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SAGGIO DI AMMONIMENTI FAMIGLIARI PER TUTTI MA PIÙ PARTICOLARMENTE PER IL POPOLO DI CAMPAGNA XI. Il contadino in generale non deve cercare di innalzarsi sopra il suo stato perché egli è già il più felice di tutti |
XI.
Il contadino in generale non deve cercare
di innalzarsi sopra il suo stato perché egli
è già il più felice di tutti
[161]Fu già tempo in cui gli uomini, atterriti dal terribile pensiero dell'eternità avvenire, abbandonavano i paesi e le città per seppellirsi nei deserti in altrettante caverne, affine di piangere ivi meglio i lor peccati e di macerarsi la carne coi digiuni e colle austerità. Né dopo di aver passati lunghi anni di tanta penitenza pareva loro di esser ancor troppo sicuri, ma non cessavano altresì allora di tremare e di piangere con alti gemiti: "Chi sa se mi salvo! Chi sa se mi salvo!". Or molti cristiani altresì del tempo nostro <non> si separerebbero dal mondo non dico per abitare tra le fiere delle foreste, ma neppur per irsene in un convento in compagnia di altrettanti angeli terreni. Oh, miseria di noi! I quali siam sì generosi di promettere colle parole al Signore di servire a [162]lui e di salvar l'anima nostra a qualunque duro costo, ma manchiam poi sempre in sul più bello. Imperciocché se per amor di Dio
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e dell'anima si tratti di castigar almen con qualche strumento di penitenza la carne ribelle o, che è tampoco, di lasciare un divertimento o di dimenticare un capriccio, oh!, allora tutte le scuse son valide per eccettuarci. Anzi se il Signore nella sua misericordia, a fin di risparmiarci gravi castighi nella vita avvenire, ci punisca a questo mondo con qualche sorta di malattie, di povertà o di umiliazioni, allora altresì non finiamo di dolerci e di pretendere che tutti corrano per compatirci. Che più? Fossero almen contenti, il più delle volte, la gente di campagna di sopportare con santa rassegnazione sia il caldo che il freddo non che quelle fatiche che son proprie del loro stato, ma gli è ancor qui che molti si corrucciano in modo indegno e che si distemperano in desideri vani di essere almen, come questi e quegli, benestanti a lor credere e contenti. Ma [163]non sapete del proverbio che chi è contento è morto? Perocché ha il tempo di ridere e quello di piangere77, dice il Signore. Il tempo di piangere è il presente sulla terra e il tempo di ridere sarà in paradiso. Oh, lassù saremo davvero contenti e tanto più contenti quanto più ci saremo sforzati di patire rassegnati essendo ancor quaggiù.
Nondimeno, come anche a questo mondo ha chi è più discontento e chi lo è meno, così è certo che voi, abitatori pacifici dei campi, siete senza meno i più beati. Ne son certo di non dirvelo a caso, perché lo spiegano78 con maggior autorità i filosofi, seguono <a> cantarlo i poeti, lo confessano i grandi del mondo e lo confessate voi stessi tutte le volte che rimirandovi con vera compiacenza quella mezzaluna di polenta fra le mani ve la trangugiate dicendo: "Meglio questa che gli squisiti bocconi dei ricchi". E sì che non errate. Perché voi con questo solo e con uno straccio di vestimento che vi ricopra sapete accontentarvi, laddove [164]che i ricchi non giungono mai ad esser soddisfatti, ma quanto più hanno e più vorrebbero avere e si struggono la vita negli affanni del lusso e delle ambizioni non che fra le agonie dei rimorsi. Aggiungete che
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voi sotto il peso delle fatiche siete sicuri dalle insidie, ma non lo è parimenti il più grande imperator del mondo sotto i suoi baldacchini dorati. Voi egualmente sopra i vostri stramazzi dormite saporitamente i vostri sonni la notte, ma i potenti del mondo non possono chiudere gli occhi fra le molli piume. Per la qual cosa, la cronaca racconta ancor ella di un contadino il quale altresì, come già molti, si affannava con dire: "Se fossi questo... se fossi quello... farei, direi... mari e monti"79. Intanto volle fortuna che ei trovasse appunto tal anello magico col quale poteva diventare e ricco ed imperatore non che portarsi da un capo all'altro del mondo rapido come un lampo, sol che egli l'avesse desiderato. Ma che? Il poveraccio neppur in questo stato poté trovare una felicità. [165] Però gettato lontano da sé quel malaugurato anello disse: "Al diavolo tu e maledizione a chi mi ti ha mandato!". E sì dicendo tornossi coi suoi piedi alla casa ed ai parenti, né finché visse pensò più mai di allontanarsene. Perocché troppo bene esperimentò non essere né la roba né gli onori ciò che fa quaggiù tranquillo l'uomo, sibbene la pace con Dio e cogli uomini e più di tutto il distacco dalla terra. Della qual cosa tanto erano persuasi gli stessi santi, che un ricchissimo personaggio prima di morire avendo regalato tutto il suo in testamento a san Filippo Neri, dicesi che questi, non che rallegrarsene, se ne dolse tanto presso il Signore finché, con gran miracolo, ottenne che il defunto tornasse a vivere per quel tanto che gli abbisognasse a fin di disporre altrimenti della roba sua, perché Filippo troppo temeva che il possesso delle cose di terra lo impedissero un momento solo dal pensare alle celesti beatitudini.
