Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il Terz'ordine di S. Francesco…
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IL TERZ'ORDINE DI SAN FRANCESCO E L'ENCICLICA DEL PONTEFICE LEONE XIII

VIII. Giudizii di Dio e del mondo

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VIII.

Giudizii di Dio e del mondo

  [51]Se volete operare il bene, non badate a quello che ne dirà il mondo. I giudizii del mondo sono contrarii ai giudizii del Signore. Ed è scritto parimenti che chi si fa amico del secolo, tosto tosto diventa nemico di Dio46. Nemmeno si può tenere il piede in doppia staffa. Potrà uno per un momento piacere a Dio ed al mondo, ma a lungo andare è impossibile che non dispiaccia allo Altissimo, ovvero che, piacendo a lui, torni in odio ai seguaci delle vanità e dell'errore.

  Francesco d'Assisi, figlio di ricco mercante, si era messo <a> questuare in sua patria a fin di ristorare la chiesa di san Damiano. Diceva: "Chi mi darà una pietra, avrà una ricompensa; chi me ne darà due, ne avrà due; chi me ne darà tre, ne avrà tre". Molti lo disprezzavano, se ne facevano alte beffe e dicevano: "Il meschinello impazzisce, non è punto dubbio".

[52]Ma Francesco, rivoltosi ai dodici che tolsero a seguirlo, disse: "Fratelli miei dilettissimi, Iddio per sua bontà si è degnato di farmi conoscere che vuole aumentare la nostra povera famiglia. Io non posso ammettere quelli i quali desiderano di entrarvi, se prima non ho un luogo capace per tutti. Abbiamo bisogno di un'abitazione più ampia, come altresì di una chiesa per sentire la Messa, per recitare l'Officio, per far riposare in pace quelli che fra noi verranno a morire. Andiamo dunque a visitare il nostro monsignor vescovo e i signori canonici. Preghiamo istantemente per amor di Dio che vogliano concederci qualche chiesa intorno alla città e dar ricovero a quest'Ordine nascente in qualche luogo di loro giurisdizione. Se non potranno eglino farci tal grazia, andremo a dimandarla ai religiosi del monte Subasio". Da quest'ultimo47 ebbero dunque la

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chiesa di santa Maria degli Angeli a condizione che, progredendo l'Ordine, fosse poi considerata come casa madre. Ritornò Francesco giulivo a' suoi dicendo: "Voi dovete mostrarvi assai grati pel bene che ne fanno i padri benedettini.

Eglino han consecrate48 tutte le abitazioni che noi avremo [53]in avvenire, con questa casa di Dio, la quale dev'essere il modello della povertà che abbiamo ad osservare in tutte le case del nostro Ordine ed il prezioso germoglio della santità che qui dobbiamo acquistarci"49.

  Francesco era solito passare la notte in orazione con Dio.

Improvvisamente entrò per la porta della capanna, ov'erano i frati, un carro di fuoco di meraviglioso splendore, sopra il quale vedevasi un globo rilucente come il sole, che tramandava un chiarore come di mezzogiorno, e vi fece tre giri. In quella luce ammirabile i discepoli di Francesco scorsero chiaramente che i giudizii del cielo erano misteriosi a riguardo di Francesco. Il santo patriarca attendeva a radicar in tutti il sentimento della propria umiltà. Accadde che il cardinal protettore un predicava ai seguaci di Francesco con molta lode della loro virtù. Ma Francesco, avuto permesso di salire lui il pergamo, molto parlò dei difetti che nell'Ordine scorgeva, ed al cardinale che dolevasene rispondeva: "Monsignore e padre mio, ho parlato in tal guisa per conservare la materia delle vostre lodi. Io temeva che, essendo fatte da un personaggio della vostra qualità, non fossero occasione di vanagloria [54]in quelli ne' quali l'umiltà non ha ancor gettato assai profonde le radici". Furono alcuni i quali desideravano ottenere privilegi dalla Santa Sede, ma Francesco vi s'oppose dicendo che possono essere fomento di vanagloria e di gelosia, che il bene è da farsi con umiltà profonda. A quelli che si lagnavano di non essere accettati per predicare, rispondeva: "Siate più umili e più pazienti; gli uomini anche più duri si arrenderanno e Dio farà lui le sue vendette".

