Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
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NOVE FERVORINI IN PREPARAZIONE ALLE FESTE DEL TERZO CENTENARIO DI SAN CARLO BORROMEO

IX. La risurrezione

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IX.

La risurrezione

  <1.> [93]Dice il signor nostro Gesù Cristo: "Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, benché sia morto, vivrà, ed ognuno che vive e crede in me non morrà, ma vivrà in eterno"86. Ammirabile mistero della fede! La bella primavera che risuscita la stagione della vita, l'augello che ritorna per moltiplicare la sua specie, il bruco che trafora la prigion della sua casa e che si esce in farfalla piena di vita a spaziare nell'aere, quale spettacolo nell'ordine naturale! E nell'ordine sovran<n>aturale quale consolazione al cielo ed alla terra la risurrezione gloriosa di Gesù Cristo nel sepolcro! Cristiano fedele, leggi l'epitaffio del divin Salvatore sulla fronte dell'avello, dove sta scritto: "È risorto". Accostati, fratello. Anche sulla tomba [94]dello illustre seguace di Gesù sta scritto: "Egli è risorto". Vero, vero: defunctus adhuc loquitur87. Siamo dinanzi allo avello di Carlo arcivescovo e cardinale. Egli vive tuttora, vive nella salma gloriosa del proprio corpo che è per la incorruttibilità, vive nello spirito della propria anima che è per la immortalità.

  2. Scrive san Paolo che chi discende nel sepolcro mesto con Cristo, si leva poi su nella risurrezione88 glorioso con Cristo89. Carlo vi discese e l'abbiamo scorto; or eccolo risorto. La salma di un corpo santo è salma benedetta. Talvolta avviene

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che essa rimanga incorrotta attraverso ai secoli, quasi per dire anche ai più tardi: "Scorgete... la virtù del Signore mi sostiene". Intanto par <che> goda delle doti del corpo glorioso di Gesù Cristo perché le reliquie di un corpo santo sono ovunque e benedicono la terra e gli oggetti che toccano, perché la benevola grazia di un corpo santo passa da luogo in luogo e percorre agile come l'elettro, e non s'arresta allo impedimento di muraglia fitta [95]o di scoglio duro ovvero di monte altissimo. L'abbiamo scorto san Carlo che abbracciandosi alla salma di Sebastiano sclamava con tenerezza: "Quest'è concittadino nostro il quale è in alto, ed egli dal paradiso ci benedice".

  Nel 1606 il vescovo di Como Archinto, incaricato dal pontefice sommo, discoprì la tomba del santo e trovò che il corpo benedetto di lui era tuttavia intiero e quasi incorrotto, ed emetteva una fragranza celestiale come l'olezzo soave della virtù dei cristiani perfetti. Defunctus adhuc loquitur90. Il re di Spagna Filippo, avendo ottenuto a gran mercé l'un dei cilizii con cui Carlo immolava il corpo suo, l'incontrò con festa pomposa. Ed il duca di Piemonte, avendo pure ottenuto con preghi istantissimi il rocchetto che posò sulle spalle al cardinale defunto, uscì ad incontrarlo processionalmente e il ripose non molto discosto ad onorare la Sindone santissima del divin Salvatore.

  3. Più potente è la vita di Carlo nello spirito dell'anima beata. Più grazie di [96]guarigione l'arcivescovo operò essendo in vita, molte grazie di salute ottenne in morendo a' suoi più diletti. Ma quando scese nella tomba, si rese taumaturgo in pro di tutti i meschinelli. Le città di Milano, di Pavia, di Cremona, di Piacenza, di Bologna, di Pisa91 e le regioni del Monferrato gridarono ad una voce: "Istituiamo esami intorno alla veracità dei prodigi continui che Dio opera per intercessione di Carlo. Pregheremo di poi il Vicario di Gesù Cristo, il sommo pontefice, che elevando l'effigie gloriosa dello

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arcivescovo supplichi per sé e per tutta la Chiesa: San Carlo prega per noi!".