[166]Così i santi, ma si trovano contadini per altro religiosi i quali, se incominciano ad intestarsi di voler passare ai borghi ed alle città, perché il più bel vivere è quello di esercitar ivi il mestiere del mercantello o del bottegaio, voi non riuscireste a dissuaderneli con un carro di buone ragioni. Supponete infatti che un di costoro ritorni in patria dopo di aver molto viaggiato il mondo in cerca di fortuna. Egli comparirà
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con due bravi mustacchi e coll'indispensabile ciuffo sul mento, non che l'anello in dito. D'un tratto porrà la mano in tasca a far suonare le ultime berlinghe che gli avanzano e in tuon del predicatore s'accingerà a raccontare del bel vivere che è nei borghi e nelle città e delle immense cose in esse, impossibili ad immaginare non che a descrivere. Detto fatto: quelli che ascoltarono credettero le sue parole poco men che evangeliche e son già corsi a regalare altrui zappa e badile. Inchiodano già la porta di casa per correre [167]a girar ancor essi il mondo e diventare chi sa che cosa. Ma adagio, i miei cari, aspettate almen pochi giorni, che non tarderete <a> vedere il vostro signor conte a deporre il ricco mantello e le signorili scarpette e strapparsi persino i baffi per non isfigurar troppo, dacché per vivere è già costretto <ad> adattarsi ai mestieri più vili ed a comparir perfin trafelante sotto il grave carico per guadagnarsi una lira. Ma dove sono già ite quelle grandi fortune, le quali facevano dire alla gente potersi prima asciugare i fiumi più abbondanti che quelle? Amici miei, siete per avventura ancor sì semplici da non sapere che se ogni spaccamondo potesse col mostrarsi altresì arricchire, noi non avremmo a farla che con degli spaccamondi? Per la qual cosa, il mio caro popolo, se il mondo anche ti dicesse che a pensarla così è da retrogrado disprezzabile, e tu lascia dire, che il mondo è sempre quel vecchione insensato e maledetto da Dio. Anzi tu prega il Signore [168]che ti distacchi affatto dalla terra. Perocché sarebbe troppo facile, e l'esperienza è lì per dire che un contadino siccome è ignaro affatto dei costumi del gran mondo, se poi vi passi per abitar nei borghi e nelle città, si invischia ad un tratto nelle compagnie meno fidate, s'abbandona come i più incauti al lusso ed ai divertimenti e incomincia in tutto un modo di vivere rilasciato e quasi vizioso. Onde la gran cuccagna termina poi col dover star sotto a tutti, collo sfigurare tra quei della condizione stessa. Termina col vivere in grandi affanni e non aver manco da sfamarsi ogni volta, perché se come contadino viveva bene con cinque lire, ora non bastano le dieci, se tante potessero guadagnarsi. Per le quali cose, non son del tutto da compiangersi quei contadini i quali, portati alla città per vivervi signorilmente- 80 -, parvero impinguare in sulle prime. Ma poi decaddero d'un tratto e morirono tutti a un per uno tanto più presto, perché le famiglie si intisichirono e si estinsero[169] nel breve giro di cinquant'anni, fino ad esser sepolti per carità. Nondimeno mentre vi consiglio sì altamente di non aspirare al viver civile delle città, non intendo affermare che neppure abbiate ad iniziare nella carriera qualche fanciulletto il quale dimostri di esserne da Dio chiamato. Perocché costui, se si conserva pio e studioso, non potrebbe non essere il caro figlio di benedizione per voi e per tanti d'altri. Della qual fortuna, come già si è detto, voi dovete esserne anzi smaniosi e pregarne di cuore il Signore.
