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XXIV.
[155]Lo sposo celeste nei sacri Cantici scongiura le figlie di Gerusalemme di "non isvegliare la sua diletta e di non disturbarla dal suo riposo, finché si svegli da se stessa"183. Tanto cara al Signore è un'anima che conversa con il cielo. Francesco pensava a Dio colla mente, amava Dio con il cuore, a Dio s'immolava ad ogni ora col corpo, offerendosi vittima d'olocausto. Era in continua conversazione con Dio. Il più spesso che poteva stava poi anche da solo a solo a ragionare con colui dal quale sapeva essere amato. Udivasi di frequente pregare così: "Mio Dio e mio bene, chi siete voi, dolcissimo Signore, e chi son io, vostro servo e misero vermic<c>iuolo? Vorrei amarvi, santissimo Signore, vorrei amarvi. Dio mio, io vi ho consecrato il mio cuore e il mio corpo! Se potessi
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sapere il mezzo di far davvantaggio per voi, il farei184, e lo desidero ardentemente".[156] Bramava trovarsi solo per discorrere più soavemente con Dio. Di notte, dopo breve ora di riposo, sorgeva e ponevasi in orazione fervente. Diceva: "Un religioso dee principalmente desiderare d'aver lo spirito d'orazione. Io credo che senza questo non si possano ottenere grazie particolari da Dio, né far gran profitto nel suo servigio.
Qualora si sente della tristezza e del conturbamento, fa mestieri subito ricorrere all'orazione e star dinanzi al celeste Padre, finché egli renda il gaudio della salute. Altrimenti se si vive mesto e conturbato, una tal disposizione, che viene da Babilonia, andrà crescendo e produrrà della ruggine, qualora non si cerchi di purgarsene colle lagrime".
Francesco comunicavasi il più spesso che poteva e assistendo alla santa Messa sembrava abitualmente estatico. Pregava: "Padre celeste, Signor mio e Dio mio, riguardate la gloriosa faccia del vostro Cristo, abbiate pietà di me e degli altri peccatori, per cui il vostro Figliuol benedetto e Signor nostro si è degnato di morire ed ha voluto con noi dimorare nel Santissimo Sacramento dell'altare per nostra salvezza e per nostra consolazione,[157] col quale voi, eterno Padre e Spirito Santo, un solo Dio, vivete e regnate nei secoli de' secoli. Così sia".
Procurava la mondezza nelle chiese, forniva le ostie pel Sacrificio nelle chiese più povere. Egli con i suoi si professava servo umile dei sacerdoti che amava e riveriva con alto ossequio. Scriveva in ispecie lettere di raccomandazione a tutti i fratelli del suo Ordine perché con santità e con decoro trattassero i sacrosanti misteri. Quanto a sé, Francesco mirava con sacro terrore all'alta dignità sacerdotale. Reputossi indegno e non volle accostarvisi. Ricevette l'ordine del diacono e in quello fu per tutta la vita.
Benedisse in ispecie al primo fratello che lo seguì, Bernardo Quintavalle. Questi pianse di consolazione e venne in luogo solitario a sfogarsi. Continuò allora Francesco: "La mia intenzione si è ed ordino che chiunque sarà ministro generale
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ami ed onori frà Bernardo come me stesso; per verità ve lo lascio come la metà dell'anima mia. Ve ne son pochi che arrivino a ben conoscere la virtù di lui; ella è si grande che Satanasso non cessa di tentarlo, di inquietarlo e di tendergli [158]delle insidie, ma coll'aiuto di Dio vincerà185 il tutto con gran profitto dell'anima sua e troverassi per vie meravigliose in una perfetta tranquillità".
In pregare Francesco rivolgevasi a Maria con fiducia piena. Diceva: "Ella è che ha renduto quel Dio di maestà nostro fratello, e per mezzo di lei186 noi abbiamo ottenuto misericordia". Dispose che la chiesa di santa Maria degli Angeli fosse in modo speciale custodita dal superiore generale e che fosse ufficiata dai religiosi più pii di tutto l'Ordine. Invocava con affetto il patrocinio dei santi e degli angeli. Essendo venuto al monte Gargano per visitar la grotta consecrata dall'apparizione dell'arcangelo san Michele, Francesco fermossi ai gradini del santuario e disse: "Non ardisco andar più avanti, questo luogo è terribile, egli è la casa degli angeli, che in ogni maniera deve essere dagli uomini rispettato". Faceva una quaresima di digiuno in apparecchio alla festa dell'Assunzione della Vergine. Altra quaresima di digiuno faceva precedere alla festa dell'arcangelo san Michele.
Supplicava che tutti entrassero in discorso con Dio per salvar l'anima propria. [159]Dolevagli immensamente per i poveri peccatori. Un dì venne ai piè di Gesù nel Santissimo Sacramento nella chiesa di santa Maria degli Angeli. Si pose a pregare colla pietà di un angelo. Dissegli allora il Signore: "Domanda quello che vuoi che io ti concedo". Rispose allora Francesco: "O Signore, fate che tutti quelli che pentiti e confessati visiteranno questa chiesa, ricevano la plenaria indulgenza di tutte le loro colpe". Dissegli la voce di Dio: "Recati al mio Vicario e digli che confermi il privilegio che io le ho accordato". Il pontefice dispose che convenissero molti vescovi intorno e che pubblicassero la celebre indulgenza.
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Francesco, per invito dei vescovi montato il pergamo, disse: "Io voglio farvi andar tutti in paradiso. Vi annunzio una indulgenza che tengo dalla bocca del sommo pontefice: voi tutti, che oggi siete qua venuti con un cuor veramente contrito, otterrete la remission dei vostri peccati, e l'otterranno medesimamente in ogni anno in simil giorno quelli che verran con le medesime disposizioni. Io desiderava che ciò avesse a durar otto giorni, ma non ho potuto ottenerlo". I pontefici sommi estesero indulgenza [160]cosiffatta alle altre chiese dell'Ordine. Oggigiorno la estendono dietro a facili condizioni di luogo e di distanza altresì a quelle chiese in pro delle quali se ne porga speciale domanda. I figli di san Francesco, venuto il giorno della celebre indulgenza, esultano in giubilo vivissimo. Si accostano per essere benedetti e ne ripartono con la voce in cuore che loro dice: "Voi siete perdonati". Così un cristiano fervido, qual Mosè novello, si presenta in discorso con Dio ed ottiene che la misericordia del Signore discenda sopra i figli dei popoli della terra.