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<1.> [23]Lavoriamo e preghiamo. Viva la fatica! Una fanciulla sedicenne da Domremi, francese, si sveglia attonita d'aver conversato con santa Margherita e con santa Catterina e con l'arcangelo san Michele. Giovanna si affretta al padre Giacomo D'Arc<o> e grida: "Io devo partire, beneditemi finché io parta. La Francia attende il mio soccorso, io devo riporre in capo al re la sua corona. Dio è con me: beneditemi". E stando titubante il genitore, Giovanna s'affretta al sacerdote parroco e poi al vescovo e al generale in capo delle armate francesi, e finalmente ottiene di presentarsi ai piè del re Carlo vii vinto dagli inglesi nella battaglia d'Orléans addì 24 febbraio 1429. Or stando ai piedi del sovrano sciagurato gridò: "Io non mi leverò da qui finché non mi abbiate accordato trentamila soldati per liberare la Francia. Sollecitate, io ve ne [24]prego, perché breve è il tempo che Dio mi concede ad operare". Or eccola l'eroina sui campi di battaglia ad Orleans, a Jargeau28, a Troyes, finché trionfante entra in Reims. Allora sclama verso al re così: "Benedetto il Signore che vi ha inspirato di esaudire le mie istanze. Or voi ritornate il re incoronato di Francia che deve proteggere la Chiesa. Dio sia benedetto- 752 -, io me ne muoio contenta omai". E s'affrettò alla volta di Parigi per compiere il suo sacrificio. Ora per invidia de' suoi nel comando dello esercito, Giovanna cadde in mano agli avversari nel paese e fu venduta come vile schiava agli inglesi, i quali le apposero alle spalle ed alla fronte un cartello scritto così: "Giovanna, eretica, apostata, idolatra" e la dannarono alle fiamme. L'eroina levò gli occhi e le mani al cielo e gridò: "Vengo a voi, Gesù!", e spirò soavemente. A Domremi sopra l'architrave di casa del contadino Giacomo D'Arco fu collocata la statua di Giovanna in atto che prega genuflessa e guarda con volto inspirata al cielo brandendo una spada. [25]Nel piedistallo della statua è scritto: "Viva la fatica!". Il cristiano viene alla casetta di Domremi, guarda a quel modesto monumento e poi sclama: "Viva la fatica!".
2. Lavoriamo e preghiamo. Suvvia, scuotiamoci dal sonno. Lavoriamo e preghiamo. La terra che si calpesta è un campo di combattimento e la Chiesa di G<esù> C<risto> quaggiù è detta militante. Dessa è come un'aia29 che ha bisogno del vento per vagliarvi il grano, è come una vigna nella quale a tutte l'ore son chiamati operai, è come il traffico di dieci talenti o di cinque o di due ovvero di un solo dato a farsi da taluno. Figura della Chiesa è quella navicella di Pietro che è sbattuta dai flutti. Or come è possibile essere nella Chiesa e poi non faticare? Odasi in questo proposito come l'evangelista san Giovanni descrive i patimenti della Chiesa dal principio sino alla fine.
