Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Andiamo al Padre…
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ANDIAMO AL PADRE INVITI FAMIGLIARI A BEN RECITARE L'ORAZIONE DEL PATER NOSTER (1880)

XII. Non ci indurre in tentazione

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XII.

Non ci indurre in tentazione

  1. [113]Tu sei figlio di Dio e soldato di Gesù Cristo. Ricordalo con attenzione in questo momento che tu preghi: "Non ci indurre in tentazione". Supplicando con queste parole tu devi dire: "Sono figlio del Padre e voglio un lavoro per affaticarmi con pro nella casa paterna... Sono soldato di Gesù Cristo e voglio combattere per la gloria del suo nome... Se non varrò ad altro, almeno voglio struggermi in amore per Iddio... Signore, mentre io eseguirò questo, salvatemi in ogni pericolo". Pietro d'Amiens, eremita, era venuto ai Luoghi Santi di Palestina e di Gerusalemme; osservò che quella terra, bagnata già dai sudori e dal sangue di Gesù, era insozzata dalle [114]profanazioni dei turchi. Vide che quei templi benedetti che ricordano i luoghi della nascita, della morte e della sepoltura del Redentore erano coperti di sacrileghi oltraggi. Inorridì dunque Pietro e correndo poi come un desolato ritornò all'Europa. Quivi tanto gemette e tanto sospirò che il pontefice ed i vescovi, i monarchi ed i principi, gli uomini di ogni grado si adunarono in gran moltitudine nelle pianure di Clermont dove gridarono: "Siamo figli di Dio, ci affaticheremo per la sua gloria; siamo soldati di Gesù Cristo, entreremo nel combattimento per difendere l'onore della casa del Signore". Intanto gli uni abbracciarono lo strumento del

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lavoro, gli altri l'arma del campo di battaglia; i vecchi, i fanciulli e le donne accompagnavano collo stendardo dell'orazione e dell'affetto pietoso. Muniti così, i popoli cristiani diedero quelle prove di amore che non si dimenticheranno giammai nella memoria dei posteri. Tu ricorda pure un per uno gli stenti di quei valorosi, ricorda il sangue [115]sparso e poi risolviti a donare altresì generosamente la vita tua per piacere a Dio come figlio diletto o come soldato intrepido ovvero come amante pietoso.

  2. In questo secolo i figli del mondo per un fumo di gloria sostengono fatiche durissime. Quante non ne sostennero i capitani Filippo ed Alessandro? Quante Annibale e Scipione e Cesare? E senza ricorrere agli esempi antichi, che non hanno scorto gli occhi tuoi nella persona dei Napoleonidi, in quella dei capitani amanti dell'aura popolare?... E quei del popolo tuo, per attirarsi un pugno d'oro, che viaggi sostengono, che pericoli di terra e di mare?... Quanto non si soffre altresì per il piacere di un godimento spesso disonorevole? I soldati antichi per la brama di un bottino si affrettavano come il fulmine e non temevano di spargere l'orrore nelle città, il disertamento nelle campagne; i soldati del secolo attuale non temono nemmeno di spargere la rovina nelle anime e [116]di aprirsi sotto ai piè la voragine d'inferno. I figli di Dio ed i soldati di Gesù Cristo in questo secolo sudano essi medesimi e nuotano talora in un lago di patimento, li vediamo talora lavarsi nel bagno del proprio sangue. Ricorda pur qui per tua consolazione l'esempio dei martiri del Signore, dei confessori e dei vergini santi e vedrai come questi sanno sopportare fatiche ancor maggiori. Però questi sono sempre costanti perché Dio è con loro, sovrabbondano di gaudio nelle maggiori loro tribolazioni40 perché il Signore colla potenza della sua destra li aiuta. Odi e ammira. Antonio, giovine di vent'anni, ricco e glorioso, lasciò tutto per servire a Dio nel deserto. Allora il mondo e Satana si scatenarono contro di lui, specialmente l'inferno nelle ore di fitta notte scaricava sopra di Antonio una bufera di tentazione - 157 -diabolica. Gli spiriti maligni gli apparivano in forma di leone e di orso, di cinghiale e di serpe, gli apparivano in forma di persona laidissima e intanto movevano [117]tutte quelle orgie sataniche di urla, di minaccia e di terrore che meglio è immaginare che descrivere. Ma Antonio non distoglieva il suo sguardo da Dio e un bel mattino che si rivolse a dire: "Signore, dove eravate nel crudo combattimento di questa notte?...", udì subito ripetersi: "Era con te, o Antonio, e godeva in vederti costante". Ciò che conforta sommamente i cristiani alla fatica od al combattimento è la vista del paradiso. I martiri ed i confessori dicono: "I patimenti sono una gioia e la morte un trionfo, perché noi in lavorare siamo a vista del paradiso e in morire ci affrettiamo agli amplessi del Padre". Ti par dunque che sia molto meglio essere figlio amante di Dio, amante e soldato intrepido di Gesù?

