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IL TERZ'ORDINE DI SAN FRANCESCO E L'ENCICLICA DEL PONTEFICE LEONE XIII XV. Una buona madre, la povertà |
XV.
[98]Dicevalo spesso Francesco a' suoi: "Una buona madre è la povertà". Mentre noi ci stacchiamo dalla terra per pensare a Dio, il Signore buono si volge a noi per soccorrerci.
Mentre con tutte le forze attendiamo al bene del nostro prossimo, questi si muove a compassione per non lasciarci stentare nelle sofferenze della fame o della sete. Il pontefice Leone Xiii nella sua lettera del 17 settembre 1882 all'episcopato del mondo cattolico, fra le molte lodi all'Ordine francescano, ha questa: "In verità, in tempo di oppressione e di prepotenze, Francesco stendea continuamente la mano al debole oppresso, e nella inesauribile ricchezza della sua povertà non lasciò mai di alleviare l'indigenza altrui, dimentico della propria". Francesco si elesse a propria madre la povertà. Voleva per sé e per i suoi questo [99]degli apostoli: "Quando noi abbiamo pane da appressare alla bocca ed una veste per ricoprirci, di questo noi siamo contenti"98.
"La capanna, in cui abitavano i poveri evangelici, era sì piccola e sì angusta che ben lungi dal potervi stendere le loro membra, appena trovavano luogo da sedersi, a segno tale che il buon padre videsi99 obbligato di marcare a ciascuno il suo sito, scrivendo i loro nomi sopra i travicelli, acciocché potessero far orazione e pigliar riposo100 senza incomodarsi. Dimoravano qualche tempo in questa capanna, che ben poteva considerarsi un sepolcro di uomini viventi, o per meglio dire, di uomini veramente morti al mondo, ma con un tal amore verso Dio, con una tal unione ed allegrezza che non può esprimersi.
La vita che quivi menarono fu così stentata e così povera che spesse volte, non avendo altro che un tozzo di pane, erano costretti dalla necessità a ricercare per la campagna erbe e
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radici, delle quali cibavansi con piacere, godendo più di nudrirsi di lagrime che di ogni altra vivanda".
Francesco era cresciuto in fama di personaggio101 illuminato e molti personaggi [100]illustri traevano alla Porziuncola102 per visitarlo. Frà Cataneo, vicario, profittò di un'assenza di Francesco per construrre una abitazione meno disagiata. Ma il poverello nostro in vedere disse: "Questo luogo è la regola ed il modello di tutto l'Ordine. Voglio che quelli i quali vengono in questo luogo soffrano, come quelli che qui dimorano, gli incomodi della povertà, affinché possano dire agli altri quanto poveramente si viva in Santa Maria della Porziuncola; perocché se gli ospiti veggono che sono alloggiati in una abitazione comoda e provveduti di quanto sanno desiderare, intenderanno di aver altrettanto nelle loro provincie e diranno che non hanno più di quello che suol farsi in Santa Maria degli Angeli, la quale è l'origine dell'instituto". Nel 1218, dopo un viaggio assai lungo, rientrò in Assisi e trovò che accanto al convento si era innalzato altro edifizio più comodo.
Francesco con altri montò subito al tetto per scoprirlo e atterrarlo mano a mano. Ma vennero <a> dirgli che quello era della città di Assisi, e donato per non soffrire il rossore di vedere molti religiosi venuti da lungi ed esser costretti <a> dormire alla campagna. Rispose allora Francesco: [101]"Se questa casa è vostra, io la lascio e non voglio toccarla; noi non ci daremo mai pretensione veruna, né io né i miei frati; abbiatene cura voi stessi". Nel Capitolo del 1219, i frati sotto le loro povere capanne avevano per letto le stuoie stese per terra e legno per capezzale. Il cardinal Ugolino e più altri personaggi illustri, ammirando, dicevano: "Ecco se è vero che la strada del cielo è angusta e che egli è difficile ai ricchi l'entrare nel regno di Dio103. Noi ci lusinghiamo di operare la nostra salute godendo le dolcezze di questa vita e pigliandoci tutte le nostre comodità, mentre questi, per salvarsi, di tutto si privano, macerano
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i loro corpi e non lasciano con tutto ciò di temere. Noi vorremmo morire come essi, ma non vogliamo vivere come essi vivono, e frattanto si muore come si è vissuto". Simili riflessioni bastarono a convertire un gran numero di persone, e durante il Capitolo più di cinquecento persone presero l'abito di frate Minore.
Francesco vedendo un cencioso di lui ancor più meschino diceva "Ecco un povero che ci fa104 vergogna. Noi abbiamo scelto la povertà perché fosse la nostra [102]ricchezza particolare, e pur vedete come ci sopravvanza". Il poverello d'Assisi voleva per sé un cibo che appena bastasse per tenerlo vivo.
Questo cibo gli era più caro se eragli dato per elemosina. Per vestito gli abiti più incomodi e sucidi, e per abitazione le celle più disagiate. Diceva a' suoi: "Quando domandano per istituire un convento, scorgete se è tanto terreno per impiantarvi una fabbricazione e non oltre. Cercate di ottenere105 dal vescovo la benedizione. In construrre giovatevi di giunchi e di melma con travicelli atti a dividere le celle". Avendo poi saputo che oltremonte fabbricavansi conventi spaziosi, disse: "Dopo di noi verran degli altri, i quali fabbricheranno dei conventi sì grandi che vi si potranno alloggiare dei signori, e porteranno delle tonache molto buone, ma allora sarà assai che schivino i peccati mortali". Così è facile che dalle leggiere colpe uno passi alle gravi. Per tanto affetto che aveva alla santa povertà, curava che i suoi religiosi nemmeno portassero affetto ai lavori del proprio ingegno. Diceva: "Chi desidera giungere alla perfezione, dee rinunziare non solo alla prudenza del mondo, ma eziandio [103]in certo modo alle lettere ed alle scienze perché, spropriato essendo di tal sorta di beni, mettasi al coperto sotto la potenza del Signore, si ricordi solo della giustizia di lui, e spoglio di ogni cosa si getti tra le braccia del Crocifisso. Imperocché non è rinunziare al secolo intieramente il conservare nel segreto del cuore dell'attacco a' suoi lumi e al suo proprio parere". Ammoniva i suoi così: "Fate in
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maniera che in ogni cosa tra voi risplenda la povertà, principalmente nelle vostre abitazioni, e non vi dimorate come se fossero vostre, ma come in case altrui, a guisa di viandanti e pellegrini". Porgeva l'esempio del divin Salvatore, del quale è scritto: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo han luoghi dove fare i loro nidi, ma il Figliuol dell'uomo non ha ove posare il suo capo"106. E diceva: "Quando nostro Signore andò a digiunare nel deserto, dove stette per quaranta giorni e quaranta notti, non si fece preparare alcuna cella né alcun altro coperto, ma pigliava riposo nella caverna del monte".
Intanto commendando la santa povertà chiamavala sua signora, or sua madre, or sua sposa.
Noi che siam tratti fuori dalla terra, che ci tocca percorrere e volger le mani entro [104]e con sudore bagnare la terra, fortunati noi se, stando con la persona in terra, voliamo in cielo con <g>li affetti del cuore. Il Signore ha detto: "Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli"107.