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QUARTO CENTENARIO DALLA TRASLAZIONE DEL CORPO DI SAN ROCCO NOVENA DI LEZIONI E DI PREGHIERE Quarto giorno Lezione San Rocco e Roma cristiana |
[49]San Rocco pellegrino è vita28 nel mio paesello Fraciscio come san Pietro apostolo in Roma è vigore per tutto il mondo cristiano. San Rocco nel mio villaggio ei riceve i pensieri della mente, gli affetti del cuore, le tenerezze della famiglia, la famigliarità del luogo natio. San Pietro nella capitale del mondo cattolico ei guarda ed è veduto, egli ama ed è amato. I popoli muovono a gara per venire ai piedi del principe degli apostoli e quando gli son dinanzi gareggiano in nobilissima contesa con effondere ai piedi di lui, colonna della Chiesa, gli affetti dell'animo proprio e sclamare: "V'amo o Pietro... Fatemi amare Gesù Cristo".
[50]O Roma, consecrata dal sangue di due gloriosi apostoli, Roma bagnata dal sangue di milion di martiri, Roma, tu mi apparisci in atto di donna vestita con il rosso del patimento e con il capo incoronato a modo di madre che accompagna i figli suoi al trionfo. O Roma, sede del Vicario di Cristo, chi può vederti e non intenerirsi? Già tutto il bello che
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è da quaggiù e che la Sapienza eterna gode in spirare in mente di creatura, tutto questo bello è in te, Roma dei popoli. In te la grandezza dell'autorità e la sublimità del ministero. In te la figura veneranda di quella virtù che fa prosperi i popoli, la carità cattolica, che è una stilla di beatitudine celeste, la quale scorre giù a noi dal Cuore amantissimo di Gesù Cristo. E di conseguenza <è> in te, o Roma, il bello della scienza, il grande della sapienza, il soave delle arti e l'utile delle industrie. Chi più è presso a Dio, più davvicino sa ricopiare al vero quelle bellezze [51]che il Signore ottimo ha sparso nella natura creata. O Roma, tu sei sempre grande, ma appari più magnifica e gloriosa quando in un periodo di tempo, come madre pietosissima, vuoi dar sfogo all'animo tuo e lasciar libero il cuore alle espansioni. Roma, o Roma, tu congiungi in uno i cuori dei cristiani di tutto il mondo e lo presenti poi con il cuor tuo alla Roma spirituale, alla Gerusalemme celeste, il paradiso dal quale ci guardano per aiutarne i confratelli beati. Come il cuore in noi è la sede della vita, così Roma è il cuore del mondo ed ella aggiunge vita alla fede in Gesù Cristo, alla carità di Dio altissimo.
Rocco che sempre aveva guardato a Roma come un figlio che pone la destra al cuore, quasi a sorreggerlo quando per la piena d'affetto par che si esca in empito di gran gioia, Rocco, dico, pensò di portarvisi personalmente e poi di disporsi a morir contento[52]. Popoli intieri dalla Francia traevano a quella volta e scesi nella Italia si incontravano con i popoli di questa penisola, misti alla lor volta alle turbe di popolo d'altre nazioni d'Alemagna e d'Inghilterra, che si affrettavano allo stesso scopo di veder la madre, di accrescere vita al proprio cuore, insomma di veder Roma e il Vicario di Gesù Cristo e ripartirne benedetti.
