Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Cenni intorno alla vita di F. Morello da T.
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CENNI INTORNO ALLA VITA DI FRANCESCA MORELLO DA TRINITÀ

IX. Il sacrificio

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IX.

Il sacrificio

  [51]Voi vedete una madre che si strugge d'affetto pe' suoi figli, che dimagra in cuore pei suoi diletti; rispettatela sofferente. Ella è vittima di sacrificio. Un fratello maggiore che si sacrifica per il fratello minore e infermo, ovvero l'amico che si sacrifica per l'amico, sono vittime. Chinatevi tutti dinanzi perché rispettabile è una vittima che si sacrifica. La vittima adorabile per essenza è quella che si immolò sul monte Calvario. Qual vittima! Quale sacrificio! Fu vittima santissima che trasse a sé innumerevoli cuori; fu quello del Calvario sacrificio che apportò la salvezza a tutta la terra. Gesù fu crocefisso nel corpo, fu tormentato [52]nella mente, fu crocefisso nel cuore.

Quelli che vengono dietro a Gesù Cristo devono soffrire nel corpo, sostenere nella mente, ricevere angustie nel cuore.

  Francesca Morello affrontò generosa questo sacrificio.

Scorgetela. Oh come si incammina volonterosa! La mente di Francesca ovunque vede una vittima che si immola al patimento. L'albero che isterilisce, il prato che irrigidisce nei geli invernali, l'agnello che vien carolando, il bambino che piange, tutto parla a Francesca che noi siamo in una valle di lagrime e che in essa convien gemere e pregare. Quante volte elevò lo sguardo in alto e videsi piangere! Quante volte girar lo sguardo intorno e far risuonare l'aere di gemiti! Vedeva Francesca i mali passati, scorgeva i mali che sovrastano e che non cesseranno giammai di farsi sentire quaggiù. [53]La vista di questa sciagura passava tetra e malinconica avanti a lei. Pareva20 cagionarle in parte quella tristezza amarissima che aveva il divin Salvatore quando, venuto all'orto, sospirava: "La mia anima è triste fino alla morte"21. Molto soffriva altresì nel cuore. Ella sentivasi creata per amar Dio e amarlo con tutto il cuore. Vedeva gente che punto non l'aiutavan ad amar Dio ed

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anime tiepide che le contraddicevano nel fervore delle sue brame. Queste la corrucciavano non poco. Poi quanto non pativa alla vista del mal morale! Anime che non camminavano allo acquisto del paradiso facevanla tormentare. Il rovescio delle cose civili e religiose, quando su di noi si versò il movimento della Rivoluzion francese, cagionavale afflizione viva.

Aveva poi sempre dinanzi l'abisso della eternità avvenire. Oh, quanto l'accorava quella incertezza benché lieve della sua salvezza eterna! Quanto [54]le doleva pei suoi falli, benché leggieri, commessi! Un'anima che ama Dio soffre nel suo animo pene che sono un mistero ineffabile. Quanto più un'anima si mostra a Dio, più conviene che sostenga i patimenti del divin Salvatore.

  Volontieri pativa Francesca per la salvezza del mondo, per la sua salute eterna. Ma mentre sosteneva, venivale il dubbio se ella patisse con merito e così l'afflizion del suo cuore si accresceva vieppiù. Allora ricorreva alle penitenze corporali.

Diceva al suo corpo: "Triste servo e infedele, mi hai già troppe volte gabbato, or non ti posso né più voglio risparmiarti". In dirlo si intimava digiuni rigorosi e veglie assai prolisse. Abbiamo trovato come già passasse le notti intiere in preghiera dimorando sola nel rigore di cruda vernata. Nella chiesa stava le ore continue genuflessa [55]sul freddo pavimento, dimorava immobile senza volgere il guardo. Nel pascersi trovava sempre modo di mortificarsi. Mangiava poco e cibo mal preparato. Talvolta fu veduta aspergere di cenere la mensa già poveramente preparata. Ogni rimasuglio di cibo, freddo il più delle volte, le bastava per suo nutrimento.

  Negli ultimi anni del suo vivere domandò di essere afflitta con qualche genere speciale di malattia. Diceva: "Presto la terra si aprirà a ricevere questo corpo. Oh, quanto convien che faccia di penitenze perché si meriti la risurrezione gloriosa!". In pregare ottenne che le si aprissero piaghe alle mani e ai piedi. Soffriva molto. A stento poteva uscir di casa.

Doveva ripurgarsene soventi volte. Ha memoria tradizionale che personaggi ragguardevoli e patrizii dei circostanti luoghi ne avevano di [56]questo patire di Francesca compatimento vivo e venivano <a> visitarla e le mandavano lini a valersene e

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l'aiutavano a medicare quelle ulceri. Stando in queste pene Francesca confortavasi in pensare alla morte ed a Dio. Il suo spirito si rasserenava, parevale che il paradiso non tardasse a riceverla. Spesso udivasi ripetere: "Santi martiri del Signore, pregate per me. Santi e sante del paradiso, guardatemi con misericordia".

  Queste sofferenze operaronogran pro nel cuore di Francesca che già più ella non desiderava che di congiungersi a Dio. Nell'ultima vernata che passò su questa terra volle assistere al ben che si faceva alla Chiesa con le sante missioni.

Continuarono per lo spazio di quindici giorni e Francesca non volle perdere occasione di profittarne per l'anima sua. In questo esercizio dovette [57]patire non poco. Alcune volte pareva morirsene omai, ma sentendo le campane della predica, si rianimava. "Ancora un poco di bene -- diceva -- e poi me ne morrò". All'offertorio della santa Messa il sacerdote solleva l'ostia fra le mani e la presenta a Dio perché l'accetti in olocausto. Francesca teneva il cuor suo nella destra per offerirlo allo Altissimo. L'anima era disposta ad ogni momento per essere offerta a Dio. Il Signore le fece intendere che presto sarebbe venuto ed ella si dispone<va> a dire addio per sempre alla terra.





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20 Originale: Parevano.



21 Mt 26, 38.



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