  Ascoltiamo in questo proposito il sacerdote Giussano, il quale confessa <di> avere esperimentato in sé la protezione del cardinale e fu testimonio oculare delle grazie che altri raccoglievano in copia. Il Giussano si esprime così: "Crescendo poi sempre più ogni giorno la moltitudine dei miracoli e il concorso insieme dei popoli, i quali venivano in numero incredibile da ogni parte d'Italia e da paesi ultramontani a venerare [97]il suo sepolcro, ove offerivano preziosissimi doni e accendevano innumerabili lumi, appendendovi lampade e tavolette dipinte e voti d'argento e di cera quasi infiniti... parve alla città ed al clero di Milano che non si dovesse tardar più a far istanza per la sua canonizzazione... Però congregandosi al principio di maggio 1602 tutto il clero in un concilio diocesano, fu stabilito con licenza dello illustrissimo cardinale arcivescovo di destinare particolarmente ambasciatori a Roma per domandare la canonizzazione del beato pastore al sommo pontefice Clemente ottavo... Unirono le loro istanze il re cattolico Filippo terzo di Spagna, il duca di Savoia don Carlo Emanuele, il duca di Parma don Rannuccio Farnese, non che i signori dei cantoni cattolici svizzeri e più altri personaggi illustri e molte corporazioni religios". A Roma per lo spazio di alcuni anni si esaminarono in molteplici congregazioni le virtù e le opere dello arcivescovo cardinale. Si tennero dal pontefice sommo [98]più sinodi e pubblici e segreti. Finché il Vicario di Gesù Cristo pronunziò: "Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano e cardinale di santa Chiesa, è un cittadino beato del paradiso". Era l'anno 1610. Il mondo cattolico esultò. Ma sovrat<t>utto si disposero feste massime a Roma ed a Milano.

  Ascoltiamo lo storico nostro: "Fra tanto che nostro signore papa Paolo quinto92 aspettava di dichiarare il giorno della celebrazione della canonizzazione, la città di Milano attese a fare le solite preparazioni così degli apparati della chiesa di san

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Pietro come di tutti gli ornamenti e paramenti necessari per tal celebrità. Nel che non mancò di mostrare la solita sua grandezza e splendore, imperocché siccome l'apparato ad ornamento della chiesa di san Pietro in Vaticano, ove si fece la canonizzazione, fu molto raro e riguardevole per la fabbrica di un nobilissimo anfiteatro a colonnato di molti mila scudi di spesa, con la vita e miracoli di san Carlo vivamente espressi in trentotto quadri di pittura fatti da peritissima mano, posti [99]sotto gli archi del teatro, così facendo lavorare in Milano di vaghissimi e preziozissimi ricami d'oro ed argento tutti i paramenti da altare e per la Messa pontificia, e mettendo mano nei più preziosi broccati e d'argento ed oro per i baldacchini, arrivò a tanta grandezza e ricchezza che non pure agguagliò le canonizzazioni passate, ma trapassandole tutte di gran lunga, ne lasciò ai posteri un memorabile esempio".

  Or eccovi in questo quadro la risurrezione spirituale dell'anima di Carlo. Gesù Cristo, risorto immortale da morte, appariva a' discepoli suoi ed a cinquecento persone insieme unite93 e conferiva la grazia di salute per tutto il mondo. Carlo, non per virtù propria ma per quella copiosa che gli prodigò Gesù salvatore e Dio, continua in se stesso la virtù salvatrice del cristiano, che avendo creduto non muore ma vive in eterno. Defunctus adhuc loquitur94. Viva in eterno la venerazione di Carlo. Lode eterna sia alla sua risurrezione gloriosa dei santi.

Riflessi

  1. [100]La risurrezione.

  2. Carlo Borromeo parla nella virtù dal suo corpo benedetto.

  3. Egli vive ed opera in eterno nella gloria del suo spirito trionfante.

 

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p. 350
86 Gv 11, 25s.



87 Eb 11, 4.



88 Originale: rissurezione.



89 Cfr. Rm 6, 8.



p. 351
90 Eb 11, 4.



91 Originale: Siena; cfr. G. P. Giussano, Vita di san Carlo, ii, p. 551.



p. 352
92 Originale: quarto; cfr. G. P. Giussano, Vita di san Carlo, ii, p. 557.



p. 353
93 Cfr. 1 Cor 15, 6.



94 Eb 11, 4.



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