Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Un figlio illustre del popolo cristiano…
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UN FIGLIO ILLUSTRE DEL POPOLO CRISTIANO CENNI BIOGRAFICI INTORNO A FR<A> EUSEBIO MARIA DA DONGO VESCOVO IN HU-NAN

IX. Un cuore sacerdotale

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IX.

Un cuore sacerdotale

  [40]Dicono che i preti e i frati non hanno cuore. Ma l'hanno sì vivo che per essi non bastano o i confini del paesello o quelli di un popolo. Il cuore sacerdotale anela a guadagnarsi i cuori di tutti i suoi fratelli nel mondo. Egli ha cuore per sostenere a ciò qualsiasi stento, ha cuore per compatire a tutti i dolori di quelli che soffrono.

  Ce ne porge anche in questo esempio illustre un figlio del popolo, il missionario frate Eusebio Maria da Dongo. Nel 1862 scriveva a suoi cari dalla lontanissima China: "Vivo in mezzo a tanti nemici che macchinano sempre la mia rovina.

Sopra quattro asse con distesa un poco di paglia passo le notti, sempre col timore di essere assalito dai nemici della religione. Però vi dico a vostra consolazione che io non mi curo di tutto questo e contento [41]e soddisfatto mi chiamo di ritrovarmi in queste regioni, rimettendomi intieramente in mano alla divina provvidenza. Solo mi affligge la gran difficoltà che si incontra in divulgare il Vangelo ed aggregare anime al regno di Gesù Cristo... Io ed il mio vescovo scampammo la morte per un miracolo della divina onnipotenza, mentre ambidue in

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diversa circostanza e luogo dovemmo rimanere vittima del furore dei gentili, i quali continuamente ci fanno guerra e macchinano mai sempre la distruzione non solo di noi europei, ma anco di tutti i cristiani. Ci accusano delle più nefande calunnie, sì per metterci in odio dei mandarini come per incitare il furore delle plebi al nostro danno". Queste le pene del sacerdote cattolico. E non le sostiene già per adunare un cumulo di ricchezza, ma per assicurare un'anima al paradiso.

  Stando in queste sollecitudini d'animo, vivamente duolsi il cuor del missionario a onta dei mali che altresì sovrastano a' suoi diletti in patria. In Dongo il demanio regio aveva preso possesso [42]del convento dei propri fratelli, i Riformati. In paese e nei contorni per vero si eccitò un malcontento vivo.

Le popolazioni a stento comprimevano le proprie emozioni, ma non valse. I religiosi furono costretti <a> rifugiarsi in altra casa, benché a breve distanza. Il missionario nello intenderne non poté frenare il singulto e uscì in amaro pianto. Dolevasi per i patimenti dei propri fratelli. Dolevagli per il danno spirituale di tante anime.

  La vessazione dei religiosi riformati era toccata ai religiosi in tutta la Penisola ed i rivolgimenti politici nel 1860 e di poi cagionarono vivissimo dolore alla Chiesa. Il pontefice Pio ix a più riprese sfogava il suo rammarico ai fedeli di tutto il mondo. Questi, compresi da tenerezza, gli rispondevano con molto pegno di affetto.

  Il missionario Semprini allora era venuto alle isole Filippine. Dai buoni cristiani di quelle terre adunava elemosine per i bisogni della sua cristianità e, consolandosi con quelli, univa l'obolo della carità filiale per congratularsi nelle feste che il mondo cattolico <stava per celebrare in onore e a conforto del Vicario di Gesù Cristo,> 50 in plauso del sommo Dio. [43]Oh come gli batteva forte il cuore in petto a quel generoso! Scrivendo ai fratelli esortavali a rimanere fedeli sino alla fine. E ripensando alle angustie del comun Padre dei fedeli, faceva

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sue le parole del vescovo d'Angers51 <ed> esclamava: "Voi, nobile pontefice, che avete fronte serena come la virtù, cuore calmo come l'innocenza, voi non piegherete sotto il peso di queste nuove croci, esse vi sono già state predette; voi finirete degnamente questa missione di dolori e la corona di spine che ora vi spreme sangue dalla fronte, come quella del vostro divino Maestro, cambierassi un giorno in un'aureola di gloria".

  In questo modo un sacerdote del popolo si elevava <a> difendere le plebi di tutto il mondo. In questo modo entro al petto di un figlio del popolo si adunano per essere compartite le immense sciagure della Chiesa universale. Non ditelo più che il sacerdote, che il religioso non ha cuore. Il cuore sacerdotale è somigliante al cuore di Gesù salvatore.





p. 98
50 Per l'integrazione cfr. ed. 1933, p. 170



p. 99
51 Probabilmente si tratta di Guillaume-Laurent Angebault (1790-1869), vescovo di Angers (Maine-et-Loire, Francia) dal 1842; cfr. F. Uzureau, Angebault (Guillaume-Laurent-Luois), in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, iii, 1924, col. 43-44. L'A. ripete la stessa citazione ne Le glorie del pontificato, in Opere edite ed inedite di Luigi Guanella, ii/1, Roma 1995, pp. 1059-1060.



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