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CENTO LODI IN OSSEQUIO AL IV CENTENARIO DAL TRANSITO DEL BEATO ANDREA DA PESCHIERA APOSTOLO DELLA VALTELLINA LXIX. Forza dell'aquila |
LXIX.
[154]L'aquila è il re degli uccelli. Quando l'aquila, equilibrandosi maestosamente nell'aere di prospetto al sole, scorge nello abisso di valle una carogna di carne fetida, vi precipita sopra, la trasporta all'alto quasi per liberarne la terra, e intanto se ne pasce ed essa acquista novella forza. Simile a quell'aquila, Andrea, fermissimo nelle forze dello spirito, lorché fra gli altri scorgeva un fracidume di peccator vizioso, Andrea vi precipitava intorno e gridava: "Ti voglio fuori da questo abisso, ti voglio salvo". E vi si adoperava intorno con forza invitta di volontà. Aprivagli sotto ai piè l'inferno e parevalo fulminare con questo discorso: "Misero te, che dannandoti tu vieni sepolto laggiù in eterno! Sorgi, ché Iddio e la Vergine ti porgono pietosa la destra. Scampa, deh, scampa in questa [155]notte stessa da quella casa, perché ivi avverrà la tua dannazione. Sei sospeso per il filo della vita fra cielo e terra, e tu tardi a risolverti per il cielo? Io ben ti voglio consigliare". E qui Andrea traeva fuori certe catenuccie taglienti e con quelle si flagellava fino al sangue, e intanto piangendo sospirava: "Se non ti preme per Iddio e per l'anima tua, deh, almeno muoviti a compassion di me, perché io non posso desistere da percuotermi finché tu non ti dolga meco. Io ho pregato Dio ed ho promesso al cielo di farti salvo, ed or io ti voglio salvo ad ogni costo".
I cuori dei peccatori più indurati guardavano più volte in volto a quella imagin di pietà e si convertivano. Andrea poi, strappatili così dallo abisso, conducevali all'alto di un aere puro di virtù, dove stando faceva cibo dell'anima sua la conversione dei peccatori, e con questo ingagliardiva ogni dì più le forze dell'anima propria.