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I.
[7]Veneranda è la presenza di creatura umana. In volto all'uomo si scorge la immagine dell'anima che è creata a somiglianza dell'Altissimo. Nel portamento dell'uomo voi scorgete una maestà che commuove e atterrisce. Si trovano poi certi
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volti di persone che non hanno in sé bellezza di natura, ma che piacciono per quel soave di virtù che di continuo aleggia loro intorno. Si dà statura di persona che talvolta ha perfino del difettoso, eppure che edifica in ogni suo atteggiamento2.
Così è vero che le impressioni buone dell'animo hanno influenza ancora sul corpo. Ciò avviene [8]per quella relazione intima che è fra il corpo e l'anima, <fra> questa e questo.
Figura cara così è quella che vi rappresento in questi brevi cenni biografici. È donna che, volendo ritrarsi per breve ora dal tumulto del mondo, viene come in una solitudine cara là sopra un colle dove è una divota chiesuola che si denomina di santa Maria delle Vigne. Scorgetela questa figura pietosa.
Ha varcato di qualche anno il mezzo del corso della vita. Il volto suo <è> affilato ed angoloso. In fronte e nel viso porta le rughe di una vecchiaia precoce. Nei lineamenti di quel volto par di leggere una pagina di molto patimento. Gli occhi vivaci manifestano la fede che anima lo spirito e quel sorriso sempre amorevole è indizio certo di quell'amore sempre vivo che è nel cuore. Nella persona è snella, nel portamento spigliata. Di statura è più piccola che mediocre, di struttura [9]gracile. In conseguenza di lavori e di sofferenze sostenute reca il corpo accasciato come quello di una paziente percossa. Il corpo è come slogato. La spalla destra sopravvanza alla sinistra. Di nome battesimale è Francesca, di cognome in famiglia è Morello.
Suo padre Costanzo è di condizione carrettiere e la madre Antonina Blengino è agricoltrice. Amendue quei diletti del cuor di Francesca sono caduti nella terra di quel cimitero che è laggiù al ponente della borgata di Trinità. Francesca, levatasi dalla sua orazione, venne a mezzo del colle verso casa e scorto subito il campo santo rinnovò fra sé queste memorie: "Ecco congiunti il corpo del padre mio con il corpo della genitrice che mi ha allevata. Lo spirito del Signore prepari quei corpi per la risurrezione gloriosa. Vi benedico, o Signore.
L'avete assistito mio padre perché vivesse da cristiano esemplare. L'avete aiutato [10]perché passasse con rassegnazione
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da questa vita. Chi lo vide sclamò: ecco il giusto che muore.
Mia madre meritossi parimenti la denominazione di cristiana pia. Ne sia lode a Dio". Di poi ripeté con fede un suffragio all'anima di que' suoi genitori diletti. Francesca distinse in quella terra benedetta alcune fosse recenti. Tre sorelle erano entrate in quella loro casa di abitazione perpetua. E qui il cuore batté forte nel petto a Francesca in ricordare la morte tragica di una minor sorella. Movevano da casa paterna con un carro carico di fresche castagne per recarsi al mercato frequentato di Fossano. Trascinava il carro un cavallo in color rosso. Francesca conduceva e la sorella premeva dietro per superare la salita che stava dinanzi. Improvvisamente il cavallo sdrucciola, il carro dà addietro e la meschinella che preme sentesi schiacciare presso alla muraglia di casa. [11]Geme la misera e Francesca alla sua volta emette grida di dolore e tira su la bestia e la sferza e intanto sclama al cielo che abbia pietà. Accorsero gente, raccolsero la sciagurata, ma era sì maltrattata che in poche ore spirò. Era giovinetta assai buona.
Il pensiero di Francesca corse a ricordare un personaggio venerando, il sacerdote don Marco della congregazione somasca, fratello del proprio padre. Fanciullo tant'alto, già aspirava alla carriera ecclesiastica e, quantunque suo padre manifestasse consiglio contrario perché non si estinguesse il casato, pure il giovinetto Marco tanto insistette finché il padre lo benedisse per una congregazione religiosa. Marco Morello fu caro a tutti nel corso scolastico e, consecrato sacerdote, occupò cariche illustri presso la Santa Sede. Monsignor Marco Morello aveva cessato di vivere poco dianzi. [12]Che duolo per un'anima riflessiva la ricordanza di persone sì care! Ma nel suo cuore diceva: "Non mi lamento che sieno morti i diletti miei. Prego Dio che presto me li faccia ritrovare nel santo paradiso".