3. Vide Giovanni una porta nel cielo ed entro a quella i segreti del Signore. Scorse il trono di Dio con 24 seniori, dodici patriarchi del tempo antico e [26]dodici apostoli dell'era novella. Iscorse pure Giovanni quattro animali pieni di occhi davanti e di dietro, o quattro profeti maggiori, quattro evangelisti che descrissero la persona e le opere di Gesù Cristo. Un libro è presentato a Giovanni, ma è munito di sette sigilli. Iddio l'aiuta a scoprire ed egli vede che nel primo sigillo due popoli sono a giudicare, l'ebreo ed il romano. Tre
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cavalieri che circondano un ministro coronato, Gesù Cristo, sono i profeti e gli evangelisti che siedono sopra cavalli, quando rossi e quando pallidi, e annunziano le sciagure di fame, di guerra, di pestilenza. Nel quinto sigillo e sotto all'altare di Dio sono le anime dei martiri, sotto al sesto sigillo sono sventure publiche vedute in figura dall'estatico di Patmos e descritte nella realtà dagli storici contemporanei. Parte delle calamità predette sono il Vesuvio in fiamme che erutta cenere e lava oscurando l'aere fino all'Asia ed all'Africa. Ercolano e Pompei30 sono intieramente coperte e seppellite. Per un periodo di qualche settimana [27]in Roma muoiono in ogni dì diecimila persone abbattute dalla pestilenza. Sotto l'impero di Tito un incendio devastatore distrugge la maggior parte della stessa Roma pagana. Terremoti orrendi scuotono la Galazia31, la Grecia e più oltre fin nell'Asia. La regina delle città asiatiche, Antiochia stessa, fu intieramente sotterrata da un terremoto che seguì con folgori, con venti, con fuochi da sotterra. Nell'anno 396, racconta sant'Agostino che sul far della notte si mostrò una nuvola tutto fuoco, che allargandosi e mandando giù odor di zolfo incuteva tal terrore che dappertutto, e nelle chiese e nelle case e nelle stesse piazze di Costantinopoli, i catecumini si accostavano per essere battezzati. Quell'apparato di terrore si dileguò poco a poco, ma si sparse notizia che nel sabato la città avrebbe ruinato. I cittadini fuggivano, e stavano rimirando con lagrime e scorsero che un fumo fitto copriva Costantinopoli. Piangevanla consumata omai, ma appressandosi grado a grado la trovarono illesa. [28]Quando nel 398 si udì un muggito da sotterra, si vide il suolo spaccarsi e uscirne fiamme e il Bosforo traboccando innondare la città. Molte case ardevano in mezzo alle acque e mentre che i costantinopolitani fuggivansene ai monti, forastieri ladroni entravano per depredare. San Giovanni Grisostomo, per elevare al cielo le menti de' suoi, ordinò la traslazione del corpo di san Tommaso apostolo. Si mosse a mezzanotte dalla città e
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giunse sul far del dì a Dripia32. Due schiere di popolo coprivano la via da un lato e dall'altro del passaggio per tre leghe. Eudossia, imperatrice, seguiva ornata di diadema imperiale e Arcadio, il sovrano, accompagnava colle truppe. Il santo vescovo Grisostomo inveiva sovrat<t>utto contro ai vizii del popolo e perché persino nella Settimana santa corressero a dissiparsi in ispassi dei balli ed in eccessi di meretricio. Più tardi accadde che nella Francia apparisse un numero sterminato di lebbrosi i quali, per il loro puzzo contagioso essendo lasciati in abbandono, [29]eglino attentarono per avvelenare tutte le fonti d'acqua in quella nazione.
San Giovanni, nel colmo di tante sciagure, vide quattro angeli che infrenavano i venti ai quattro angoli della terra e comandavano non nuocessero punto agli eletti del Signore segnati colla lettera tau, T. Nel sesto sigillo poi scorse le anime dei santi che sono diecimila33, o sia in numero copiosissimo da ogni lingua, da ogni popolo, da ogni tribù. Nel settimo sigillo osservò Giovanni angeli sette con altrettante trombe, per annunziare guaio ed esterminio. Grandini, siccità, incendi furono i principii della desolazione di Gerusalemme sotto a Traiano. Accrescevano il terrore nei cristiani e la indegnazione