  3. Considera ora il campo di Satana e quello di Gesù. Satana siede sopra un trono infuocato nella città di Babilonia peccatrice. Le armi che porge a' suoi per combattere sono le tre di superbia, di avarizia, di lussuria. L'arma di superbia è come il baglior [118]di un baleno che non può acciecare se non lo stolto che fissa gli occhi e che ve li mantiene, come il pazzo che non sa levar l'occhio dal sollione di mezzodì. L'arma di avarizia è come il fango vile della pubblica via, ma il viaggiator che non è bambino facilmente può vincere l'incomodo del pantano. L'arma di concupiscenza è un'aria putrida che sta al piano ed è talvolta come la calamita dell'aspide che fa sbalordire. Ma se tu dimori all'alto e che tolga lo sguardo dalla serpe, ecco che sei salvo omai. Poi Gesù ti porge sue armi. Il tuo capitano divino ha il suo regno nella città della Gerusalemme santa ed il suo trono sul Calvario della comune salute. Da questo regno e da questo trono distribuisce a' suoi l'arme di umiltà, l'arme di povertà, l'arme dei patimenti. Queste armi sono temprate nel fuoco dell'amor di Dio e sono bagnate nel sangue di Gesù Cristo. Ciascun'arma ben maneggiata è atta a distruggere tutte le potenze d'inferno, tutti gli assalti del mondo. [119]Francesco d'Assisi che cosa non ottenne per sé e per i suoi con l'arma della povertà?... E Filippo Neri con quella delle umiliazioni?... E Carlo e Francesco che

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non fecero con l'arma dei patimenti?... I cristiani saggi con quest'armi ottengono di salvare un popolo di fratelli, come Gesù colle medesime armi ottenne di salvare il mondo de' suoi figli. Tu poi come adoperi queste armi e quali vittorie ottenesti già fin qui…

  4. Bada a te e intanto, per non lavorare senza consiglio e per non combattere all'impazzata, osserva qui alcune regole. La prima è che tu non esca al campo del lavoro, al campo del combattimento ovvero che entri nell'orto della contemplazione amorosa prima che Dio non ti abbia chiamato. Per questo esercitati a far tutto quel bene che è a te possibile finché Dio, veduto il tuo valore e provato il tuo buon volere, ti assegni quel posto che a te più conviene. I cristiani più fervidi dei primi secoli e gli stessi apostoli [120]non ardivano entrar nel campo del martirio se non erano chiamati. Altra cosa necessaria a sapersi è questa: la terra che tu abiti è un campo di combattimento e finché tu avrai a faticare colle tentazioni della superbia, colle pretensioni dello interesse, coi pericoli della carne, questi avversari son come i cani che latrano ancor quando sono legati e vinti omai. Ebbene tu continua nelle opere sante e poi lascia che ruggiscano i leoni rabbiosi. Se tu non ti accosti volontariamente a farti mordere, è impossibile che ti nocciano perché sono ben legati dalla mano dell'Onnipotente. Profitta di questi latrati per riderti dei cani rabbiosi, per burlarti dei leoni superbi. Profitta per passare sopra il dosso medesimo dei cinghiali fangosi e così impara tu a star umile in te, confidente nel Signore ed a dire come l'Apostolo: "Mi glorierò nelle stesse mie infermità41, perché riconoscendomi meschino Iddio mi aiuterà colla sua grazia". Con questi sentimenti in cuore replica [121]pure con affetto grande: "Non ci indurre nella tentazione", ché Dio ti guarderà da qualsiasi caduta.

 

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Riflessi

  1. Sei figlio e soldato, epperò tu devi affaticarti nella vigna del lavoro, nel campo del combattimento ovvero nell'orto della dilezione.

  2. Iddio ti porge abbondante l'aiuto suo.

  3. E ti consegna armi attissime a lavorare con frutto in ogni campo.

  4. Rimane sol che tu obbedisca e che sia paziente sino al termine.





p. 156
40     Cfr. 2 Cor 7, 4.



p. 158
41     2 Cor 11, 30.



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