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XXI.
Una protesta
Quando un avversario attenta per nuocermi, io, non potendo di meglio, protesto. Avversario mio e d'ogni cuor cristiano è il discorso blasfemo ed il turpiloquio. Crudissimi invadono ovunque e menano desolazione e rovina. Scrive un diario fiorentino di questi dì: "La bestemmia è dovunque, nelle case e nelle vie, nelle piazze al pari che nei teatri. La bestemmia ed il turpiloquio sono anzi il pane quotidiano dei nostri, che lo alternano col sigaretto e col bicchierino, tre cose che rovinano l'intelletto, corrompono il cuore e guastano la salute del corpo. Un forastiere sedeva in un caffè, a sentir giovani bestemmiare e far pompa [55]di motti osceni esclamò: La gioventù d'Italia i suoi nemici la vogliono così...".
Or io son cattolico e vivo di fede, e so che la iniquità tira sui capi nostri sciagure temporali e castighi eterni. Io protesto contro tutte le iniquità, ma sovrat<t>utto contro le due accennate che son tanto più comuni e più rovinose. Nella Legge antica Iddio lasciò scritto: "Chi avrà bestemmiato il nome di Dio, sia colpito da morte"11. E nel Nuovo
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Testamento disse che gl'immondi non entreranno nel regno de' cieli12. Io come cattolico, come individuo, grido: guai agli scandalosi! Protesto contro alla inciviltà di quelli che, con discorso blasfemo e disonorante, nemmeno rispettano le leggi della coscienza e del pudore. Come cittadino poi mi appello alla legge del Regno. L'articolo 185 del Codice penale ha: "Chiunque con animo deliberato proferisce pubbliche contumelie ad oltraggio della religione sarà punito con multa estensibile a lire cinquecento e cogli arresti. Incorrerà nella stessa pena chiunque pubblicamente commetta altri fatti che sieno di natura da offendere la religione[56], od eccitarne il disprezzo, e producano scandalo".