da parte di Dio certi eretici simoniaci, rotti a tutti gli eccessi di vizio eppure vantatori di dottrine nuove. Taziano li deride così: "Scoprono trascuratamente una spalla, si lasciano crescere una grande capigliatura. Recano barba come caproni e portano l'ugne come artigli di fiere". [30]Eusebio riferisce che per tanta rabbia contro ai cristiani si pascevano della carne e del sangue dei fedeli battezzati, che si cingevano delle intestine loro e si coprivano con la loro pelle. Policarpo, il santo vescovo di Smirne, in iscorgere sì crude abbominazioni sclamava: "Ah, buon Dio, a quai tempi ci avete voi riserbato!". Giovanni nella figura di un monte
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ardente vide la potenza romana rovesciarsi sopra la nazione degli ebrei e ucciderne 600 mila di spada. Scorge altresì la peste invadere e la guerra, e Gerusalemme perire sotto le armi di Tito. Riferiscono Tacito e Giuseppe Flavio che già ai tempi apostolici il re Erode Agrippa come un vampiro succhiava il sangue de' suoi sudditi, che Felice e Festo prefetti favorivano i briganti e dividevano con essi le prede, mentre Albino e Gessio Floro34 gareggiavano coi ladroni a spogliare i popoli. Stando quest'orrendo orgasmo, i banditi ed i sicari volevano libertà sfrenata, mentre i sacerdoti e la massa del popolo occupavano il partito dei moderati.[31] Quando una meteora in forma di spada fiammeggiante apparve sopra Gerusalemme, scendevano sopra il tempio e intorno all'altare fasci di misteriosa luce. In alto vedevansi cocchi e squadroni armati. Un vento impetuoso scuoteva le porte del tempio onde i sacerdoti gemendo gridavano: "O tempio! O tempio! Perché ti struggi da te stesso?". La plebe ingannata dai falsi profeti moveva festa con dire: "Quest'è felice annunzio delle prosperità di Gerusalemme e del trionfo del tempio". Ma i savi nascondevano il viso e gemevano dicendo: "Guai a noi ed al popolo nostro!". Un uomo di nome Gesù incessantemente gridava: "Guai! Guai!". Una madre detta Maria in tempo di carestia stralunò due occhi disperati sul figlio e se lo divorò. Invase la peste e questa mieteva a migliaia le vite. Nello spazio di due mesi dugentomila cadaveri furono portati fuori da una sola porta. Infine Tito bruciò la città e arse il tempio e fece strascinare i carri di campagna sopra Gerusalemme. Gli ultimi cittadini rimasti pregavano [32]a mani giunte di essere fatti schiavi. Tito ne condusse dunque centomila di loro a Roma, perché lavorassero come giumenti ad edificare i monumenti di trionfo della superba capitale pagana. San Giovanni evangelista nella visione di un oscuramento del sole, della luna e delle stelle vide l'acciecamento degli ebrei che per propria malizia non vollero intendere il valore delle profezie. Vide altresì una stella cadere dal cielo,
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il profeta Barcocheba35 che si rese predicatore di falsità. Questo impostore persuase gli ebrei che giunta omai era l'epoca del risorgimento della patria e del tempio. Si involse dunque in una guerra nella quale gli ebrei perirono in massima parte. Gerusalemme fu eguagliata al suolo. Vi si riedificò la città che poi si disse Elia Capitolina36. I pochi giudei superstiti solamente una volta nell'anno potevano entrare per piangere sopra la città distrutta, e per ogni lagrima dovevano sborsare una moneta. Altra stella vide Giovanni cadere. A questi fu data la chiave per aprire il pozzo37 dello abisso. La stella enunciata [33]è l'eresiarca Teodoto di Bisanzio, precursore di Ario e delle eresie successive che a guisa di un nembo di locuste scesero a guastare il campo della Chiesa del Signore.