Se non che, ritornando al nostro argomento, che aspettate che io sia per dirvi di quei molti altresì, e giovani soprat<t>utto, i quali per desiderio di guadagno si portano sui pubblici lavori in paesi più o meno lontani e fors'anche protestanti? Anche di costoro io non posso dirne lode veruna, perocché dai paesi e dalle persone altrui è sempre più facile apprenderne i costumi rei che i buoni. Nel caso nostro poi, di persone giovani, nel più [170]caldo bollor delle passioni, capitate da tutte le parti, smaniose di libertà e di piacere, egli è impossibile che sì di giorno che di notte non si pensi, non si dica e non si faccia di male assai. E noi sappiamo dei secoli passati che riguardo ai protestanti l'autorità ecclesiastica ed altresì la civile punivano severamente tutti quelli che per qualsiasi ragione, senza esplicito permesso, avessero comechessia trattato con quelli che l'apostolo <Giovanni> dice di non salutar manco tra la strada80. Però i guadagni che si fanno con tanto pericolo dell'anima finiscono ancor malamente su questa terra, sendoché il Salmista già a' suoi tempi cantava che ei non ebbe veduto mai mancar di pane quelli che temono il Signore81, ma sibben molte volte a quelli che lo sprezzano. Noi poi possiam tutto giorno lamentare, che quest'ultimi scialacquano per un momento nel lusso e nell'osterie per combattere quanto
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più presto cogli squallori della miseria. Perciò, la mia cara gente, ricordatevi sempre del Signore Iddio vostro, [171]il quale anche vi prega che confidiate in lui ché egli, come nutre gli uccelli dell'aria e veste dei più vaghi colori i fiori del prato, non lascerà perir nessun di voi che è creato a sua somiglianza. Anzi vi esorta a cercar soprat<t>utto la gloria di Dio, che allora ei vi darà altresì per giunta tutte le cose che vi abbisognano per vivere82. Del resto né io son qui per dirvi, come né il Signore vi proibisce, che secondo il vostro stato cerchiate quei comodi modesti ed agiati a condur meglio la vita. Anzi son molto da lodare quei contadini i quali travagliano quietamente da un'Ave Maria all'altra, sia per dissodare campi o per coltivar meglio i già dissodati, sia nell'allevar con diligenza il proprio bestiame. Così pure meritano altissime lodi quelle famiglie le quali, a mo' delle patriarcali, attendono altri ai campi e gli altri ai diversi mestieri del fabbro, del falegname, del calzolaio, della cucitrice o della tessitrice, tanto che la casa va provveduta di tutto <ciò> che è bello al vivere cristiano, decente ed [172]onesto. Dicono che cosiffatti sieno i popoli del Perù d'America, i quali soprat<t>utto son tanto indefessi che neppur possono tollerare i vecchi per altro impotenti a starsene oziosi. Però li trasportano ai campi e consegnano loro in mano certa banderuola affinché l'abbiano a sventolare, per tener da lungi gli uccelli che a stormo non piombino sulla messe omai matura.
Coraggio ancor voi adunque e lavorate, che il lavoro è sacro. Egli scampa l'anima da molti peccati e rende felice un popolo. Ciò nullostante, non nego ancor questo non costi fatica, ma è la minore tra tutte. Poi non siete più voi quelli che dicono quotidianamente a Dio: "Signore, è meglio cent'anni di agonia a questo mondo che un giorno solo di purgatorio"? Or bene, il Signore vi ha appunto ascoltati, sicché voi travagliando vi apparecchiate tesori sempre crescenti per la vita eterna. Però, contadini miei, in quella guisa stessa che voi non sapete lamentarvi del soverchio lavoro quando la vendemmia - 82 -riesca abbondantissima, [173]così neppur vi rincresca di riporre per la vita eterna quelle strabocchevoli raccolte che voi potete acquistarvi con lavorare pronti e rassegnati. Laonde siate ancor con me riconoscenti83. Ché avendovi io additata comoda la fortuna vostra in seno alle case ed ai campi vostri, voi non dovete ingannarvi nell'andarla cercando altrove. Molto meno nella terra oggidì sì decantata come è l'americana, perché al certo commettereste fallo anche peggiore. Di che, se ne volete ancor le ragioni più particolari, io son contento di trascriverle qui presso in due brevi articoletti.