nella costruzione di più chiese... Ho scuole da erigere, orfanotrofi ad avviare20, cristianità lontanissime a visitare. Le sollecitudini non mi lasciano un istante. Volgono vent'anni che fatico in questa missione. Ringraziate per me il Signore ché mi abbia porto fin qui aiuto abbondante. Spero che Dio aiuterà parimenti la persona di cui mi parlate. Continui con fermezza e con fede... Io ho principiato la carriera de' miei studi con molto disagio, ma ho procurato di rianimarmi nelle difficoltà. Questo per caso mi ha fatto maggior bene che se avessi compiuto con [14]tutto agio gli studi miei in corso regolare di applicazione".
Volere è potere. Ma perché il volere sia verace e non ingannevole, vuolsi che allo scopo prefisso uno volga tutti i pensieri della mente, tutti gli affetti del cuore, tutte anche le forze del corpo. Il buon volere del Semprini fu tale. Giovincello si presenta al padre e in atto di chi decisamente vuole una cosa
- 84 -
dice21: "Io voglio farmi prete". E non perde tempo. Egli non può sospendere i lavori dell'arte sua. Non vuole omettere verun lavoro che gl'impone l'obbedienza. Primo dovere è compiere esattamente gli uffici del proprio stato. Ma il Semprini è industrioso. La tavola di lavoro gli serve anche per lo studio; accanto alla pialla tiene intrisa la sua penna e a quella ricorre22 con frequenza. Quando gli altri sono al riposo, egli conversa con i suoi libri diletti. Le ore della notte da lui si attendono con delizia per istudiare. Sdegna perfino uno stramazzone per riposare le stanche membra. Dice a sé: "Il corpo si adatta a quelle abitudini che gli si sanno imprimere. [15]La vita è breve23... ho un lungo cammino a percorrere... bisogna che guadagni tempo". Intanto il Semprini con la mente e con il cuore è allo studio. Quando gli occhi si lagnano e le membra che si accasciano, allora si adagia ad un breve riposo, ma non si allontana del suo laboratorio e non ispegne affatto il lume già scarso, per essere più pronto al maneggio ora della penna ed ora della pialla.
Nella carriera del giovine è un punto, ai vent'anni d'età sua, nel quale egli è invitato a dar prova di tutta l'energia del suo animo. Il Semprini pensava: "Doveroso è servire alla patria, ma io vorrei servirle più con la penna o con la pialla che con l'archibugio e con la spada". Pregava poi Dio a dargli aiuto. Sentivasi di dovere allo studio ed al lavoro congiungere l'orazione. A questa si applicò poi per lunghe ore di notte. Ritornava per tempissimo al santuario di Nostra Donna del Pianto. Oh come gli era soave al Semprini mescere le sue alle lagrime della Vergine! Questa lo consolò alfine. "Grazie! -- risposele il buon figlio di Maria -- Sempre vostro, o Madre, io sarò e di Gesù, vostro divin figliuolo". [16]A questo punto il Semprini sollecitava in sé questo pensiero: "La migliore ricchezza quaggiù è la povertà di Gesù Cristo... La felicità migliore al cuore è la umiliazione del divin
- 85 -
Salvatore... Oh, se io fossi fatto meritevole di vestire le lane del poverello di Cristo, Francesco!". Anche in questo fu accontentato. Aveva anni 22 di età24, volgeva al suo termine l'anno 1847. Il giovine Semprini, con il viso raggiante di gioia, si prostrava avanti l'altare del Santissimo Sacramento nel chiostro di san Rocco dei Minori riformati in Rovereto. Attese che fosse coperto con il panno da morto. Intanto con il cuore da cherubino ripeteva: "Che io sia davvero morto al mondo per vivere affatto a voi, o Signor mio".
Trascorsi25 intanto ventitré anni, Eusebio Maria Semprini nel novembre 1869 scriveva: "Io amo la patria mia. Oh, quanto amo <l'>Italia! Ma se ritornando rifiutasse <di> riconoscermi nella divisa che mi onora, io mi rassegnerei a pregar per lei lontano e pellegrino per sempre dal paese natio".
Anche in questo è un esempio salutare. Volere è potere.