Ma finalmente la sua volta viene anche per la bestia di Roma, l'impero pagano che tutto stritola e colle zanne e coi denti di ferro. Un angelo a suon di tromba annunzia che Roma cadrà e Valeriano, l'imperator suo, che servirà di sgabello a Sapore, re di Persia, quando questi vorrà montare a cavallo. Nello stesso tempo svevi, alani, germani, eruli, vandali, franchi38, sarmati, goti assalirono da tutte parti l'impero, all'ora stessa che trenta tiranni nello interno di esso sollevano le ire e le discordie. La peste e la fame seguiranno a struggere. Continua san Giovanni: "E l'altro angelo vidi forte, scendente dal cielo coperto da nuvola, ed aveva sul suo capo l'iride ed i suoi piedi come colonna di fuoco ed aveva in mano un libriccino aperto, e pose il piede destro sul mare [34]e il sinistro sulla terra e gridò ad alta voce, qual rugge un leone..." 39. E continua <a> predire lo stritolamento dell'impero romano sotto al Diocleziano ed il trionfo della Chiesa sotto a Costantino, così come verrà in modo consimile alla fine del mondo. Vide Giovanni una bestia uscire dallo abisso, la persona - 757 -dei persecutori romani e di Diocleziano in ispecie che scriveva su tavola di bronzo e su monumenti di pietra, in Ispagna ed altrove: "Agli imperatori Diocleziano e Massimiano per avere allargato il romano impero e spento il nome dei cristiani che distruggono lo Stato, tolta la superstizione su tutta la terra e accresciuto il culto di dio". Prosegue san Giovanni: "E un prodigio fu veduto in cielo, una donna vestita del sole e la luna sotto ai piedi di lei e sulla testa una corona di dodici stelle"40. Apparizione sì cara è la Chiesa che accompagnerà un popolo di martiri al paradiso. Vide altresì san Giovanni una bestia con dieci corna: i dieci primi persecutori [35]della Chiesa. E vide una testa piagata a morte: Giuliano l'Apostata. Dopo tanti mali succede il trionfo che è descritto così: "Ed ecco che io vidi l'Agnello che stava sul monte di Sion e con esso 144 mila persone, le quali avevano scritto sulle loro fronti il nome di lui e il nome del Padre di lui..." 41. Seguono poi in trionfo le anime dei vergini... Babilonia, la Roma pagana, è caduta. Due falci taglienti, Alarico ed Attila, mietono e vendemmiano la terra. Diceva Alarico: "Io sento qualche cosa in me che mi trae a distruggere Roma... Più l'erba è folta e più la falce ne prende". Attila poi intestava i suoi editti così: "Attila, figlio di Bendemo42, pronipote del grande Nembrod, per la grazia di Dio re degli unni, dei medi, dei goti, dei daci, terrore del mondo e flagello di Dio". Il terrorista soleva dire che le stelle cadevano innanzi a lui, che la terra tremava, che egli era un martello pel mondo intero e che l'erba più non poteva crescere dov'era passato il suo cavallo. Prosegue san Giovanni: "E vidi... sette angeli che portavano le sette ultime piaghe43.[36]..". Queste sono il castigo ultimo di Roma, che furono sotto Gallo una pestilenza micidiale, di cui parlano i santi Dionigi e Cipriano e nella quale tanto si distinse la carità dei cristiani. Vennero poscia guerre e gran spargimento di sangue, siccità, carestie e
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rivoluzioni rovinose. Gli imperatori son fatti ludibrio alle genti e Roma è squarciata. Un angelo grida: "È caduta, è caduta la gran Babilonia, ed è diventata abitazione dei demoni e carcere di tutti gli spiriti impuri e prigione di tutti i volatili immondi ed odiosi…"44. Saccheggiata Roma da Alarico nel 410 e da Genserico nel 455 e da Totila nel 544, i gentili di Roma si pascevano di topi, di ortiche e perfino delle feccie. Roma soffrì più che Babilonia stessa. Totila, entrando, a stento trovò ancor vive 500 persone. A questo punto san Giovanni predice di Maometto che in tre tempi avrebbe dominato e poi che scomparendo verso la fine di questo secolo nostro, finalmente per mille anni verrebbe la pace e la prosperità alla Chiesa di Gesù Cristo. [37]E compiuto un millennio sarà sciolto Satana dalla sua prigione, ed unirà e ridurrà le nazioni che sono nei quattro angoli della terra... Predice poi la finale risurrezione, finché il tabernacolo di Dio sarà con gli uomini, apparirà Gerusalemme celeste, tutte le cose saranno rinnovate in Cristo. Sarà allora cielo nuovo e terra nuova. San Giovanni nella sua Apocalisse descrive le lotte ed i trionfi della Chiesa sino alla fine.
