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IL TERZ'ORDINE DI SAN FRANCESCO E L'ENCICLICA DEL PONTEFICE LEONE XIII XIII. Il secondo Ordine di san Francesco |
XIII.
Il secondo Ordine di san Francesco
[85]All'altare di Gesù nel Santissimo Sacramento fu veduta pregare una donna vicino a divenir madre. Aveva nome Ortolana81 e supplicava col fervore di un angelo; a un tratto la fortunata intese questa voce: "Donna, non temere, perché metterai al mondo senza pericolo una luce che lo rischiarerà di molto".
Venne intanto la Domenica delle palme dell'anno 1212.
Chiara, figlia di ricchi patrizii in Assisi, recavasi alla chiesa.
Cingeva il capo con corona di bianche rose, ma sotto a quelle teneva una corona di spine. Vestiva con nobiltà, ma presso alle carni era circondata di cilizii. Chiara ricevette dall'altare la palma che si reca processionalmente. Stringendo quella palma,
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Chiara diceva a se stessa: "Io vo [86]con questa, come Cristo Gesù usciva da Gerusalemme e avviavasi al Calvario". Venne la sera di quel dì. Chiara fuggivasi di casa e venne ai piedi di Francesco che pregava nella chiesa di santa Maria degli Angeli. Il santo consacrolla sposa a Gesù e poi la fece accompagnare al monastero di san Paolo, indi a quello di sant'Angelo e per ultimo alla chiesa di san Damiano. I parenti accorrono per istrapparla, ma Chiara s'abbraccia all'altare e con voce poderosa grida: "Guai a chi tocca una sposa che si è consacrata a Gesù". Intanto supplica che le sorelle la raggiungano. Agnese per la prima e poi altra e infine la madre medesima sclamano: "Vogliamo a guisa di Chiara abbracciare la croce del Salvatore". I parenti infuriano, impugnano le armi, minacciano e ostentano. Toccano alle intrepide donne maltrattamenti assai gravi, ma le generose sclamano: "Nessuno ci strapperà dalla croce del nostro Salvatore. Iddio è con noi".
Matrone e nobili donzelle ammiravano le virtù di Chiara e delle compagne e traggono al convento di san Damiano. Si adunano in numero di quindici e tutte crescono al soave odore di santità di Chiara. [87]Sono quindici sante donne che alla loro morte meritano poi l'onore degli altari. Queste traggono altre che crescono egualmente fervide, e così nella chiesa di san Damiano si avvera quello che predisse Francesco: "Un numeroso monastero di illustri signore povere crescerà in questo luogo".
Predicando in Roma, Francesco trovò altra donna, la vedova Giacoma Settesoli. Questa, per seguir Francesco, rinunciò al suo nobile casato e visse nella solitudine e in lagrime il resto della sua vita. Francesco porgeva suoi consigli a Chiara ed a Giacoma, ma non ad altre. Vedeva poi di mal occhio che i suoi religiosi prendessero direzione spirituale nel monastero di san Damiano. Diceva: "Ha dei sacerdoti nel secolo che hanno lo spirito del religioso. Questi con minori inconvenienti vi possono attendere". Anni di poi, nel 1263, nel Capitolo presieduto in Pisa da san Bonaventura, fu sancito che i frati Minori in prestare qualche servizio alle religiose clarisse non intendono astringersi per obbligo di giustizia, ma per puro esercizio di carità, e potere ad ogni momento
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dispensarsene quando del caso. [88]Vescovi e personaggi illustri provaronsi per indurre Francesco ad istituire altrove monasteri di donne, ma egli con molto stento si indusse ad istituire altra casa in Firenze. A questa fu mandata per abbadessa Agnese, sorella di Chiara. In partire pareva che a tutte e nel petto di Chiara si schiantasse il cuore, ma erano rassegnate. Francesco, scorgendo, disse che i sentimenti naturali sono dalla virtù elevati e santificati, senza che sieno distrutti82.
Volle poi che le religiose non meno dei frati Minori dipendessero in tutto dalla Santa Sede. E con ragione; san Gerolamo scrivea a Gioviniano ed a Pelagio: "Voi avete delle amazzoni nel vostro campo... Per guadagnare la loro grazia, concedete loro liberamente la scienza della Legge ed insegnate nei vostri scritti che le donne devono possederla, sebbene al contrario insegni l'Apostolo ch'elleno viver83 debbono in silenzio e in sommissione"84.
Francesco vuol che la superiora si faccia serva per essere esempio a tutti, che non si ricevano persone attempate o inferme o deboli di spirito. Vuol che nelle cose temporali e nel caso di dover contrarre un debito considerevole si consulti [89]il monastero, che <si> ritardi a ricevere delle pensionarie, che si raccomandi alle inservienti di non recare veruna notizia di mondo, che venendo alla chiesa non accusino se non ciò che è stretta materia di coscienza. Sovrat<t>utto le esortava alla pratica della santa povertà. Stando vicino a morte, scrisse loro: "Io frà Francesco, uomo vile, voglio seguire la vita e la povertà di Gesù Cristo nostro altissimo Signore e della sua Madre santissima, e perseverare in essa sino al<la> fine. Prego ancora voi tutte e vi consiglio di conformarvi sempre a questa vita e a questa povertà, la cui santità è sì
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grande. Guardatevi bene a non allontanarvene in qualunque siasi cosa e a non dar orecchio su questo punto né ai consigli né a massime che contraddicano".
Dopo il glorioso transito di Francesco, il cardinale Ugolino, allora pontefice Gregorio ix, compatendo alle gravi sofferenze del monastero di san Damiano, si esibì a Chiara per fornirle un patrimonio per la sussistenza loro. Ma Chiara gli rispose: "Chiedo solamente che la Santità sua mi perdoni le mie colpe, che mi conceda la sua benedizione, e nel resto supplico con viva istanza che ci permetta <di> vivere [90]nella povertà del nostro padre Francesco".
Più tardi Isabella di Francia, sorella di Luigi re il santo, istituì una congregazione di pie donne, che con Regola a somiglianza di quella di Chiara85, ma mitigata da san Bonaventura e da Urbano iv, fu chiamato archimonastero perché fu capo di molti altri. Anche in questo fiorì la pietà, ma fu maggiore nei monasteri di santa Chiara che si attennero alla prima Regola. In verun altro monastero non vedesi né maggior unione né maggior contentezza e libertà di spirito, né più di quel gaudio di cui disse il Signore "che sta nel cuore, che è perfetto, e che niun lo può togliere"86.
Bellissimo esempio questo di Chiara, carissime le parole del Signore. Fortunati quelli che o nel secolo o nella religione, regolandosi in conformità di questi esempi e di queste massime, si meritano che il cielo a loro li riguardi con compiacenza.