Ma perché non si dica che per caso si esageri in ciò, piacemi riportare quanto il celebre Rohrbacher, espositore verace, fedele e ditelo pure affettuoso, dice delle lotte e dei trionfi della comune madre, la Chiesa. Il Rohrbacher descrive dunque l'accorrere dei pellegrini a Roma nel giubileo del 1350 in questi termini: "Fin dal 1343 Clemente vi aveva dato una bolla che riduceva l'indulgenza centenaria a cinquant'anni, ma bisognava rinnovarne la memoria. A tal effetto il papa spedì il 18 agosto
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1349 lettere circolari a tutti i [53]vescovi della Cristianità per avvertirli che alla prossima festa della Natività di nostro Signore si potrebbero cominciare a guadagnare le sante indulgenze visitando le chiese di san Pietro, di san Paolo, di san Giovanni Laterano, secondo che era spiegato nella bolla pubblicata sette anni prima... Al tempo stesso egli pensò di agevolare il concorso dei pellegrini di Roma avvertendo con altre lettere i magistrati, i governatori, i signori, i principi di lasciar libero il passaggio e di sospendere durante questo santo tempo i vicendevoli odii, affinché tutta la Cristianità potesse partecipare del beneficio della indulgenza in ispirito di pace e di carità. Il fatto provò che il primo pastor della Chiesa non aveva parlato invano. Nonostante il contagio che desolava ancor l'Europa, il concorso a Roma fu immenso e prodigioso. In quell'anno 1350 il freddo fu estremo, ma la divozione e la pazienza dei pellegrini eran tali che niente li arrestava[54], né i ghiacci né le nevi né le acque né le strade rovinate. Le strade erano piene dì e notte d'uomini e di donne d'ogni condizione. Le osterie e le case che si scontravano tra via non erano sufficienti per capirvi gli uomini, i cavalli, per metterli al coperto. Gli ungheresi e gli alemanni, più avvezzi al freddo, campeggiavano al sereno e menavano le notti stretti assieme a grosse schiere, facendo gran fuochi. Gli ostieri non potean bastare a tanta gente e servirla di pane, vino e biada e neppure per riscuotere il denaro, e avvenne le molte volte che i pellegrini, volendo continuare il viaggio, lasciavano il denaro dello scotto sulla tavola e nessuno dei passanti vi metteva le mani sopra infino a che l'oste veniva a prenderlo. Nel viaggio non vi era rumore né liti, ma si compativano vicendevolmente, si aiutavano e si consolavano con pazienza e carità. Alcuni ladri del paese cominciavano a rubare alcuni e ad ucciderli, [55]ma i pellegrini, soccorendosi a vicenda, si difendevano e la gente del paese faceva la guardia nelle strade. Non fu possibile contare il numero dei pellegrini, ma dal calcolo che i romani ne fecero il giorno di Natale, nelle feste solenni che seguirono e dalla29 Quaresima sino a Pasqua,
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ve n'ebbe continuamente a Roma da un milione sino ad un milione e dugentomila fino all'Ascensione, alla Pentecoste poi furono presso a due milioni. Ma quando venne la state, i pellegrini cominciarono a scemare pel lavoro delle raccolte e pel caldo eccessivo, e nonpertanto il meno dei pellegrini che vi fu montava a dugentomila. Le contrade di Roma erano continuamente così stivate che bisognava seguitar la calca fosse l'uno a piedi od a cavallo".
In mezzo alle turme di pellegrini che si incamminavano da Francia era Rocco, giovine nel fior degli anni, Rocco cogli occhi tuttavia in lagrime, che dopo aver preso commiato [56]dalla tomba dei genitori diletti percorreva per lo più solo, a fine di conversare più liberamente con Dio.
Quando, valicate già le Alpi e oltrepassato gli Stati del duca di Torino e pervenuto30 su quel di Toscana, si incontrò con un monarca di spavento, il morbo pestilenziale che, percorso già fra le genti dell'Europa e dell'Asia, dimorava tuttavia in alcune regioni di Toscana e di Lombardia, Rocco sentissi invitare al soccorso dei miseri ed ei rispose: "Mi sono offerto vittima al Signore. Oh come è buono per me pugnare in questi campi! Cielo, guardami pietoso, che io da questo luogo possa raccogliere una palma di vittoria".
Discese dunque rapido al soccorso dei percossi dal contagio di pestilenza.
O fede, aiutami tu! Il Signore parla al cuor del suo fedele e il fedele gli corrisponde con affetto, e [57]perché nel fatto di un'impresa ottenga più sicura la chiamata dal cielo, egli, il fedele, ne parla al suo sacerdote e questi, se fa uopo, al vescovo, il quale essendo unito al pontefice e il pontefice essendo congiunto con Dio, di conseguenza il semplice cristianello riceve il vigore della vita sovran<n>aturale, e in sommettersi
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sente chiara la voce del cielo ed egli opera, e in operare Dio guida la sua destra, assicura i suoi passi.
O Signore, accrescete in me la fede31; fatemi vivere, o Signore, della vita vostra. Parmi provar noia omai delle cose quaggiù. Staccatemi, o Signore. Quanto io n'ho schifo delle terrene cose, tanto più sento di amare le celesti. O Rocco, come ben il Signore vi ebbe guidato e come bene voi vi lasciaste condurre dallo spirito del Signore! E noi siamo tanto restii e per poco freddi ed indifferenti! Fino a quando durerà in noi questo eccesso di pazzia, fino a quando?