4. Le lotte sono nella Chiesa militante. I trionfi sono quaggiù e più particolarmente nel paradiso. In ogni secolo della Chiesa sono i buoni ed i cattivi, molte virtù e molte iniquità. Santa Brigida scriveva a' suoi dì: "Ora i regni non sono regni, ma fanciullaggini, scempiaggini, ladronerie. Guai allo Stato di cui il re è un fanciullo". E della città di Famagosta in ispecie diceva: "Essa è Gomorra ardente dal fuoco della lussuria, della superfluità, delle ambizioni". La santa mandava avvisi minacciosi alla principessa Eleonora e scrisse guai al popolo di Cipro. A nome [38]di Dio scrisse pure ad un traditore delle anime così: "Ascolta le parole che io ti rivolgo. Perché mi odii tu tanto? Perché la tua audacia è così grande e la tua presunzione così insopportabile contro di me? Perché la tua corte mondana rovina la mia corte celeste? Tu mi spogli orgogliosamente delle mie pecorelle... Ogni demonio dello inferno - 759 -riceverà un brano dell'anima tua, quantunque ella sia immortale ed incorruttibile, e per benedizione tu sarai pieno di eterna maledizione. Infino a che io ti troverò disobbediente, tu non prospererai". Con questi tratti la vergine Brigida descriveva l'esercito di Satana, al confronto del quale è l'esercito dei forti e dei potenti nelle battaglie del Signore. Il Signore delle virtù è con questi. Valga per gli altri esempi questo di Luigi ix, il santo re di Francia. Soleva dire questo re cristianissimo: "Io adoro ed amo Iddio perché è l'essere ottimo e supremo. Piuttosto che offenderlo comecchessia bramo la morte". Si accinse per liberare Terra Santa dalle profanazioni turche. [39]Or pervenuto a Nazaret trovò un monte di cadaveri dei cristiani massacrati dal barbaro Gayouk45. Il re Luigi pianse su quegli estinti e disse: "Seppelliamo questi che sono i martiri di Gesù Cristo". E posciaché ebbe terminato continuò: "Né questa né qualunque altra perdita saprebbe separarci dalla fedeltà che debbo al mio Dio". Si abbracciò in pianto al messaggero che gli riferiva mesto la morte della propria genitrice e disse: "Vi ringrazio, o Signore, che mi abbiate data madre sì buona". Luigi ix dall'oriente levò la corona sacratissima di spine del Signor nostro Gesù Cristo, e recatala in Europa gridò ai popoli: "Ecco la salvezza nostra". Si tenne poi abbracciato a quella finché l'angelo della buona morte apparendogli l'invitò dicendo: "Buon servo del Signore, Luigi, sali al cielo". Con la fatica Luigi ix di Francia santificò se stesso. Voltaire, il patriarca dei framassoni, non può non ammirare la virtù del santo re di Francia e sclama: "Luigi ha reso trionfante ed incivilita tutta la Francia e fu in tutto il modello [40]degli uomini". La sua virtù e la sua pietà, che era quella degli anacoreti, non gli tolse<ro> le virtù regali. E poi i cristiani del secolo nostro smarriscono allo incontro della figura di fatica? È scritto che nel sudor della fronte bisogna nutrirsi e che chi non lavora nemmen mangi46.
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Ma se questo discorso sacro è dettato per tener in piedi un corpo che è sacco di vermi, si può poi credere che non vogliasi almeno altrettanto per il sostentamento dell'animo che è a somiglianza dell'Altissimo? Abbiamo osservato con san Giovanni le lotte ed i trionfi della Chiesa. Gli apostoli del Signore hanno trionfato ma a costo di fatiche ancor durissime. Odasi per tutti san Paolo: "Sovente fui in carcere e più sovente in pericolo della vita. Fui flagellato tre volte da' giudei e tre volte battuto colle verghe dai gentili e una volta fui lapidato, tre volte feci naufragio, molti pericoli incontrai nei fiumi, nei mari, nei deserti, nelle città per parte dei ladroni, dei giudei, dei gentili, dei falsi fratelli, ma di tutto questo me ne glorio per [41]l'amore al Signor mio Gesù Cristo"47. L'apostolo san Pietro, dopo aver tollerato pene eguali, ammonisce i fedeli contro agli eretici gnostici che già minacciavano <di> invadere, e volgendo il guardo profetico verso agli ultimi tempi avverte che i cristiani di quell'epoca molto avrebbero patito contro agli scherni degli empi. Orrendo accordo! I gnostici a' tempi di san Pietro professavano dottrine empie e costumi corrotti come attualmente i massonici. Verissimo è ciò: nella Chiesa la lotta è continua. Or come è possibile stare nella Chiesa e sfuggire la fatica? Bisogna lavorare per mangiare, bisogna faticare e pregare per salvarsi. Fortunata quella famiglia cristiana che come la famiglia Di Arco in Domremi ha un'immagine di creatura che prega e che incessantemente esclama: "Viva la fatica! Viva la fatica!".
2. La Chiesa di G<esù> C<risto> è un campo di battaglia.
3. Visioni di san Giovanni evangelista.