Dopo questo emise un sospiro di alta speranza, guardò al cielo e poi chinò lo sguardo intorno intorno e comprese tutto quello che l'occhio poteva apprendere. Tre fiumi che scorrono nel giro che comprendesi da quella prospettiva sono l'Ellero, il Pesio, la Stura. L'Ellero videlo scorrere da valle detta d'Inferno nelle montagne di Frabosa verso la parte di ponente, là
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dove il termine delle Alpi si congiungono con i colli che aprono gli Ap<p>ennini. Seguendo questo corso, Francesca tosto riveriva la b<eata> Vergine nel santuario di Vico. Più volte era venuta <a> piangere presso agli altari di quel tempio.
Più volte poté riportarne grazie insigni. [13]Quanta commozione! Nella vastità del tempio vi è in grandezza rappresentato un monte di santità, in frequenza dei divoti che vi accorrono, un popolo dei giusti di questa terra. In ispirito suo Francesca commovevasi allo incontro di cappelle di Via Crucis, e mentre scendendo posava l'occhio sopra la città di Mondovì, fissava nel colle di Piazza la ricca cattedrale di san Donato e il tempio artistico dei religiosi filippini. Ripassava nella sua mente la felicità che godevano nel ritiro con Dio molte religiose in quella città.
Lungo il corso del fiume Pesio poi Francesca aveva appreso quello che i più edotti avevano raccontato, la via che porta a Nizza da parte di Gesso, la certosa di Pesio, il prato detto del Macello3 per tante barbarie che si sa avervi commesso i saraceni. Ricordò la Posca, nido di malviventi, e i paesi della Margarita e di Morozzo. [14]Quest'ultimo ricorda il nome di fortezza un tempo temuta. Più oltre il convento detto di Pogliola4 e poi il castello dei saraceni nel quale furono martirizzati i santi Bernolfo e Dalmazio. Questo lungo il corso del Pesio. A tramontana, sul fiume Stura, Francesca mirava la città di Fossano dove è la cattedrale sontuosa di san Giovenale e più oltre a levante Cherasco e poi a mezzodì Bra, la città del miracolo dei fiori di Maria. A ponente vedeva l'antica Pollenzo5, ricchissima città al tempo dei romani alla quale per canali sotterranei si conducevano le acque dalla lontana città di Cuneo.
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Nel mezzo di questo teatro è la borgata di Trinità, a quei dì meno popolata che a questi nostri. In questo luogo è un tempio sontuoso, che i più vecchi ricordano essersi alzato sopra la base di chiesa ivi esistente. [15]Il popolo di Trinità prova di essere stato in ogni tempo un popolo di fede. In ogni angolo del paese aveva una chiesuola, dedicata a san Giuseppe, alla santissima Nunziata, a san Sebastiano, a san Rocco. Lungo i sentieri di campagna stanno, a segnale di fede e di pietà, numerose cappelluccie e croci alzate, che ad ogni momento ricordano i misteri della religione santissima. Francesca traeva argomento dalle cose sacre per unirsi più intimamente a Dio. Dai monumenti profani traeva argomenti di altre considerazioni varie.
A breve distanza di Trinità è la città di Bene Vagienna, nella quale è il santuario che ospita il corpo tuttavia incorrotto della beata serva di Dio Paola Gambara. Questa era congiunta in parentela con i conti Costa di Trinità. Francesca ne sentiva con vivezza l'olezzo di santità e più presto che poteva veniva <a> piangere e pregare allo altare [16]che deposita il corpo di quella santa sua concittadina. Stando là parevale affatto di conversare con i cittadini celesti. Francesca non era mai uscita dal circuito del territorio descritto. Questo spazio di terra o di atmosfera che comprendeva con l'occhio era tutto il mondo di una semplice contadinella. In questo ella imparò ad amar Dio e fu felice per sé, diletta al Signore che la creò.