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  Vollero altresì taluni introdurre mitigazione nell'Ordine, ma Francesco li riprese altamente ed al cardinal protettore disse francamente: "Monsignore, questi saggi che v<ostra> s<ignoria> illustrissima loda tanto vorrebbero con la loro umana prudenza ingannar Dio e voi, ma ingannano se stessi, volendo distruggere quello che per loro salvezza viene ordinato da Dio per mezzo di me, suo indegno servo. Io non mi attribuisco nulla di quanto fo e di quanto dico; sul governo dell'Ordine non mi fido in verun modo dei miei propri lumi, ma per via di lunghe orazioni vado concertando il tutto col celeste50 Padre che ottimamente il governa e che ci ha fatto conoscere la sua volontà con tanti segni chiari e manifesti,[55] affine di stabilire e perfezionare l'opera di lui, cominciata per mezzo di un uomomiserabile come son io, per la salute delle anime e per l'edificazione della nostra santa madre Chiesa. Coloro i quali preferiscono la prudenza del mondo alla volontà del Signore, si espongono a pericolo manifesto di perdersi". Ciò detto, Francesco si ritirò. Il cardinale poi rivolto agli altri disse: "Il Signore parla con troppa evidenza per bocca del suo servo. Nessun potrebbe senza colpa contrastare al volere di Francesco".

  Diceva talvolta Francesco: "Io mi considero come il maggior peccatore di tutti. Io sono persuaso che, se il più scellerato fra gli uomini avesse provato al pari di me la misericordia di Gesù Cristo, ne userebbe maggior gratitudine che io non uso". Sovrat<t>utto pensava a sentimenti di umiltà quando gli toccava passare in mezzo a molti onori. Diceva allora: "Tutto l'onore che mi vien fatto lo riferisco a Dio, non me ne attribuisco né me ne approprio niente affatto. Per lo contrario me ne sto nel fango della mia bassezza ed in esso mi vado ognora più profondando, appunto come le figure di sasso o di legno alle quali benché si abbia della venerazione, [56]tuttavia esse non ne hanno verun sentimento e non se ne riserbano nulla, ma tutta quanta si riferisce a quello che rappresentano, ed esse rimangono sempre l'istessa materia. Or quando gli

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uomini riconoscono e onorano Dio nelle sue creature, come fanno in me che sono la più vile di tutte, non è poco profitto certamente per le anime loro".

  Ecco in questo che brevemente ho esposto un saggio del giudizio di Dio e dei giudizii del mondo. Il sommo pontefice nella sua lettera al mondo cattolico del 17 settembre 1882 dice che in riguardare a Francesco dobbiamo concepirne vero entusiasmo, ma continua <ad> ammonire che "esso solo non basta. Imperocché, bisogna ben persuadersene, gli onori che si apparecchiano a san Francesco allora massimamente torneranno accetti a lui che li riceve, quando riescano profittevoli a chi li rende. Ora il più sostanziale e non passeggero profitto consiste in questo, che gli uomini prendano qualche somiglianza dalla sovrana virtù di lui che ammirano, e procurino <di> rendersi migliori imitandolo. Se tanto coll'aiuto divino venisse lor fatto, certamente sarebbe trovato ai mali che ora ne incalzano opportuno e molto efficace ristoro". [57]Il giudizio della Chiesa è sempre conforme allo Spirito di Dio. Il sommo pontefice, mentre ci ec<c>ita a seguire lo spirito del beato Francesco, ci sprona a seguire l'esempio di Gesù Cristo. A questo criterio, che è il solo vero, noi dobbiamo conformare il giudizio nostro. Chi se ne forma regola di principii opposti, costui entra nella via condannata tanto dai saggi e maledetta da Dio, perché la strada della prudenza umana è via che conduce a perdizione.





p. 135
46 Cfr. Gc 4, 4.



47 Più chiaramente in C. Chalippe, Vita di s. Francesco, p. 75: “Ma l'abate del monte Subasio col consentimento della sua comunità gli cedette per lui e pe' suoi frati la cappella di S. Maria degli Angeli”.



p. 136
48 Originale: conservate; cfr. C. Chalippe, Vita di s. Francesco, p. 77.



49 Originale: acquistarsi; cfr. ed. 1924, p. 103.



p. 137
50 Originale: celebre; cfr. C. Chalippe, Vita di s. Francesco, p. 174.



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