Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il Terz'ordine di S. Francesco…
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IL TERZ'ORDINE DI SAN FRANCESCO E L'ENCICLICA DEL PONTEFICE LEONE XIII

II. Un santo

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II.

Un santo

  [11]Siamo presso un santo. Eccovelo. Egli è la meraviglia del suo tempo. I compagni suoi nel xiii secolo danno il ritratto in questi termini: "Francesco d'Assisi era piuttosto piccolo che grande, ma di bella statura; aveva il volto ovale, la fronte raccolta, gli occhi neri e modesti, il naso ben proporzionato, la bocca bella, i capelli di color castagno, la barba nera ma poca, il corpo assai magro, la pelle dilicata. Il suo parlare era scorrevole, franco e spiritoso, la voce forte e penetrante, ma <nel> suo insieme dolce e sonora". E dell'animo di lui scrivono così: "Il nostro santo padre piaceva a tutti. Gli si vedeva sempre sul volto la gioia, la bontà, la serenità, la modestia. Era naturalmente affabile, civile e cortese, compassionevole, benefico, liberale, prudente, discreto, di buon consiglio, esatto nel mantener la parola, coraggioso e disinvolto; accomodavasi [12]ad ogni sorta di persone col farsi tutto a tutti, santo tra i santi, e fra i peccatori come se fosse un d'essi; in conversazione discorreva con grazia e d'una insinuante maniera, fino e svelto nei suoi ragionamenti, operoso e trattabile negli affari; del rimanente poi era semplice sì nelle azioni come nelle parole".

 

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  Era il 16 luglio 1228. Gregorio ix, che fu già amico intimo di Francesco, venne al sepolcro di lui morto in Assisi. Scorse che innumerevoli supplicavano: "Servo di Dio Francesco, pregate per noi!", e che erano esauditi. Commise allora la cura ad una eletta di cardinali di esaminare quei fatti prodigiosi. Li ritrovò degni di fede. Il corpo di Francesco risplendeva dell'aureola di un corpo santo; principi e vescovi a capo di sterminato popolo supplicavano che a Francesco non fosse ritardato l'onor degli altari. Due anni addietro <con> la morte aveva detto addio alla terra per entrare nel paradiso.

  Il Vicario del divin Salvatore elevossi dunque e pubblicò a tutti: "A gloria di Dio onnipotente, Padre, Figliuolo, Spirito Santo, della gloriosa Vergine Maria, dei santi apostoli Pietro e Paolo e ad onore della Chiesa romana, noi abbiamo [13]risoluto col consiglio dei nostri fratelli e degli altri prelati di mettere nel catalogo dei santi il beato padre Francesco, che Dio ha glorificato in cielo e noi veneriamo quaggiù in terra. La sua festa si celebrerà nel della sua morte" (4 ottobre). Applausi di evviva si sollevano dai fedeli accorsi. Vescovi e cardinali con ogni guisa di lettere e di cantici ne magnificano il trionfo.

  Aveva detto Francesco che luogo più meritevole per lui ad essere sepolto non era allo infuori del così detto Colle di Inferno ad Assisi, luogo di condanna a morte dei malfattori. Il pontefice Gregorio scorse luogo atto per erigere un sontuoso tempio e che volle dipendesse direttamente dalla Santa Sede, ponendo a vicari i discepoli di Francesco. Non fu risparmiata spesa, non si stancò l'ingegno degli architetti e degli operai industriosi. Finché Gregorio pontefice mandò lettere d'invito a tutta Europa. Concorsero allora più che duemila discepoli di Francesco, drappello eletto di personaggi illustrissimi, e moltitudini di popolo divoto. Il pontefice sommo chiamò quel luogo del tempio Colle di Paradiso. Venne in persona a consecrarne il santuario maestoso e dentro vi ripose il corpo di Francesco, che Gregorio accenna [14]essere "più nostro che vostro", ossia dei religiosi Minori, per esprimere l'immenso affetto che nutriva verso a quel patriarca e padre. Era il 20 aprile 1235.

 

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  Bonaventura, il dottor mellifluo4, scrivendo di san Francesco dice che "Dio manifestò la sua presenza nell'onorare il suo servo con istupendi prodigi, e in vita e dopo morte; che sordi, ciechi, muti, zoppi, paralitici, lebbrosi, idropici, indemoniati avevano provato la virtù dei meriti del santo". Al passaggio di Francesco venivano applaudendo cardinali, vescovi, re, principi, nobiltà e magistrati. Applaudiva vivamente il pontefice sommo.

  Allo arrivo di Francesco nelle città e nei borghi, il clero e il popolo, i grandi e i piccoli, gli uomini e le donne gli andavano incontro, portando dei rami verdi, cantando inni di lode e d'allegrezza. Ve n'erano alcuni che ne baciavano le pedate, altri che sforzavansi di toccargli la tonaca, molti gliene tagliavano dei pezzetti, e bisognava sovente vestirlo di nuovo. Quei che potevano toccare lui stesso e baciargli i piedi si stimavano felici e fortunati.

  Sono ora trascorsi settecento anni.

  Il sommo pontefice nella lettera enciclica <la> 17 settembre 1882 incomincia così: [15] "Avventurosamente è dato alla Cristianità di poter celebrare nel giro di pochi anni la memoria di due grandi, che chiamati in cielo alla immortale corona della santità, lasciavano in retaggio alla terra numeroso stuolo di magnanimi figli, quasi germogli delle loro virtù. Poiché dopo le secolari feste in onore di san Benedetto, padre e regolatore del monachismo in occidente, ecco prossima non dissimile occasione di rendere pubbliche onoranze a san Francesco d'Assisi, compiendosi il settimo centenario del che ei nacque al mondo". E prosegue <ad> enumerare le gloriose opere di lui, e confrontando poi i tempi di Francesco con questi nostri, eccita con forte arringa a seguire l'esempio illustre di un santo. Noi riveriamo la presenza del pontefice sommo che viene a noi con la persona di un santo,

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esclamiamo: "Vero, vero, la terra ha bisogno dello esempio dei santi. Solamente un santo può scamparci da gravi mali che ne minacciano".





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4 Il titolo doctor mellifluus è attribuito a san Bernardo di Chiaravalle (cfr. Piero Zerbi, Bernardo di Chiaravalle, in Bibliotheca Sanctorum, iii, 1963, col. 30), mentre san Bonaventura da Bagnoregio ha il titolo di doctor seraphicus (cfr. Lorenzo Di Fonzo, Bonaventura da Bagnoregio, ivi, col. 257).



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