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[23]Alle sponde del fiume un Geremia novello confonde il grido della sua voce col rumoreggiar3 delle acque e deplora profondamente così: "Non è poi del tutto vero quel di bene che dicono di noi, gente del monte e delle valli, che siamo di intrepida fede. Piacesse al cielo che il fossimo tutti! Ma hanno fra di noi errori di mente e vizii di cuore. Oh, s'avessero maggior pazienza ad aspettare, certi padrifamiglia che abbandonano tutto e sen vanno ancor oltremare in cerca di una fortuna che troppo spesso manca, o che ritrovata in parte è quasi sempre con danno della fede e del costume! E quella gioventù reduce dal servizio militare, che fa ella che attenta <di> arrecarci certi costumi che punto non sono del nostro paese? Le bestemmie e le imprecazioni, il tratto spregiudicato e licenzioso, è forse questo che onora la patria e la religione? E la gente dell'arte o del servigio che fa sua stagione alla città, che intende ella [24]quando si prova a portare fra noi certi costumi gentili, che non essendo del luogo, delle abitudini e dello stato nostro snervano la forza natia e ci affondano le finanze già troppo rovinate? Forseché un ozioseggiare ne' dì festivi ed il folleggiare nelle veglie delle lunghe serate invernali aggrandisce e nobilita i costumi di un popolo nato alla semplicità della vita? Eppoi la piaga di certe osterie, e poi la cancrena di certi balli, e poi il marcio ascoso di convegni privati degli uni colle altre nel segreto di una solitudine, oh come in dirlo mi trema in petto il cuore! Padri <di> famiglia che hanno occhi e non vedono, e madri <di> famiglia che hanno testa di carne e sembrano averla di legno, oh che sciagura per i figli e per la cristiana società! Non hanno l'attitudine per ben dirigere, qual spirito li condusse a costituire un ricetto di famiglia che dev'essere santuario di virtù? E tu, cara semplicità che tutta
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abbelli l'animo del montanaro, ove ne sei ita tu medesima? Perché le infinzioni del mondo e le politiche machiavelliche4 fanno capolino ancor fra noi? [25]Dicono molti ancor fra noi che meglio è ricevere che dare... che industriarsi bisogna... che con gli scrupoli né si regge né si arrichisce... E ciò che dinota malizia peggiore è l'induramento. Al dabben cristiano ed onesto che alza la voce contro agli abusi gridasi: Dalli allo inimico! Dalli all'oscurantista! E intanto le cose del paese e della religione ne hanno danno, e qualche volta ne minacciano soqquadro. Buon Dio, pietà di me e di tutti! Oh come addiveniamo cattivi tuttodì!".
E qui Eusebio, il vecchio Geremia, piangente mescola le proprie lagrime alle acque del torrente, quasi per dire: "Io non ho più né lagrime né voce a dare. Recate voi, flutti spumeggianti, lo sbattimento del cuor mio. Riferitelo pure sino al confine del mare che anche al monte e nelle valli hanno dei mali a togliersi, e chiamate cuori pietosi che deplorino meco i mali del nostro povero popolo".