Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Un fiore di riviera...
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UN FIORE DI RIVIERA SPARSO SUI CAMPI DELLE ATTUALI CALAMITÀ

IL TERREMOTO AD ISCHIA ADDÌ 28 LUGLIO 1883

II. La Chiesa piange sul disastro d'Ischia

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II.

La Chiesa piange sul disastro d'Ischia

  1. Gaetano Baluffi, arcivescovo d'Imola, diede in luce un libro testé con il seguente titolo: La Chiesa romana riconosciuta nella sua carità verso al prossimo per la vera Chiesa di Gesù Cristo. Il chiaro autore, dopo avere citato in copia fatti attuali

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di eroica carità, in conferma del suo assunto sclama poi con affetto vivo: "La Chiesa mi par più grande e maestosa frammezzo alle sventure dell'umanità".

  2. Chi brama intendersi del cuore della Chiesa madre, oda le parole e tenga dietro ai passi de' suoi figli. Il Sanfelice, cardinale arcivescovo di Napoli, accorse pei primi sul luogo d'Ischia travolta dal tremuoto e provvide ai più [29]urgenti ripari. Di poi affrettandosi chiamò tutti i suoi in soccorso sclamando: "Qual vista, o fratelli! Quelle terre così fiorenti e ricche di tante bellezze e di tante memorie, ora non sono che un mucchio di rottami, di macerie, di frantumi! Sotto è un popolo sepolto vivo!... Noi abbiamo girato per molte ore e prestammo l'aiuto nostro... Ma che cosa è quello che si è potuto fare a fronte di quello che è da fare? Potremo noi, vostro pastore, rispondere e provvedere ai tanti e svariati bisogni? Quello che abbiamo, voi pur lo sapete, è vostro: non ci resta che la vita e il sangue nelle vene, che noi pure spendiamo e spenderemo fino alla morte per voi. Ma, oh mio Dio, qual giovamento, noi esclamiamo col profeta, quale utilità nel nostro sangue, che potremo noi fare senza di voi, figli miei carissimi? Quae utilitas in sanguine meo5? Da voi non domando che carità per tanti figli della Chiesa che sono pure carne della carne vostra. Ciascuno porti l'obolo fraterno e lo versi a beneficio di quegli sciagurati". Si trovò che cinque mila furono i morti nel terremoto d'Ischia, che tremila furono [30]i feriti, e questi ultimi di subito furono trasportati alla vicina Napoli. Fu uno strappo al cuor di tutti ed una scena di duolo altissimo.

  Odasi in questo luogo la parola impareggiabile di Alimonda, cardinale arcivescovo di Torino. Da Casamicciola scriveva: "Sono in mezzo al terrore ed ai singulti che cagiona l'immensa catastrofe di Casamicciola... Mi si stringe il cuore a tanto affanno... Preghiamo". E da Napoli scriveva ad un amico: "Prima di abbandonar Napoli volli visitare i feriti di Casamicciola. Appunto sabato passato, 4 di agosto, mi condussi all'Ospedal degl'Incurabili, dove si raccolsero le povere

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donne. Qual vista dolorosa! Le une ammaccate in faccia, le altre con gambe e braccia amputate, graffiate le moltissime e lacere le carni per sottrarsi dalle macerie. Vedendomi domandavano a gara la mia benedizione. Dolorose tutte, esterrefatte ma non brontolanti contro la Provvidenza. Le buone monache mi accertarono <di> averle trovate ben disposte nell'animo per far accettare i conforti della religione. Mi fu portata innanzi una bambina di due [31]mesi, bella e ridente: non si sa de' parenti suoi. Piangendo la benedissi. Di mi condussi all'Ospedal dei Pellegrini, sono gli uomini. Gremiti di feriti i corridoi, gremita anche la chiesa, e i feriti alzar la mano e chiamarmi ciascuno al proprio letto, volermi raccontar le grandi disgrazie e chieder la mia benedizione.

  -- Avete dunque sofferto tanto, poveretto?

  -- Immensamente.

  -- Quanti parenti avete perduto?

  -- Sette.

  E ad un altro:

  -- Quanti ne perdeste voi?

  -- Quattro, e i più cari.

  Trovai uno che mi rispose: Ne ho perduto otto! Padre, madre, fratelli, nipoti, figli; di mia famiglia non rimane altro che una sorella. Era cosa da piangere. Andai al letto di un moribondo, dissi parole di conforto, nell'abbandonarlo mi salutò con un: Vi ringrazio. Tornai indietro, aggiunsi altre parole di consolazione ed egli nuovamente: Vi ringrazio. Tranquillo e sereno poco stante spirò".

  Gli altri vescovi d'Italia sclamavano pure con pietosi accenti: "Abbiate tutti gli occhi in lagrime e stendete pietose le vostre destre". I sacerdoti di molte regioni si univano [32]per offerire in vincolo di carità il santo Sacrificio in suffragio ai defunti. Sua maestà re Umberto venne sul luogo del disastro e si dolse di cuore, e chiamò suoi soldati all'opera di salvataggio. Il pontefice con immensa effusion di cuore sollecitò pel primo suoi soccorsi ed incoraggiò tutto il mondo cattolico a porgere in questo disastro l'obolo della fraterna carità. O Chiesa di Gesù Cristo, come sei bella nel giorno della sciagura presso ai figli in lutto!

 

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  3. Gli stessi avversari ne sono ammirati. Il Corriere della Sera scriveva in data del 3 agosto: "Monsignor Sanfelice, arcivescovo di Napoli, rammentandosi che la mission del sacerdote è quella di consolare, ha mandato ad Ischia tutti gli studenti del seminario; ha ordinato che i feriti sieno accolti nelle chiese, mancando posto negli ospedali; che si adoperino le tovaglie d'altare ed i camici per fasciarli, i calici per dar loro a bere". Vero è quello dell'arcivescovo d'Imola: la Chiesa di Gesù Cristo si riconosce per la Chiesa vera alla nota di carità eroica [33]che è in lei. La Chiesa è grande all'atto di compatire i figli suoi, è grande altresì all'atto stesso che ne li ammonisce.

RIASSUNTO

  1. La Chiesa romana riconosciuta nella sua carità verso al prossimo per la vera Chiesa di Gesù Cristo.

  2. Sanfelice ed Alimonda ad Ischia ed a Napoli.

  3. Confessione del Corriere della Sera.





p. 833
5       Sal 30(29), 10.



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